H a investito oltre 230 milioni di euro per costruire una squadra formidabile, pronta a riconquistare un posto in Champions. In tribuna a San Siro il 27 agosto c’era anche Li Yonghong, il nuovo proprietario del Milan, per la prima partita del Campionato di Serie A che la squadra ha disputato contro il Cagliari. La seconda volta che il presidente entra allo stadio Meazza dopo il derby tutto cinese con l’Inter ad aprile - due giorni dopo il closing. Vittoria per i rossoneri: 2-1. In campo, sette degli undici giocatori allenati da Vincenzo Montella erano nuovi acquisti. Un debutto con i fiocchi. Il difensore argentino Matteo Musacchio:18 milioni di euro. Leonardo Bonucci scippato alla Juventus: 35,2 milioni. Il portoghese André Silva: 33,6 milioni. Il centrocampista turco Hakan Calhanoglu: 22 milioni. Il croato Nikola Kalinic: 25 milioni. Sono alcuni degli undici faraonici titolari che hanno riacceso i sogni dei tifosi e l’interesse dei grandi nomi del calcio mondiale, dopo gli anni bui. Nonché le scommesse del calciomercato. Il 31 agosto si è conclusa per i rossoneri una campagna acquisti da capogiro – i commentatori sportivi non ricordato nulla di simile nel calcio moderno in Italia.
Tra acquisti e cessioni, il club ha speso 230 milioni e ne ha incassati 50-60. Il botto finale non c’è stato. Non serviva, magari a gennaio."Parliamo di numeri monstre. Per quanto riguarda le cessioni, invece, c'è ancora possibilità di fare qualcosa in alcuni mercati aperti”, ha detto l’ad Marco Fassone durante la conferenza stampa con il direttore sportivo Massimiliano Mirabelli dopo la chiusura del mercato trasmessa sui social come con l’hashtag #APACF show ("Adesso passiamo alle cose formali").
"Questi soldi li metteremo tutti a bilancio"
Con quali soldi, in molti si chiedono da tempo? Visto che nelle casse è entrato molto poco. Visto che il Milan è stato comprato da quel misterioso uomo d’affari, Li, 48 anni, dalla biografia controversa, con una società veicolo offshore e il prestito da circa 300 milioni dell’hedge fund statunitense Elliott, che va saldato entro ottobre 2018 con un tasso di interesse altissimo, dell’11,5%. "Abbiamo investito più di 230 milioni, ma è giusto specificare alcune cose - ha sottolineato Fassone -. Questi soldi li metteremo tutti a bilancio nel 2017-18, così tutti stanno tranquilli. Se abbiamo potuto portare con Mirabella undici giocatori forti, il merito è della proprietà, ma bisogna specificare che abbiamo fatto cessioni per 50-60 milioni di euro. Inoltre abbiamo contenuto le commissioni (circa 12 milioni) e il monte ingaggi sarà tra i 110 e 120 milioni, meglio del budget che avevamo prefissato. Numericamente siamo soddisfatti".
I piani di sviluppo della società
Caos calmo a Casa Milan, dunque. La strategia c’è e si trova nel business plan, reso pubblico, da Fassone: AC Milan prevede una fortissima crescita dei ricavi nell’arco dei prossimi cinque anni. Come? Punta sulla crescita del mercato cinese con la newco MilanChina e sui guadagni della Champions League. Tanto basta a spendere cifre da capogiro? Tanto basta a sollevare qualche dubbio circa la sostenibilità finanziaria del club. Dubbi che non riguardano solo la Uefa che sta compiendo le sue verifiche. Si è dovuto scusare il presidente della Roma James Pallotta che a fine luglio nel corso di una diretta televisiva, ha lanciato invettive contro la gestione del Milan: “Non hanno i soldi in primo luogo per comprare la squadra, visto che hanno preso 300 milioni in prestito da persone che conosco a Londra, a un interesse piuttosto alto…pagheranno le conseguenze a un certo punto”, aveva detto Pallotta. "Caro Pallotta, siamo pronti a un confronto sui bilanci del Milan e della Roma", fu la puntuta risposta di Fassone . Il quale precisò: “Si sa che qualunque operazione viene fatta con la leva finanziaria... E poi, cifre totalmente sbagliate, la parte relativa al fondo di Elliott è di 180 milioni sui 740 complessivi del club”. Dei 300 milioni, 180 - con un tasso dell’11,5% - sono stati impegnati per completare l’acquisto del Milan e 120 - con un tasso del 7,5% - per l’acquisto dei giocatori. Fassone ha inoltre sottolineato che la campagna acquisti di questa estate è stata fatto con un “bond di 50 milioni”. I soldi non sono stati spesi cash ma a rate.
