Q uesta volta ad affondare la lama è stato il New York Times con una lunghissima inchiesta che nulla risparmia sul conto di Li Yonghong. Soprattutto sui suoi conti: sulle proprietà che l’oscuro personaggio cinese, che “nessuno in sostanza conosceva in Italia e tanto meno in Cina” e che "non è mai stato nominato nella lista degli uomini più ricchi della Cina", rivendica di avere, e che la squadra che ha comprato per 720 milioni di euro da Berlusconi, il quale oggi ha il cuore infranto e sta male quando vede il Milan in tivù, con un prestito del fondo speculativo Elliott a tassi di interesse altissimi che scade alla fine del prossimo anno, è convinta lui possieda.
Ma quale miniera di fosforo? I giornalisti del maggiore quotidiano americano si sono scomodati per andare a vedere se al quartier generale della Guizhou Fuquan Group, di cui nel cv diffuso da AC Milan Li risulta proprietario (a presunta conferma della sua solidità finanziaria che la stampa cinese ha più volte sconfessato), ci fosse per caso qualcuno. Gli uffici sono vuoti. Non solo: sulla porta il proprietario dello stabile ha affisso un cartello in cui c’è scritto che l’affitto non è stato pagato. Le “miniere dell’imperatore” a una prima ricerca nei database cinesi svolta nei mesi scorsi da AGI – che all’oscura vendita del Milan ha dedicato un ebook - risultavano irreperibili. Un portavoce di AC Milan interpellato dal New York Times ha detto che la proprietà di Li sulle miniere è stata oggetto di scrupolose verifiche da parte di eccellenti legali. Eppure. Gli autori dell’inchiesta hanno spinto il coltello fino in fondo: dall’analisi dei documenti aziendali originali emerge come la proprietà della miniera sia passata di mano in mano per ben quattro volte dall’anno scorso. Insomma: la miniera è di qualcun altro. Due di questi quattro passaggi di proprietà sono avvenuti senza transazioni di denaro.
In Cina gli investimenti sul calcio visti male in questo momento
Una prassi cinese? Vediamo. Di sicuro, ricorda il New York Times, la leadership globale della Cina si è manifestata soprattutto nel mercato. Grandi gruppi cinesi sono stati protagonisti di importanti acquisizioni all’estero. Wanda, l’impero del magnate Wang Jianlin con interessi nell'immobiliare, nell'intrattenimento e nello sport, oggi possiede il Waldorf Astoria hotel, la maggiore catena di teatri e cinema degli Stati Uniti AMC, mezza Hollywood. Poi un misterioso uomo d’affari ha comprato il club rossonero. La storia è nota. Come abbiamo scritto su queste pagine, la Cina, preoccupata dal timore di una fuga di capitali con pesanti ripercussioni sulle riserve valutarie e sulla moneta debole, ha imposto una stretta sull’esportazione di capitali, dividendo in seguito gli investimenti all’estero dei giganti cinesi in tre categorie: vietati, soggetti a restrizioni o incoraggiati.
A fine giugno Pechino ha ordinato alle banche di verificare l’esposizione al debito delle conglomerate d’affari che hanno fatto shopping sfrenato all’estero. I tycoon cinesi hanno così preso l’abitudine di intestare le proprietà a familiari o socio per sfuggire ai controlli – scrive il New York Times. Una prassi altamente criticata in Cina, dove la corruzione è un tema estremamente delicato. Nella black list, insieme ai grandi gruppi privati quali Wanda, Anbang, Fosun, e Hna, sulle quali si è scatenata una fortissima pressione, Caixin ha indicato anche Rossoneri Sport Investments: uno dei veicoli societari registrati nello Zhejiang con i quali è stata portata avanti l’operazione sul Milan. La finanziaria Huarong avrebbe concesso inizialmente dei prestiti a Li per pagare le prime caparre (la società si sfilò poi dalla presunta cordata con una clamorosa smentita). Finanziamenti che sono transitati da conti offshore. La storia è sempre la stessa, e quando riaffiora fa malissimo. Come farà Li a sbloccare investimenti che inizialmente sembravano disponibili da parte di una cordata cinese alla luce dei controlli serrati da parte delle autorità?
