AGI - Sarà impiantato nel corpo di Christian Eriksen un ICD (defibrillatore automatico impiantabile), un dispositivo sottocutaneo necessario per chi subisce un attacco e soffre di disturbi del ritmo cardiaco. Lo ha reso noto la federazione danese in un comunicato.
Il giocatore dell'Inter ha avuto un attacco durante una partita di euro 2020, Danimarca-Finlandia, e si trova attualmente in ospedale dove è stato sottoposto a diversi esami per individuare il problema che ha causato il malore.
La storia che accende una piccola speranza
Tornare in campo con un defibrillatore non è una mission impossibile anche se difficilissimo e fortemente sconsigliato. C'è una storia, quella di Daniel Engelbrecht, che potrebbe far accendere una piccola speranza a Christian Eriksen.
Il 20 luglio del 2013, l'allora 23enne centrocampista degli Stuttgarter Kickers (terza divisione tedesca) crollò in campo nella sfida con l'Erfurt. Come Eriksen fu rianimato d'urgenza sul terreno di gioco e poi portato in ospedale. Si scoprì che soffriva di miocardite, un'infiammazione del muscolo cardiaco.
La sua carriera sembrava finita quel giorno d'estate ma, invece, un anno e mezzo dopo, il 22 novembre del 2014, Engelbrecht è tornato in campo subentrando a un compagno al 76' minuto di una partita contro il Ravensburg, in un match valevole per la coppa di Germania.
Il 24enne è stato il primo calciatore professionista tedesco a giocare una partita con un defibrillatore cardiaco. Il piccolo dispositivo, che viene inserito appena sotto la pelle del torace, ha monitorato i suoi ritmi cardiaci e, in caso di necessità, è stato in grado di somministrare scariche elettriche per evitare qualsiasi problema.
Subito dopo il match, Engelbrecht ha raccontato le sue sensazioni al giornale tedesco Suddeutsche Zeitung, spiegando come aveva compreso che "la paura non se ne sarebbe mai andata" ma che, allo stesso tempo, "poter essere in campo in un'altra partita, insieme a giocatori professionisti, è stato indescrivibile".
Il Guardian, nel raccontare la sua storia, ha ricordato come la maggior parte dei medici aveva sconsigliato a Engelbrecht di tornare a praticare sport a livello agonistico ma il giovane ha ribadito che "ascoltarli non è mai stata un'opzione seria per me. Non mi sarei mai perdonato il fatto di non averci comunque provato. Mi sono posto questo obiettivo e ho dato tutto per arrivarci". Comprese quattro operazioni al cuore.
Engelbracht però ha fatto di più: il 6 dicembre del 2014, ha segnato il gol della vittoria contro l'SV Wehen Wiesbaden al 91', diventando così il primo calciatore professionista a segnare un gol con in corpo un defibrillatore. Dopo aver scagliato la palla in rete ha mostrato una scritta su una canottiera indossata sotto la maglia, il suo messaggio per tutti quelli che restavano impegnati a combattere battaglie imporatnti per la loro vita. "Nulla è impossibile".
Una bella soddisfazione per chi è stato costretto, nell'anno successivo al malore, "a vivere come un ottantenne" tra stress, ansia, attacchi di panico e medicine. "Non riuscivo neanche a dormire la notte", ha raccontato ancora al quotidiano tedesco.
Engelbrecht, nei primi tempi, ha giocato solo spezzoni di venti minuti per non affaticare troppo il cuore e lo strumento che lo monitora. I dati raccolti dalle sue attività sono stati analizzati e studiati da un equipe medica per capire reazioni e stimoli. Nel corso degli ultimi di carriera, si ritirerà nel 2018 dopo un altro piccolo crollo in allenamento, il giovane calciatore tedesco ha raccontato di essere stato "salvato" dal defibrillatore ben tre volte.
Il caso di Engelbrecht non è l'unico. L'ex difensore belga Anthony Van Loo, ad esempio, ha continuato la sua carriera nel Roeselare dopo essere stato dotato di un defibrillatore nel 2008. Nel 2009, mentre giocava una partita è svenuto a causa di un'aritmia cardiaca, ma il suo defibrillatore è stato in grado di riportare il suo cuore a un ritmo normale. Si è ritirato anche lui nel 2018, a 32 anni, dopo un altro incidente simile.
Insomma, la strada che aspetta Eriksen sarà lunga e faticosa ma poterlo vedere in campo, anche solo per un saluto e un lungo applauso potrebbe non essere un'ipotesi da scartare a priori anche se, al momento, molto meno probabile del ritiro.