Netflix sta scommettendo sulle serie originali. Ecco perché potrebbe perdere
Gli investimenti in contenuti sarebbero troppo ingenti, se si considera che l'azienda ha il pieno possesso dei diritti solo sul 10% della programmazione
Gli utenti crescono, il fatturato anche. Il titolo sale. Eppure c'è una voce controcorrente che indica una crepa nella bacheca dei trofei di Netflix. È quella di Michael Pachter, analista di Wedbush da tempo critico sulla società guidata da Reed Hastings. La sua tesi, in sostanza, dice che l'enorme mole di investimenti per produrre contenuti originali non assicura la stabilità finanziaria futura.
Perché Netflix sarebbe troppo ottimista
La concorrenza cresce. E così Netflix si è convinta che la strada maestra verso il successo sia aprire il portafogli per produrre direttamente serie, documentari e film. Per farlo, nel 2018 investirà tra i 7,5 e gli 8 miliardi di dollari. Una cifra notevole, soprattutto se confrontata con il fatturato del 2017: 11,7 miliardi di dollari. Produrre contenuti originali non sarebbe solo una questione di qualità ma anche di cassa.
È vero, il costo iniziale è maggiore. Ma avere un proprio catalogo consente di risparmiare nel lungo periodo perché non è necessario pagare licenze a produttori terzi. E, di conseguenza, permetterebbe a Netflix di essere più autonoma e meno soggetta alle pretese altrui. È questo il punto che Pachter mette in discussione. Perché, stima, Netflix ha il pieno possesso dei diritti solo del 10% dei contenuti presenti sulla piattaforma. In tutti gli altri casi, deve pagare licenze. E questo vale anche in molti casi di prodotti marchiati Netflix, come “House of Cards” e “Orange is the new black”.
Non tutte le serie “originali” sono Netflix
L'esempio di scuola, afferma Pachter, è Daredevil. La serie è prodotta da Netflix, ma Reed Hastings deve pagare Disney e Marvel per poterla girare. E più un prodotto ha successo, più sarà salato il conto della stagione successiva. Ma anche quello dei contenuti “collaterali”. Sempre per proseguire con lo stesso esempio: se Daredevil ha successo, Marvel e Disney potranno chiedere di più anche per i diritti di un altro personaggio della loro scuderia, Jessica Jones. E Netflix potrebbe essere costretta a sborsare di più pur di avere “il pacchetto completo”.
Il sistema delle licenze
L'analisi di Pachter smentirebbe quindi l'idea che produrre serie originali consenta a Netflix di risparmiare sul lungo periodo. Esempio pratico: la piattaforma paga la prima stagione di una serie 2 milioni per episodio. Il prodotto funziona e arriva la seconda stagione. Altri 2 milioni per episodio, cui però dovranno sommarsi le licenze per offrire su Netflix anche la prima (ad esempio, a 1 milione). E così a cascata: altri 2 milioni per la terza serie, che diventano 1 per la seconda e 500 mila dollari per la prima.
Una spesa prevedibile solo in parte. Che, come spiegato da Pachter, vale non solo per tutti i contenuti acquistati ma anche per molte serie bollate come “originali”. I produttori terzi, quindi, potrebbero far pesare il loro potere negoziale. In questo scenario verrebbero smentite le prospettive di Netflix: aumentare gli abbonati (e quindi gli incassi) mantenendo un saldo controllo della spesa grazie alle produzioni proprie. Un controllo che, secondo l'analisi di Wedbush, non è del tutto possibile. E con investimenti da 8 miliardi l'anno, il rischio (anzi, l'azzardo) è indebitarsi.