L’ad del Milan Marco Fassone ostenta ottimismo, e sostiene che il club, che ha speso oltre 230 milioni di euro per dare a Vincenzo Montella una squadra da Champions, sia a un passo dal rifinanziare il debito contratto con Elliott . E le controversie in affari sul conto di Li Yonghong documentate da fonti cinesi di cui il New York Times è in possesso? Li, non ha voluto concedere un’intervista al quotidiano statunitense. Il portavoce di AC Milan ha spiegato ai giornalisti che il proprietario rossonero è stato spesso vittima di regole di cui era a scarsa conoscenza.
La Cina negli ultimi cinque anni ha investito 1.8 miliardi di dollari sul calcio, secondo i dati elaborati da Dealogic, tra acquisizioni di club e di calciatori blasonati. Tra queste operazioni si nascondono investimenti poco ragionati: il calcio è oggi tra i settori soggetti a restrizioni. Attenzione: il governo cinese non ha detto stop alle spese sul pallone. Il presidente Xi Jinping punta a trasformare la Cina in una superpotenza del calcio entro il 2050. In fondo, per la Cina, l’acquisto del Milan - una squadra dal passato glorioso ma pesantemente indebitata e fuori dai Champions - non è stato un grande affare per la Cina, scrive tra le righe il New York Times. Li ha creato un reticolo societario offshore tra le isole Vergini e Lussemburgo per comprare la squadra– il governo cinese non gli concedeva autorizzazioni (anche per via della stretta). Ha chiesto 300 milioni a Elliott che glieli ha concessi con un tasso di interesse dell’11,5%. L’hedge fund, contattato dal New York Times, non ha voluto rilasciare commenti.
La campagna acquisti record dell’estate scorsa rende la situazione finanziaria del Milan, che “resta indebitata e non redditizia”, ancora più complicata. Il quotidiano ricorda anche il ritardo con il quale Bonucci e Biglia, due tra gli acquisti più importanti del nuovo Milan, fino al 4 agosto non potevano essere schierati in campo perché mancava una garanzia bancaria, poi giunta all’ultimo momento. Il Milan è in settima posizione, lontana dai Champions, ma mancano due terzi della stagione: c’è ancora tempo per qualificarsi tra le prime quattro squadre - scrive il quotidiano statunitense. A questo punto “non è chiaro quanto la ricchezza di Mr Li possa aiutare la squadra a risolvere questi problemi”.
Il New York Times ha il coltello ormai affilato, ed elenca tutte le bugie di Li
Bugia numero uno.Li Yonghong, sconosciuto all’inizio della trattativa per la cessione del Milan, si diceva fosse parte di un gruppo di investitori tra i quali spiccava il nome di Sonny Wu, volto noto della finanza, proprietario del fondo di private equity GRS Capital. Wu si tirò fuori dall’operazione. Falso. In una email al New York Times l’investitore ha detto di non aver mai parlato alle banche di Li, o del suo consorzio. Rothschild & Company, advisor finanziario di Li, non ha voluto commentare.
Bugia numero due. Li Yonghong ha dichiarato di essere il proprietario di una miniera di fosforo nella città di Fuquan nella provincia del Guizhou. Falso. I documenti cinesi rivelano che la proprietà è di una società di investimenti: Guangdong Lion Asset Management. Non finisce qui. La struttura proprietaria della Guangdong Lion è estremamente complicata, e si perde in un reticolo di persone che hanno lo stesso cognome ma dubbi legami di parentela: si chiamano tutti Li (il verbale di un tribunale suggerisce un possibile legame tra Li Yonghong e la Guangdong Lion, ma non si capisce di che natura).
Di recente, continua il New York Times, i proprietari del Guangdong Lion risultavano essere Li Shangbing e Li Shangshong. Entrambi, come Mr Li, provengono da Maoming, una città della Cina orientale. In una intervista telefonica, Li Shangbing ha detto di non conoscere Li Yonghong. Li Shanghong, che non ha voluto commentare, nel 2015 ha poi ceduto la sua quota a un certo Li Qianru, il quale risulta irraggiungibile. La storia continua nel maggio del 2016 quando Li Shangbing e Li Qianru vendono il Guangdong Lion a un altro Li: Li Yalu. Il prezzo? Zero dollari. Segue a stretto giro di posta un altro passaggio di proprietà senza transazioni di denaro a favore di un certo Zhang Zhiling. Entrambi risultano irreperibili. Li è un cognome diffusissimo in Cina. Eppure, continua il New York Times, due cose in comune, Li Yonghong e Li Shangbing, ce l’hanno. La prima: la relazione (oscura) con il Guangdong Lion (ricordate il tribunale?). La seconda: l’interesse per lo sport europeo.
