M eriterebbe di riempire teatri e scuole lo spettacolo ‘La conosci Giulia?’, dissacrante commedia sulle donne in un Paese che tende a emarginarle e su una cultura che spesso confina anche gli uomini a ruoli di genere troppo stretti. Per ora l’allestimento della compagnia sarda ‘Lucido Sottile’, diretto da Tiziana Troja, ha fatto rimbombare di applausi il Teatro Massimo di Cagliari, sabato sera, 6 ottobre, a una ‘prima’ da tutto esaurito, con almeno 180 persone in lista d’attesa.
Poco importa che lo spettacolo, promosso e finanziato dal Corecom Sardegna presieduto da Mario Cabasino, fosse gratuito, un esperimento concepito in primis per gli studenti delle scuole superiori e voluto con determinazione e tenacia dall’associazione Giulia (Giornaliste unite libere autonome) Sardegna, guidata da Susi Ronchi. L’idea, sviluppata in oltre un anno di lavoro, era raccontare la disparità di genere, a partire dalle redazioni giornalistiche, le discriminazioni e gli stereotipi del linguaggio, anche quelli più innocenti, che le avvallano e le alimentano da sempre. Undici giornaliste di ‘Giulia’ hanno scritto i testi e chi ha visto lo spettacolo, commuovendosi e sentendo riemergere una rabbia antica e la frustrazione dei primi passi nelle redazioni popolate da maschi, non può non essere certo che siano autobiografici.
La drammaturgia curata da Troja e dal giornalista Vito Biolchini (partner nella vita) ha fatto il resto. Si ride molto nelle due ore di ‘La conosci Giulia?’ e non solo per l’istrionica comicità del duo ‘coatto’ Tanya e Mara (alias laregista e la sua complice artistica Michela Sale Musio – le trovate anche in molti video on line), ma anche per la capacità di ironizzare sui luoghi comuni pigiando sull’acceleratore del paradossale. “Sai cambiare una gomma da sola?!? Ah, allora sei lesbica”, dice uno degli attori alla sua ‘spalla’ sul palcoscenico, in un continuo scambio di ruoli. E così l’uomo che guardando una serie su Netflix si rilassa armeggiando con l’uncinetto non può che essere un “pervertito”. E se a capo di una redazione c’è un uomo che sbraita, per ricondurre all’ordine colleghi ritardatari e svogliati, va tutto bene. Se a farsi sentire nello stesso modo è un capo donna, apriti cielo, è solo “un’isterica”.
Per non parlare degli stipendi più bassi, del trattamento riservato alle aspiranti giornaliste che si affacciavano nelle redazioni tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ’90. “Cronaca nera? Non è roba per donne. La politica? Non se ne parla”, si sentivano ripetere all’inizio, come un mantra, dai colleghi più anziani. E poi le avance, gli sguardi ammiccanti, la difficoltà a farsi prendere sul serio. Per chi diventava madre, poi, nuovi ostacoli indicibili, che non erano certo le colleghe single ad aiutare a rimuovere. Al contrario.
Ma lo spettacolo si spinge oltre. Scandaglia a tutto campo il ruolo della donna, si sofferma sulla sua paura di non essere all’altezza, non teme di sconcertare gli intransigenti ricordando la figura di moglie e madre assegnata a Maria – senza alcun potere se non quello dell’intercessione – nella rappresentazione cristiana del femminile, quando non è ridotto a fonte di peccato e tentazione.
Gli intermezzi musicali col magico canto a cappella del Kor Vocal Ensemble alleggeriscono anche i momenti più delicati dello spettacolo, come quello in cui gli attori leggono i titoli di articoli su femminicidi, spesso scritti con poca considerazione per la vittima e forse inconsapevole accondiscendenza verso il carnefice, a volte descritto come quello che non ha avuto scelta. Come viene ricordato nel copione, quando si parla di omicidio sappiamo che è stato ucciso qualcuno, se diciamo ‘femminicidio’, invece, sappiamo anche il perché.
“Siamo qui perché Cagliari è una città sensibile”, ha detto dal palcoscenico, con la sua forza gentile e l’ottimismo che la contraddistingue, Maria Del Zompo, prima rettrice nella storia dell’università di Cagliari, testimonial dellaserata in cui ha ripercorso la sua fortunata carriera accademica, ma anche le rinunce che le ha imposto, la solitudine delle donne ai vertici delle gerarchie delle professioni a forte impronta maschile. A conferma che il famoso ‘soffitto di cristallo’ è ancora là, invisibile ma resistente ai tentativi, anche delle generazioni più giovani, di infrangerlo per ottenere la parità con gli uomini nei luoghi chiave e nelle stanze dei bottoni, incluse quelle della politica.
Un solo esempio: per avere la doppia preferenza di genere nella legge elettorale con cui in Sardegna a febbraio 2019 si voterà per presidente della Regione e Consiglio regionale, le donne hanno dovuto aspettare cinque anni, un’intera legislatura, in cui hanno convissuto di nuovo con l’incubo che il voto segreto in Aula cancellasse ancora una volta i loro sforzi.
Chissà cos’avranno pensato i tanti studenti delle superiori seduti in platea. Lo sveleranno gli elaborati con cui nei prossimi mesi parteciperanno alla sezione scuole del primo concorso ‘Gianni Massa’, che il Corecom ha dedicato allo storico responsabile della redazione AGI della Sardegna, scomparso a 79 anni nel 2015. Solo alla fine lo spettacolo risponde alla domanda che gli dà il nome, ‘La conosci Giulia?’. Per scoprirlo vale senz’altro la pena di vederlo, a patto di accettare di specchiarsi nelle contraddizioni di una società che condanna le donne ancora a troppe amarezze. Presto gireranno copie video della rappresentazione di Cagliari, a cominciare dalle scuole che le hanno già richieste, per far sentire la voce delle donne anche fuori dal teatro.
Resta l’ambizione che un giorno non troppo lontano le declinazioni al femminile di ruoli tradizionalmente appannaggio degli uomini (ministra, prefetta, avvocata, per esempio) cessino di far sghignazzare chi continua a sottovalutare il potere delle parole e diventino, invece, un modo naturale di includere le donne – in condizioni di parità – in ogni aspetto dell’esperienza umana.