AGI - Lewis Hamilton e altri quattro piloti non volevano correre il Gran Premio di Arabia Saudita dopo l'attacco missilistico dei ribelli yemeniti Houthi contro un sito produttivo della Aramco, a soli 20 chilometri dal circuito di Gedda. Da quanto è trapelato, il sette volte campione del mondo, Fernando Alonso, George Russell, Pierre Gasly e Lance Stroll avrebbero chiesto garanzie sulla sicurezza nel timore che la gara potesse finire nel mirino del gruppo sciita che aveva rivendicato l'attentato.
Solo nella mattinata di sabato è arrivata la definitiva conferma del patron della Formula 1, Stefano Domenicali, che "si correrò regolarmente". I 20 piloti del 'circus' si sono allineati con un comunicato della loro associazione: "Guardando il fumo in lontananza era difficile rimanere concentrati e cancellare quelle che sono delle preoccupazioni umane", hanno spiegato, "di conseguenza abbiamo affrontato delle lunghe discussioni" e "alla fine abbiamo deciso" di gareggiare nella speranza che il Gran Premio dell'Arabia Saudita "sarà ricordato come una bella gara piuttosto che per questo incidente".
Nella notte c'erano state infatti una serie di convulse riunioni protrattesi per quattro ore e mezza: dapprima Domenicali e il presidente della Fia, Ben Sulayem, con i rappresentanti dei 10 team e dei piloti hanno visto gli organizzatori e le autorità locali ricevendo rassicurazioni sul rafforzamento di tutte le misure preventive.
Poi l'associazione piloti (Gpda) ha discusso per tre ore e mezzo il da farsi, con cinque piloti schierati per non correre. Infine il confronto con Domenicali e Ross Brawn, manager F1, da cui è arrivato a notte fonda il definitivo via libera. Una rinuncia sarebbe stata ancora più pesante per il fatto che Aramco è partner globale dal 2020 di F1, con marchi a bordo pista, ed è sponsor principale sia del Gran Premio degli Stati Uniti che, da quest'anno, dell'Aston Martin.
"È stata una lunga notte, ma dobbiamo concentrarci sui fatti, abbiamo visto tutti quello che è successo, non è la prima volta che episodi del genere si verificano qui, purtroppo", ha osservato Mattia Binotto, team principal della Ferrari, sottolineando che la Formula 1 "deve trasmettere un messaggio positivo". "È un obiettivo e un nostro dovere essere qui", ha aggiunto, "i piloti hanno capito che sarebbe stato sbagliato lasciare il Paese". "Nessuno in Ferrari ha espresso il desiderio di andare via".