Cosa emerge dai documenti originali
Perché in quel famoso maggio del 2016, un giorno prima che Li Shangbing cedesse il Guangdong Lion, fondò una società. Indovinate un po’? Si chiamava Sino-Europe Asset Management Changxing Company. Due giorni dopo appena, un’altra persona registrava una nuova società con un nome stranamente simile: Sino-Europe Sport Investment Management Changxing Company. Ancora più curioso, le due società avevano la sede nello stesso edificio, nella città di Huzhou.
Oggi, Sino-Europe Sport Investment possiede una quota di AC Milan in quanto azionista di Rossoneri Sport Investment, la società del gruppo guidato da Li Yongong con la quale è stato rilevato il Milan nell’aprile scorso. Il New York Times ha raggiunto telefonicamente Li Shangbing, il quale ha negato di aver creato Sino-Europe e di possedere quote di AC Milan. Li si è rifiutato di rispondere alle altre domande dei giornalisti. AC Milan non ha voluto commentare sulla questione. Il famoso prestanome Chen Huashan, che risulta dai documenti legali come il proprietario di Sino-Europe Sport Investment Management Changxing Company, risulta irreperibile. La sede del Guangdong Lion si trova all’interno di un lussuoso grattacielo a Guangzhou. Gli uffici ad agosto risultavo chiusi. Come abbiamo raccontato all’inizio dell’articolo.
Sulla schiena Li deve avere molte cicatrici. Perché dai documenti ufficiali emergono dettagli raccapriccianti sul suo passato decisamente turbolento da uomo d’affari (come anticipato nel nostro ebook).
Nel 2013, Li viene multato dalle autorità finanziarie cinesi per oltre 90mila dollari per non aver documentato la vendita di azioni di una società immobiliare per 51,1 milioni di dollari. AC Milan ha detto che Li non era a conoscenza del regolamento dei mercati.
Nel 2011, la stessa società immobiliare disse che Li era il presidente di una società di aviazione, la Grand Dragon International Holding Company. Ma a giugno la Grand Dragon ha negato di avere mai avuto legati con la suddetta società. Il portavoce di AC Milan ha detto di non saperne niente.
Nel 2004, l’azienda di famiglia di Li, la Guangdong Green River Company, fu autrice con altre due società di una colossale truffa ai danni di 5mila investitori per un valore di 68,3milioni di dollari, secondo The Shanghai Securities News, massimo quotidiano finanziario cinese. Il padre e il fratello di Li furono condannati al carcere.
AC Milan ha detto che questo episodio non ha nulla a che vedere con Li, il quale “non era a conoscenza della situazione fino al momento delle indagini”.
Di chi sono i soldi con cui Li ha comprato il Milan?
Forse questo è solo l’inizio. La domanda è sempre la stessa. Di chi sono i soldi con i quali Li ha comprato il Milan? Con quali soldi riuscirà a sdebitarsi? Di recente i tifosi rossoneri hanno svelato un un nuovo prestito da 8 milioni di dollari a Li Yonghong. Il finanziamento alla Rossoneri Sport Investment di Hong Kong, che andrebbe a coprire una tranche degli aumenti di capitale approvati a giugno, arrivano da Great Earn International di Hong Kong e dalla Jin Bao Bao Holdings Limited delle Isole Cayman. Quest’ultima è una società di packaging che ha come principale azionista il marito dell'attrice Zhao Wei, che era stata giurata al festival di Venezia del 2016. Peccato che proprio nei giorni scorsi la Consob cinese abbia interdetto per cinque anni l’attrice e il marito per aver ingannato il mercato. Avevano annunciato l’acquisizione di uno studio di animazione. Ma non avevano i soldi per portare a termine l’operazione.
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