AGI - Lontana dai fasti di gloria del periodo Puskas e vittima sacrificale designata all’interno di un girone di ferro (Francia, Germania, Portogallo), per l’Ungheria non c’era alcuna speranza di avanzare agli Europei. A maggior ragione guardando indietro, visto che mancava da 30 anni nelle competizioni europee e mondiali. Ma tutto è cambiato ieri sera, quando la squadra allenata dal tecnico italiano Marco Rossi ha costretto al pareggio la Francia campione mondiale uscente. E adesso si gioca tutto nella partita finale del girone contro la Germania, sognando gli ottavi.
Una piccola favola
Una piccola favola, come testimoniato dalla commozione del 56enne tecnico torinese in lacrime nella conferenza stampa post-partita. Prima di lasciarsi andare a un duro sfogo per le critiche ricevute durante la sua gestione triennale: “Se si ha la consapevolezza di dove siamo e chi siamo, al di là dei fasti del passato, queste critiche non dovrebbero esserci”, concludendo con un ironico: “La mamma degli idioti è sempre incinta”. Il risultato di sabato sera, infatti, è solo l’ultima soddisfazione in ordine di tempo per il magiaro d’adozione che ha riportato l’Ungheria nel calcio che conta. I numeri parlano chiaro: 31 partite, 15 vittorie, 6 pareggi e 10 sconfitte, ticket per l’Europeo ottenuto ai playoff contro l’Islanda e squadra vicina ad ottenere anche la qualificazione al Mondiale 2022.
L'ex difensore
Rossi, ex difensore in serie A e B, ha iniziato la sua carriera da allenatore nel 2003, a pochi anni dal ritiro. Il primo decennio in panchina è complicato, tante esperienze tra serie C e la D con esoneri e piazzamenti mancati. Rossi non trova la sua dimensione, si prende un anno sabbatico, medita di mollare tutto e raggiungere il fratello nello studio da commercialista.
Ma all’improvviso arriva una chiamata dall’Ungheria: è il 2012 e l’Honved di Budapest, storica squadra del fenomeno magiaro Puskas ormai caduta in disgrazia, lo vuole. Sembra un’ultima spiaggia, si rivelerà un trampolino per una personale rivincita sportiva. Ci resta cinque anni e nel 2017 la riporta al successo della massima serie ungherese a distanza di 24 anni dall’ultima volta.
Una sorta di Leicester in versione balcanica che gli vale nell’anno successivo la vittoria a Coverciano della Panchina d’Oro riservata ai tecnici italiani all’estero. Un litigio con la dirigenza interrompe il sodalizio sportivo e Rossi passa alla Dunajskà Streda in Superliga Slovacca.
Terzo posto, miglior piazzamento nella storia del piccolo club che gioca in una città di appena 20.000 abitanti, e qualificazione all’Europa League. Al termine della stagione l’ennesima chiamata da Budapest riporta Rossi nella sua terra d’adozione, questa volta come commissario tecnico dell’Ungheria. Arrivano i successi, la qualificazione al torneo continentale e nel 2020 entra, al nono posto, nella top ten dei migliori allenatori delle Nazionali dell’anno solare.
Il miracolo con i Bleus
Una storia che ha aggiunto il suo ultimo capitolo sabato sera con i francesi. Mercoledì ci sarà il match da dentro o fuori all’Allianz Arena di Monaco contro la Germania che ha schiantato il Portogallo 4 a 2. I precedenti storici sono quasi in parità: 33 scontri, 11 vittorie ungheresi, 12 tedesche e 10 pareggi. Ma le vibrazioni non sono negative: due incontri al Mondiale del 1954, successo dell’Ungheria ai gironi per 8-3, ad oggi la peggiore sconfitta nella storia per i tedeschi, e riscatto della Germania Ovest in finale 3-2. Con il tecnico Rossi che confida nel miracolo e sogna di riportare l’Ungheria in alto, dove solo Ferenc Puskas e il pallone d’oro Florian Albert, l’avevano portata.