Nicolò Melli negli Stati Uniti si è sempre sentito un po' a casa. Merito della mamma, Julie Vollertsen, pallavolista di altissimo livello capace di vincere un argento olimpico nel 1984, a Los Angeles, con la nazionale a stelle e strisce. Così, ieri notte, nel suo debutto nella Nba, "Nik" ha giocato come fosse un veterano, come se conoscesse quel mondo come le sue tasche. Sono bastati 120 secondi per scrollarsi dalle spalle ogni scetticismo e ogni pressione. Due tiri, due triple. L’incipit di un referto che racconterà, alla fine del match, un esordio da urlo: 14 punti, 4 triple, 5 rimbalzi, 2 assist. In appena 20 minuti di gioco. Tanti per un rookie. Anche se di 28 anni.
Quella di ieri, perlopiù, non era una partita qualunque. Era l”opening night" della nuova stagione del massimo campionato di basket al mondo. Il match in cui i campioni in carica ricevono gli anelli, simbolo della vittoria nelle passate finali di giugno. Un evento che negli Usa guardano milioni di persone. I Toronto Raptors davanti ad un’arena gremita di tifosi hanno festeggiato il primo titolo della loro storia. E dato il via a una delle stagioni più attese ed equilibrate, conseguenza di un'estate molto movimentata che ha cambiato volto a molte franchigie.
A sfidare i canadesi, c’erano i New Orleans Pelicans. La squadra di Melli, certo, ma soprattutto la squadra di Zion Williamson, 19 anni, per molti destinato a diventare il dominatore dell’intera Lega negli anni a venire. Ma Williamson ieri non c’era. La montagna di muscoli che si porta addosso ha indebolito così tanto le sue ginocchia tanto da costringerlo a un’operazione chirurgica che lo terrà fuori due mesi. Problemi di cartilagine, niente di grave. Una sfortuna per il giovane prospetto, un’occasione per l’italiano che ha avuto a disposizione più minuti per dimostrare il suo valore.
“Magic Melli”. “ARE U SERIOUS?” Al terzo e al quarto tiro mandato a segno, senza errori, anche il social media dei New Orleans Pelicans si è lasciato andare a qualche momento di gioia. Il giocatore italiano ha sorpreso tutti, commentatori compresi. Tanto che alla fine è stato scelto lui per la foto finale con il punteggio della partita. E forse ha sorpreso anche il suo allenatore, Alvin Gentry, che lo ha lasciato in campo nei momenti decisivi della partita, finita all’overtime con la vittoria dei Raptors per 130-122. Un attestato di stima verso l'atteggiamento e l'efficacia dimostratagli: "Stiamo ancora assestando le rotazioni", dirà alla fine del match. Un segno che qualcosa, o meglio qualcuno, ha rimescolato le carte a sua disposizione.
Quello di Melli, intendiamoci, non è che un primo passo di una lunga camminata piena di ostacoli. Il giocatore di Reggio Emilia ha sfruttato ieri la libertà che la difesa di Toronto gli ha concesso. È stato bravo ad aprirsi dietro la linea da tre punti sui pick’n’roll dei compagni. È stato bravo a punire le scelte della difesa dei Raptors. È stato bravo a mettere il suo corpaccione contro i lunghi avversari a rimbalzo. Ci sarà un momento in cui le difese avversarie si adegueranno al suo tiro da lontano costringendolo magari a palleggiare e a cercare soluzioni offensive diverse. Dovrà abituarsi alla fisicità e alla velocità di esecuzione dei giocatori Nba, a difendere in maniera più continua e a sopperire le sue mancanze con l’acume cestistico di cui è dotato.
Intanto però è lecito godersi questo inizio quasi perfetto ricordandosi che quel diritto di cittadinanza, che Melli ha per passaporto, grazie a mamma Julie, può essere conquistato, partita dopo partita, sui parquet americani. Lettura dopo lettura, canestro dopo canestro.