I dubbi che restano da chiarire
Ma i dubbi sono rimasti lì come nebbia a oscurare il giorno. E si sono estesi. Vincenzo Montella che giorni fa evita le telecamere di Sky Calcio Show dopo l’affondo della conduttrice Ilaria Ilaria D'Amico la quale mette in dubbio la copertura finanziaria della società rossonera pronunciando in trasmissione un pesantissimo “se”. Il sindaco di Milano Beppe Sala che in una intervista alla Gazzetta dello Sport la settimana scorsa definisce“una grande scommessa” il piano del club che “tende a comprare molto a debito” con un futuro che “dipenderà dai risultati” e Fassone che commenta con un “è sempre la solita minestra”. I dubbi arrivano anche dalla Cina, dove un articolo apparso sul seguitissimo forum sportivo Wuchao (乌潮) dal titolo “Da dove vengono i soldi che il Milan sta spendendo per comprare tutti questi giocatori?” definisce gli acquisti “scommesse enormi”.
Non ha messo a tacere i maligni Fassone, nella recente intervista al Guardian dove parla con apparente serenità e spiega che la società sta già lavorando per rimborsare i debiti e che sono pronti “un piano A e un piano B” – Uefa ne gradisse uno.
Le tappe e le lacune della vicenda
Quattro mesi dopo la cessione da parte di Fininvest del 99,93% delle azioni di AC Milan alla Rossoneri Sport Investment Lux, ennesima società veicolo che fa capo a Li, ancora nessuno è in grado di rispondere a due domande che hanno contrassegnato i mesi bollenti di un closing che tardava ad addivenire: chi è Li Yonghong? Da dove vengono i soldi? Hanno invocato la legge anti-riciclaggio italiana, ma nessuno ha realmente mai fugato questi dubbi. Un curriculum, quello di Li, di cui neanche Casa Milan è stata in grado di fornire una versione chiara. Nato nel Guangdong, si legge nella biografia che il club ha fornito del suo presidente a metà maggio. Altre fonti vicine all’operazione hanno scritto che fosse nato ad Hainan. Nel cv si legge ad esempio che Li è proprietario di una grande miniera di fosforo in Cina, la Guizhou Fuquan Group. Che però a una prima ricerca nei database cinesi sembrerebbe irreperibile. Il braccio destro David Han Li, membro del consiglio di amministrazione, che pure fino a qualche mese era piuttosto sconosciuto.
Ma basta ripercorrere il modo in cui il Milan è stato comprato, come abbiamo fatto nel nostro ebook Diavoli e Dragoni per capire come la storia sia nata in modo anomalo. Non solo perché l’interesse cinese per il Milan nasce molto lontano, nel 2011 quando Xi Jinping chiede a Berlusconi “Vendi il Milan?”. Non solo perché oggettivamente è stato difficile per Fininvest trovare un investitore in grado di comprare un club troppo caro per via dei debiti e con un asset immenso da valorizzare. Non solo perché proprio per questo motivo prima di trattare il deal, Li che fu il primo a manifestare interesse quando nel 2014 Lazard annunciò che il Milan era in vendita, dovette aspettare che abortissero i negoziati con il thailandese Bee (prima) e con la Dama cinese (poi), e infine con un colpo di mano estromettere i soci Galatioto-Gancikoff, correre alla firma del preliminare di vendita e versare con Sino Europe Sports (SES) la prima caparra da 100 milioni. E siamo al 6 agosto del 2016.
Li ha fatto slittare nei mesi successivi due closing (13 dicembre e 3 marzo) perché non riusciva a tirare fuori i soldi dalla Cina a causa - diceva - del blocco dei capitali deciso dal governo cinese. Si è persino temuto che un incidente diplomatico sul Dalai Lama a Milano avesse complicato le trattative. Gli investitori della cordata che Li sosteneva di avere costruito si sono sfilati, uno ad uno, lasciandolo solo. Ha versato la seconda caparra da un fondo offshore per non perdere la prima. Ha messo in piedi una catena di società tenute insieme da un prestanome - Chen Huashan. Il Milan l’ha infine comprato con un veicolo lussemburghese. L’operazione è stata salvata con l’intervento di un fondo americano noto per aver portato al fallimento l’Argentina.
Lì attaccato in Cina per i suoi affari
Ecco dunque: Li. Attaccato dalla stampa cinese per i suoi dubbi affari, abbandonato dagli investitori di una cordata che non c’è mai stata, messo alle strette dalle politiche cinesi sempre più aspre in tema di acquisizioni all’estero (nel frattempo altre operazioni andavano in porto, rimasto solo; e poi, dopo diversi rinvii e un closing che sembra infinito, caparre che non arrivano e poi arrivavano a rate, Li compra il club con l’ennesima società creata ad hoc all’interno di un reticolo complesso quanto un rebus, grazie al prestito di 300 milioni del fondo speculativo americano Elliott. Se Li non si riesce a saldare il debito, nell’autunno del prossimo anno il Milan diventa di Elliott. “Nel peggiore dei casi, bisogna stare tranquilli perché ad Elliott non sono dei disperati – ha detto Fassone al Guardian - E’ uno dei più grandi fondi di investimento nel mondo che potrebbe tenere il club o rivenderlo. Pagherebbero solo 300 milioni, un prezzo davvero basso, e potrebbero fare business, il loro lavoro”. Eppure, sostengono alcuni giornalisti come Luigi Dell’Olio in un tweet, oltre ai 300 milioni Elliott dovrebbe aggiungere anche gli ammortamenti dei contratti quinquennali siglati con i nuovi giocatori.
