AGI - Chi vince festeggia, chi perde spiega. Carlo Ancelotti festeggia praticamente sempre, ovunque vada. Il prototipo dell’antidivo più vincente nel mondo del calcio. Per molti suoi colleghi allenatori, “zero tituli” in bacheca; per lui, invece, zero chiacchiere, parlano i fatti: 5 Paesi europei diversi, 5 campionati vinti. In una settimana ha trionfato nella Liga spagnola con il Real Madrid e centrato la finale di Champions (la quinta in 19 anni, dalla panchina ne ha sollevate tre: due con il Milan nel 2003 e 2007, e una con proprio con i blancos, nel 2014). La finale in programma il 28 maggio, contro il Liverpool di Jürgen Klopp e del “Gegenpressing” teutonico, potrebbe consacrare Ancelotti come l’allenatore più vincente nella storia della competizione.
Il suo stile è un impasto sapiente di mitezza e competenza, nessuna posa, tanta sostanza, e soprattutto la spontanea capacità di attivare una profonda connessione emotiva con giocatori che allena.
Questa volta in semifinale la vittima è Pep Guardiola, considerato insieme a Rinus Michels e Arrigo Sacchi, uno dei tre profeti del calcio moderno e totalizzante, per carisma, visionarietà e didattica. Ma ancora una volta la forza gentile di Re Carlo ha vinto: sei gol in due partite rifilati al Manchester City, la finale è servita.
Ancelotti è un fenomeno anche sui social, avamposto di modernità che usa con frequenza, collocandolo sul podio delle star mediatiche italiane più seguite sulle piattaforme digitali: 7,5 milioni di follower su Instagram (più di Mourinho), 2,8 milioni su Twitter, e una pagina Facebook seguita da oltre 8 milioni di fan. Altre superstar italiane di livello internazionale, hanno meno seguito; per fare degli esempi Laura Pausini è seguita da 3,8 milioni di ammiratori su Instagram, e Tiziano Ferro da 2,2 milioni.
Con gli algoritmi di intelligenza artificiale di Kpi6* abbiamo analizzato le conversazioni sul web inerenti Carlo Ancelotti nell’ultimo mese, confrontandolo a Pep Guardiola e Jürgen Klopp, tre degli allenatori più vincenti e apprezzati nel mondo.
Ancelotti è stabilmente l’allenatore più ricercato in rete, anche prima dei recentissimi trionfi in Champions e Liga. La vittoria 3-1 in trasferta con il Chelsea (6 aprile), la dichiarazione di un possibile ritorno al Milan (18 aprile) e la semifinale di andata con il City persa 4-3 (16 aprile, per molti una finale anticipata) lo hanno reso più menzionato e discusso. Nonostante il profilo sempre misurato, mai una polemica, mai una nota dissonante, le conversazioni su Ancelotti sono quantitativamente superiori a quelle che riguardano Klopp e Guardiola, costantemente.
In generale è un tecnico che ottiene un valore di sentiment positivo al 57%, un risultato ottimo se confrontato con altri allenatori vincenti. Mourinho (unico tecnico nella serie A italiana, in attività, ad aver vinto la Champions League) a Roma ottiene il 28% sentiment positiva, e il 40% di disapprovazione per la qualità del gioco espresso dalla squadra.
Uno dei focus più frequenti quando si parla di allenatori sul web, è la disputa tra gestori e giochisti.
I gestori sono tecnici reputati bravi a gestire dinamiche di spogliatoio, psicologia dei campioni, lucidano la purezza del talento, senza stressare gli atleti con sessioni tattiche troppo lunghe e approfondite. I giochisti, invece, sono allenatori che lavorano tanto sulla didattica tattica, organizzazione di gioco, moduli e automatismi da far imparare ai giocatori in funzione della posizione del pallone, del compagno e dell’avversario.
Nelle conversazioni, Ancelotti è spesso reputato un gestore, anzi, il miglior gestore al mondo; un allenatore con grande profondità di conoscenze, ma molto flessibile, adattabile, nessun dogma ne imprigiona la visione, attento a valorizzare la qualità individuale, anteponendo il talento e i rapporti umani, all'organizzazione tattica collettiva.
I suoi detrattori sostengono che sia molto fortunato, ma il 70% dell’audience ritiene che siano le sue qualità tecniche e umane, a condurlo ai trionfi che puntualmente ottiene.
In rete si parla anche delle esperienze meno felici di Ancelotti, all’Everton in Premier League, e soprattutto al Napoli. C’è che sostiene che sia un magnifico allenatore, ma solo per grandissimi club, i cosiddetti “squadroni”, come si evince dall’analisi delle parole chiave più ricorrenti. E c’è invece chi dice che Napoli non si è dimostrata pronta e all’altezza, per un allenatore vincente di questo livello; non si sarebbero create le condizioni per valorizzare il suo lavoro, dopo gli anni straordinari di Maurizio Sarri. Dai tifosi del Napoli, Ancelotti ottiene il 23% di contenuti associati ad emozioni positive (gioia e ammirazione) e 15% di tristezza per le condizioni non favorevoli che ha incontrato.
* Analisti: Gaetano Masi, Pietro La Torre. Giornalista, content editor: Massimo Fellini