AGI - "Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!". Tre parole urlate dal televisore (in bianco e nero) da Nando Martellini ancora riecheggiano nella memoria di chi ha vissuto il miracolo (sportivo) italiano di Spagna '82.
Era l'11 luglio di 40 anni fa e allo Stadio Santiago Bernabeu, davanti a 90mila spettatori, gli azzurri di Enzo Bearzot coronarono la loro magnifica cavalcata mondiale, superando di slancio con un perentorio 3-1 la Germania Ovest.
Una vittoria che si può fissare in suoni e immagini: non solo il grido di Martellini udito da tutti gli italiani, ma anche quello di Marco Tardelli, urlato con forza in mondovisione dopo il secondo gol e una corsa che resterà per sempre nella memoria.
C'è poi il presidente più amato, Sandro Pertini, che fa 'no' con la mano e dice al re spagnolo "Non ci prendono più..." dopo il terzo gol di Altobelli.
La nazionale italiana era arrivata in terra iberica con le ferite della prima Calciopoli, scandalo che aveva appiedato per due anni grandi campioni tra cui Paolo Rossi, l'attaccante che contro il parere di tutti (esperti, tecnici e semplici amanti della logica) aveva preferito a Roberto Pruzzo, il 'bomber' della Roma e capocannoniere del campionato.
La storia, che a tratti ormai sconfina in 'mitologia', racconta di un inizio stentato, di un gruppo in cui la Cenerentola azzurra batte l'Argentina di Maradona e il grande Brasile di Zico e Falcao.
Racconta del calciatore più criticato dai media italiani che ne diventa (per forza) beniamino, quel Paolo Rossi che segna tre gol con il Brasile, ci porta in semifinale e poi segna ancora due gol con la Polonia e ci porta in finale.
"La goccia fu quando alcuni giornali scrissero che tra noi c'erano due omosessuali. Potete immaginare le famiglie, le fidanzate. Era un altro mondo da quel punto di vista". Racconta Claudio Gentile all'AGI. "Ci attaccavano con ferocia e senza tregua da prima del mundial. I giornali di Roma, perché Enzo Bearzot convocò Paolo Rossi che, a causa del calcio scommesse, aveva giocato solo tre partite, e non il capocannoniere giallorosso Roberto Pruzzo; quelli di Milano, perché non aveva portato in Spagna l'interista Evaristo Beccalossi. La gente leggeva i giornali e pensava che saremmo usciti subito".
Fu poco prima dell'inizio del girone di qualificazione, continua Gentile, che "tutti, calciatori, mister, dirigenza, decidemmo che era stato passato un limite. Silenzio stampa e il patto che avremmo fatto cambiare idea sul campo a chi ci massacrava".
Detto questo, quello era prima di tutto un gruppo di amici allegri e quell'allenatore con la pipa e il naso da pugile, Enzo Bearzot, un uomo che sapeva sgridare solo quando serviva davvero.
"In ritiro eravamo gioiosi, ci facevamo in continuazione degli scherzi da ragazzini: la nutella sulla maniglia della porta, i giochi d'acqua. Bearzot ci lasciava fare, interveniva solo se esageravamo. La sera prima della partita però ci voleva tutti in camera e passava da noi, a uno a uno, a darci le indicazioni per il giorno dopo".
L'ultimo capitolo si svolge l'11 luglio 1982 a Madrid. L'Italia intera ormai crede in Bearzot e nel suo magnifico gruppo, da Rossi a 'MaraZico' Conti, dal portiere capitano e portavoce Zoff alla difesa d'acciaio bianconera Gentile-Cabrini-Scirea.
Un'Italia diversa, nel morale e nella considerazione di tutti, che non poteva non vincere quella finale di Madrid. Non c'è Antognoni infortunato? Tutto bene, si vince lo stesso. E la convinzione resta intatta negli italiani e, soprattutto, negli azzurri in campo, anche dopo che Cabrini sbaglia un rigore.
A dare la svolta è sempre lui, quello che da allora sarà per tutti 'Pablito' Rossi con il suo sesto gol (consecutivo) al Mundial che gli vale anche il titolo di capocannoniere (altra soddisfazione per l'Italia insieme al titolo di miglior calciatore del mondiale a Bruno Conti).
Raddoppia Tardelli e lancia quell'urlo che diventa il simbolo del Mondiale vinto. Poi entra Altobelli al posto di Graziani e segna il terzo gol. Una gioia immensa che si legge sulle labbra del presidente Pertini che in tribuna, rivolto al re Juan Carlos come fosse un suo compagno di partito grida: "Non ci prendono piu'...!". Non fa male, al termine della gara, la rete di Breitner che fissa il punteggio finale sul 3-1.
Quarant'anni fa un gruppo di uomini ha fatto la storia (sportiva) dell'Italia riportando la coppa del mondo nella Penisola dopo quasi mezzo secolo. Ecco gli eroi della finale: Zoff, Bergomi, Cabrini; Gentile, Collovati, Scirea; Conti, Tardelli, Rossi, Oriali, Graziani (poi Altobelli e Causio).
Un gruppo, di cui facevano parte anche Antognoni e Marini fuori nella finale, che ha ridato all'Italia l'orgoglio di una nazione e fatto di Bearzot il condottiero capace di vincere il terzo mondiale e raggiungere (momentaneamente) il Brasile nella classifica delle coppe del mondo vinte.
A 40 anni esatti da quella finale del mondiale, la FIGC ha deciso di esporre la Coppa conquistata nel portico di via Gregorio Allegri a Roma, sede della Federazione. Un'iniziativa per celebrare insieme a tutti gli italiani un momento di gioia e di orgoglio nazionale, ma soprattutto un evento che ha aperto una nuova epoca e diventato caposaldo della storia recente del nostro Paese.