AGI - Respinta per decenni dal calcio brasiliano a causa di un antico pregiudizio omofobo, la maglia "24" della Selecao è stata schierata venerdì per la prima volta a una Coppa del Mondo, senza un particolare intento politico e nel rispetto dei regolamenti Fifa. Il numero tabù del Brasile è uscito dall'armadio di un paese in cui l'omosessualità è ancora malvista: è stata indossata dal difensore Gleison Bremer, 25 anni, durante la partita persa ieri per 1-0 contro il Camerun.
Il difensore della Juventus, che in Italia sulla maglia porta il "3", ha 'indossato' un numero che in Brasile è stato evitato da molti nazionali a causa della lunga associazione di quel numero con l'omosessualità, che nel paese sudamericano fino al 2019 era considerata un reato. "Per me è una maglia come un'altra, l'importante è partecipare alla Coppa del Mondo, il numero non conta", aveva dichiarato il difensore ai giornalisti a Doha una settimana e mezzo fa, mettendo una pietra tombale su un orribile retaggio del passato.
In Brasile l'associazione dispregiativa del numero 24 con i gay è di vecchia data. Lo stigma deriva dal "Jogo do bicho", un gioco d'azzardo illegale nato nel 1892 in cui il cervo, animale che (come tanti altre specie) assume comportamenti omosessuali, rappresentava il numero. Inoltre, la parola che indica l'animale in portoghese (veado) ha un suono simile (viado) all'equivalente spagnolo del peggiorativo "maricòn".
La discriminazione anche violenta nei confronti dei gay in Brasile ha coinvolto spesso anche il mondo del calcio. Quasi quotidianamente si registrano aggressioni contro omosessuali e transessuali dentro e fuori gli stadi. In Brasile ancora oggi si scherza, soprattutto tra gli uomini, quando qualcuno nasce il 24 del mese, quando occupa il 24esimo posto al cinema o sull'autobus, o per il fatto di vivere nel 24esimo appartamento. Altri evitano addirittura di dire che hanno 24 anni: preferiscono la formula 23+1.
Oggi per molte persone LGBTQ+ è diventato invece un simbolo di resistenza e di rivendicazione di diritti: è ora più comune vederlo impresso sulle magliette delle organizzazioni sociali, e nei tornei di quartiere delle squadre dove giocano dei gay: il 24 può essere ambito come il "10" di Pelè.
Il 24 non è mai comparso su una maglia del Brasile nelle 21 edizioni precedenti della Copa del Mondo di calcio. E forse non è un caso che il suo debutto sia avvenuto in un Mondiale segnato da aspre polemiche legate ai diritti LGBTQ+, tra cui quella che riguarda il divieto per i capitani europei di indossare la fascia arcobaleno. O forse c'entra con una modifica della Fifa al numero di giocatori tesserabili: un massimo di 26, i cui numeri di maglia sono assegnati da 1 a 26, contro i 23 che erano consentiti dal 2002 ed erano assegnati in sequenza.
Il Ct brasiliano Tite ha sfruttato l'organico al completo e la maglia è andata a Bremer, il giocatore con meno esperienza internazionale della delegazione (44 minuti giocati prima della Coppa del Mondo). "Ci sarebbe piaciuto che fosse stata una iniziativa attivista, come quelle fatte da altre squadre, ma è fantastico che sia avvenuta proprio in questo stadio", ha dichiarato all'AFP Railson Oliveira, fondatore di FieL LGBT, il collettivo di tifosi arcobaleno del Corinthians di San Paolo. "Sentiamo un'aria di maturita' - ha aggiunto - nel senso che ora è più ovvio che un certo numero non ha nulla a che fare con l'orientamento sessuale di una persona".