Esclusa la quotazione alla Borsa di Hong Kong, per la quale occorrono requisiti che il Milan non ha (tra cui almeno tre anni sotto la gestione dello stesso management) per risarcire Elliott - secondo gli analisti - a Li non resta che sperare su una lista di investitori cinesi. Che però fino ad oggi non si è mai palesata. Il giornalista del Sole 24 Ore Carlo Festa ha rivelato nel suo blog che gli advisor di Li sarebbero già in contatto con Goldman Sachs e Merrill Lynch per rifinanziare il debito. Il business plan scommette sulla crescita del Milan nel mercato cinese. Il governo cinese ha posto un freno ma non uno stop alla crescita di un mercato che per Xi Jinping, il quale sogna un giorno di ospitare i Mondiali e pure di vincerli, resta importantissimo. Ma non bisogna sottovalutare un ultimo, cruciale, elemento: negli ultimi quattro mesi dal closing, il clima per gli investitori cinesi è peggiorato. Si sono intensificate le politiche di controllo sugli investimenti “irrazionali” che il capo della Safe Pan Gongsheng aveva definito “rose con le spine” (dopo la quota record di 183 miliardi di dollari e 225 miliardi in acquisizioni nel 2016), che negli ultimi anni hanno prosciugato le riserve valutarie (sotto soglia psicologica di tre mila dollari a gennaio) e indebolito lo yuan. Nel mirino soprattutto il calcio, real estate e industria dell’intrattenimento
A fine giugno Pechino ha ordinato alle banche di verificare l’esposizione al debito delle conglomerate d’affari che hanno fatto shopping sfrenato all’estero: nella black list, insieme ai grandi gruppi privati quali Wanda, Anbang, Fosun (che ha smentito le indagini) e Hna, sulle quali si è scatenata una fortissima pressione, Caixin ha indicato anche Rossoneri Sport Investments: uno dei veicoli societari registrati nello Zhejiang usati inizialmente da Li per pagare - si suppone - la prima caparra.
Cosa succederà dopo il congresso del Partito di ottobre?
Alberto Rossi, responsabile Marketing e Analista CeSIF della Fondazione Italia Cina e co-autore di “Cina 2017. Scenari e prospettive per le imprese”, in una intervista ad AGI giorni fa circa l’impatto della politica cinese sul calcio italiano, invitava alla prudenza: per una migliore valutazione occorre aspettare l’esito del Congresso del PCC al via il 18 ottobre, che sancirà il rinnovamento della leadership e segnerà l’inizio del secondo mandato dell’attuale presidente Xi Jinping. “In questa fase di preparazione al Congresso, molte aziende e figure si stanno riposizionando”, ha detto Rossi. Solo dopo sarà più realistico stabilire se il clima politico cinese possa avere o meno ripercussioni sui futuri investimenti dell’Inter, di proprietà del colosso Suning a capo di Zhang Jindong - che invece ha fatto acquisti modesti. "Paradossalmente il clima precongressuale - ha spiegato Rossi - rischia di avere ripercussioni più ampie sui grandi gruppi, maggiormente esposti, come Wanda e Suning. L'influenza congressuale non dovrebbe invece riguardare il Milan, dato che il tema nevralgico sottostante è la fuoriuscita di capitali in valuta estera dalla Cina, mentre il mercato rossonero è finanziato con fondi provenienti da un paese terzo, come anche ribadito dalla stessa società milanista".
Proprio il colosso immobiliare Wanda è stato colpito nei giorni scorsi da un rumor, smentito dall’azienda, sulla detenzione del patron Wang Jianlin. Non è stato un episodio inedito, forse neanche l’ultimo. Resta da vedere se la scadenza al 30 settembre per la stretta di Ndrc (National Development and Reform Commission) del novembre scorso, che alla luce delle nuove norme potrebbe non essere più in vigore oppure prorogata, fornirà o meno a Li l’opportunità di svelare la cordata.
Mentre resta difficile stabilire se le indagini ordinate dalla Cbrc (l’ente a vigilanza del sistema bancario) possano avere ricadute sull’attuale proprietà del Milan, è più che legittimo che alcuni, da Beppe Sala a Ilaria D’Amico, si siano posti una semplicissima domanda: con quali soldi il Milan sta comprando le stelle del calcio? Una domanda che mentre questa estate bollente volge al termine, resta - per il momento - priva di risposte chiare e definitive.
(Ha contribuito Wang Jing)
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