L ’ultima vittima si chiama “Popolo Sovrano”, il talk del giovedì di Raidue che è riuscito molto raramente a superare l’asticella del 3 per cento di share. Per il programma di Alessandro Sortino che prevedeva 13 puntate, il “game over” è scoccato dopo sei prime serate, e bisognerà aspettare il 26 aprile prima che il nuovo format di inchieste, nato sulle sue ceneri e piazzato nella notte del venerdì, prenda il via.
Sortino e colleghi sono comunque in buona compagnia visto che un flop sul curriculum tv ce l’hanno in parecchi, perfino mostri sacri come Adriano Celentano: il faraonico “Adrian", il cartone animato sulla sua vita costato 20 milioni di euro e non pochi spiccioli come "Popolo Sovrano", a febbraio è stato stoppato da Canale 5, con le ultime cinque puntate clamorosamente riprogrammate per settembre.
Motivazione ufficiale: un malanno di stagione del Molleggiato. Spiegazione reale: gli ascolti in caduta libera, affondati al 7,7 per cento di share, risultato improponibile per una prima serata di Canale 5 (e per gli inserzionisti pubblicitari) anche a causa dei mutismi di Celentano e dei grandi altri problemi nella parte live del programma, con Teo Teocoli, Michelle Hunziker e Ambra Angiolini che avevano via via abbandonato il programma.
Forse Ambra aveva sentito per prima odor di flop e molto più colossale di quello che aveva vissuto l’anno scorso nel raffinato programma “Cyrano, L’amore fa miracoli”, il programma di prima serata dedicato ai palati chic di Raitre che conduceva l’anno scorso con Massimo Gramellini. Le loro indagini sui sentimenti, tra Philip Roth e Nick Hornby erano riuscite ad attirare pochi nobili cuori, con una spietata media del 3 per cento di share. Tanto che il programma nell’aprile dello scorso anno si è dovuto fermare a metà strada, dopo quattro puntate sulle otto previste.
La decisione la prese il direttore della rete Stefano Coletta, già al posto di Daria Bignardi, che, a sua volta si era seduta sulla poltrona occupata da Andrea Vianello, pure lui con una chiusura molto precoce sul groppone, a fine 2014: quella di “Affari di famiglia” il programma che voleva dare voce alle famiglie italiche e alla sua nascita era accompagnato dalla polemiche per la presenza come inviata di Ilaria Cucchi (la sorella di Stefano Cucchi): era stato eliminato alla seconda puntata, visto da appena 386 mila spettatori.
Ma il più deflagrante flop di Raitre appartiene alla Bignardi: quello di “Politics”, il talk su cui aveva scommesso tutto, accaparrandosi da Sky il conduttore-cavallo di razza Gianluca Semprini chiamato, il martedì, a sostituire il defenestrato “ Ballarò" di Massimo Giannini, che poco piaceva all’allora premier Matteo Renzi. Nei famosi spot che annunciavano il programma Semprini prometteva che “a domande precise” avrebbe ottenuto “risposte precise” dai politici. Ma non ci riuscì, il programma non funzionava e dopo tre mesi in cui era sempre rimasto sotto il milione di spettatori, nel dicembre 2016 fu sprangato. Semprini si prese le colpe, se le prese pure la Bignardi, e a godere fu Giovanni Floris che con il suo “ iMartedì" su La7, incamerò anche le poche briciole che settimanalmente lasciava all’avversario.
Ma pure lui il suo bel flop sul curriculum ce l’ha. Quando a fine 2014 con un contratto milionario arrivò da Raitre a La7, l’esordio della sua striscia quotidiana preserale, “19 e 40” fu un disastro: interessò solo 258 mila telespettatori, pari all’1,45% di share e non riuscì mai a sollevarsi da quelle percentuali da prefisso telefonico. Tanto che il patron de La7 Urbano Cairo sospese la trasmissione. Se dopo quel flop Floris si è ritirato su egregiamente con “DiMartedì", la stessa cosa non si può dire per il collega Gerardo Greco, arrivato la scorsa estate dalla Rai a Mediaset pieno di belle speranze: la chiusura del suo talk di Rete4 "W l’Italia", crollato sotto il 3 per cento di share, è stata propedeutica al licenziamento da Mediaset, dopo qualche mese al timone del Tg4.
Tra i pesci piccoli finiti nell’impietosa rete delle chiusure tv spicca Francesco Facchinetti, il cui sperimentale Rai Boh di Raidue, sei anni fa fu soppresso praticamente in culla subito dopo l’esordio in seconda serata con poco più del 3% di share. Ma sono i pesci grossi a colpire, molti dei quali insospettabili.
Bisogna andare molto indietro nel tempo, al 2005, per rintracciare un passo falso di Carlo Conti: si chiamava “Ritorno al presente” la sorta di reality che conduceva su Raiuno, con personaggi più o meno celebri come Marina Suma ed Elisabetta Gregoraci, immersi in epoche lontane: fu un flop, chiuso in fretta dopo quattro puntate (dovevano essere tredici).
Ma non hanno la fedina tv immacolata neanche Bruno Vespa e Pippo Baudo: anche per loro bisogna guardare al passato: al 2011 quando per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia i due vennero messi a condurre “Centocinquanta” su Raiuno: il programma per cui erano previsti sei appuntamenti, è riuscito ad arrivare solo alla quarta messa in onda, stoppata oltre che dalla crisi di ascolto, dalle frizioni tra i due. Quello non fu un anno felice per la rete ammiraglia Raiuno, ferita dalla clamorosa chiusura dopo una sola puntata dell’attesissimo e costosissimo (si parlò di otto milioni di euro) programma di Vittorio Sgarbi “Ci tocca anche Vittorio Sgarbi”. Nel primo appuntamento gli ascolti non andarono oltre l'8,3% di share, con circa due milioni di spettatori, la metà di quello che, di solito, RaiUno realizza in quella fascia. Il faraonico programma fu sprangato dopo una sola puntata.