S alvo le obbligatorie dichiarazioni a margine, i politici italiani sui social network si stanno dimostrando abbastanza avari di esternazioni sulla clamorosa eliminazione della Nazionale dai mondiali di Russia 2018. Non si esprime Berlusconi, che pure è uomo di calcio. Non si esprimono i pezzi grossi del Movimento Cinque Stelle. Né tantomeno si esprimono i vari tronconi della sinistra, impegnati a rifiutare le proposte di alleanza del Pd. Ha fatto invece piuttosto rumore il post di Matteo Salvini, il quale sostiene che la débacle azzurra è legata ai sempre minori investimenti dei club nei giovani italiani a favore dei calciatori stranieri. Una tesi legittima e probabilmente corretta. Il leader del Carroccio la butta però in politica, aggiungendoci l'hashtag #STOPINVASIONE, di solito utilizzata per criticare le proposte del governo sullo ius soli et similia.
Una tesi peraltro condivisa da Giorgia Meloni, che utilizza toni più soft, in coerenza con l'obiettivo dichiarato di fare da ago della bilancia tra l'irruenza di Salvini e il moderatismo di Forza Italia.
A replicare è Matteo Renzi che, in un post più lungo e articolato dove chiede una "riflessione" a Tavecchio e Ventura, cita "altri leader politici che si sono buttati come sciacalli su questa vicenda a cominciare da Salvini che ha dato la colpa all'immigrazione. Chi conosce il calcio sa che gli argomenti di Salvini sono ridicoli: gli stranieri stanno in Germania, Francia, Inghilterra, Spagna, ovunque e ancora molti di noi hanno nella mente l'immagine della Francia multietnica campione del mondo nel 1998".
La stessa Francia multietnica fu però battuta dall'Italia in finale ai Mondiali del 2006. Per un altro leghista, Roberto Calderoli, fu una "vittoria della nostra identità, una squadra che ha schierato lombardi, campani, veneti o calabresi, ha vinto contro una squadra che ha perso, immolando per il risultato la propria identità, schierando negri, islamici, comunisti". Il dibattito, insomma, è quantomai aperto.