AGI - Non è ancora Ferragosto è il Manchester United è già ufficialmente in crisi. I diavoli rossi, una delle squadre più titolate e amate del calcio inglese, hanno perso le prime due partite di campionato, l'ultima volta era accaduto nel 1921, registrando la peggior partenza da quando è nata la Premier League.
Per la squadra di Erik ten Hag, arrivato dall'Ajax con una valigia piena di speranze e ambizioni, non c'è neanche l'alibi di aver affrontato squadre talentuose o di alta classifica. I due schiaffi contro il Brighton e, soprattutto le quattro sberle prese in 35 minuti dal Brentford, sono risultati 'unacceptable', inaccettabili, anche per il tifoso più ottimista.
Nei primi 180 minuti di campionato lo United ha perso tutte le certezze, partendo da quei giocatori che avrebbero dovuto rappresentare l'asse portante del suo gioco, dalla porta all'attacco. I guantoni di De Gea sono tornati a essere scivolosi e la papera contro il Brentford ha fatto riemergere quegli spettri che lo avevano accompagnato durante la prima parentesi all'Old Trafford.
Maguire, roccioso difensore vecchio stampo, sembra aver lasciato grinta e cattiveria sulla costiera amalfitana dove quest'anno ha deciso di passare le vacanze. Eriksen, tornato in un grande club dopo i problemi cardiaci degli ultimi Europei, è apparso impreciso e molto nervoso. Un fantasma rispetto a quello che, proprio a Brentford, aveva ritrovato sorriso e voglia di vincere. E poi c'è Cristiano Ronaldo. Tra la volontà di andarsene e i gesti di stizza in campo, CR7 è passato dall'essere l'idolo dei tifosi al calciatore più odiato, etichettato da molti come la principale causa dei problemi all'interno dello spogliatoio.
Ten Hag, dopo la disfatta londinese, ha scelto una strada che non ha di certo fatto accrescere la stima nei suoi confronti da parte del popolo dello United: dare gran parte della colpa ai giocatori e assumersi, solo in parte, alcune responsabilità.
Il tecnico olandese ha parlato di "errori individuali", di "giocatori con meno fame" rispetto agli avversari, e di "un piano tattico" messo "nel cestino" da chi è sceso in campo. Fosse stato possibile, ha ammesso alla fine del match, "avrei fatto 8 cambi all'intervallo". Poi ha aggiustato il tiro: "Non fraintendemi, la responsabilità principale me la prendo io. E lavorerò su questo". Ma ne avrà il tempo? Sulla sua testa, inevitabile, pende già la scure dell'esonero perchè prestazioni cosi' all'Old Trafford non sono abituati a digerirle, soprattutto in un periodo, ormai troppo lungo, di sottomissione nei confronti dell'altra metà di Manchester, quel City che domina e sovrasta i cugini, tingendo di celeste il cielo sopra la città industriale del Nord-Ovest.
E c'è già chi mormora, nei pub e nei circoli, che anche stavolta si debba cercare altrove l'erede, atteso ormai come un vero salvatore della patria, di sir Alex Ferguson, lo storico e vincente allenatore dei 'red devils'. A David Moyes, Ryan Giggs, Louis van Gaal, Josè Mourinho e Ole Gunnar Solskjaer e Ralf Rangnick, "il più deriso tra i successori" come scrive il Guardian, potrebbe aggiungersi presto anche il nome di ten Hag.
Non tutto pero' è perduto. Agosto è appena iniziato e le sentenze non sono ancora definitive. Il tecnico 52enne ha davanti a sè l'occasione del riscatto: tra 8 giorni, in casa, per la terza giornata di Premier League, il Manchester United attende il fortissimo Liverpool di Jurgen Klopp. L'occasione giusta per rialzarsi o, al contrario, continuare a scrivere un'altra pagina nerissima nella storia recente del club.