AGI - Da due anni il suo caso giudiziario in Egitto suscita un'ondata di solidarietà dall'Italia, ma a Patrick Zaki è bastato un tweet calcistico per finire nella tritacarne dei social. Il 30enne studente egiziano, ancora sotto processo nel suo Paese, è tifoso del Bologna ed era intervenuto sulla sfida pareggiata sabato dai felsinei con la Juventus lamentandosi per le due espulsioni subite dalla squadra di Mihajlovic: "Due cartellini rossi, stanno ancora pagando", ha scritto Zaki alludendo a Calciopoli e ai sospetti sulle direzioni arbitrali che per i bianconeri sono ormai un cliché.
La reazione successiva, almeno per chi conosce i meccanismi dei social, non sorprende. Solo su Twitter sono arrivati oltre 400 commenti, quasi tutti dai toni poco amichevoli. "Io ti avrei lasciato dov'eri"; "parassita"; "sta a vedere che forse forse i giudizi egiziani hanno ragione a sto giro". Fino alle minacce "stai parlando troppo". Messaggio dopo messaggo, il rancore si è trasformato in una valanga.
Nelle ore successive alla "bufera" Zaki non ha fatto un passo indietro, né chiesto scusa. Ha cercato, invece, di argomentare e di spiegare perché le sue parole dovrebbero essere considerate "normali tra i tifosi di diverse squadre". Lo studente bolognese ha rivendicato la sua libertà "di esprimere la propria opinione" e ha paventato lo scenario più preoccupante: "Se non posso dire la mia opinione sul calcio senza essere attaccato, non sono sicuro di come dovrei recuperare la mia voce in questioni più importanti".
Quello che resta inaccettabile, ovviamente, è il tono degli insulti che Zaki ha ricevuto. "Mi sono trovato di fronte a decine di insulti e aggressioni, fino all'odio. Non mi dispiace avere regolarmente discussioni accese con i tifosi di diverse squadre, amo il calcio e apprezzo questo tipo di divertimento. Tuttavia, quando ho scoperto che la gente sperava che io tornassi in prigione e fossi messo a tacere, mi ha davvero colpito come il discorso d'odio possa essere innescato così facilmente. Sinceramente non capisco come questa escalation sia stata così rapida e perché dopo due anni di silenzio, vengo attaccato dalle stesse persone che una volta mi sostenevano, solo perché ho detto la mia opinione sulla partita". Il meccanismo è ben noto: sui social non ci sono limiti, non ci sono regole da rispettare e basta un innesco, anche fatto di 6 parole, per far scoppiare un incendio. Domarlo, a quel punto, è un'impresa titanica. Se poi il pomo della discordia è un pallone da calcio, una religione vera per gli abitanti dello Stivale, i toni possono esacerbarsi in un batter d'occhio.
Nonostante tutto ciò Zaki non ha voluto rinunciare a usare l'arma del dialogo pubblicando un messaggio, sempre sui social, insieme a una sua foto con la maglia autografata del Bologna. "Amo tutti i tifosi di calcio e capisco che a volte il nostro amore per la nostra squadra ci rende un po' sulla difensiva, ma io traccio la linea per attaccare la vita personale di qualcuno e augurare cose cattive su di loro". Il 30enne ha poi ringraziato i suoi sostenitori, "voi riaccendete la mia fede nell'umanità" e concluso con un "Forza Bologna".