W eekend particolarmente intenso per quel che riguarda il mercato discografico italiano. I Pinguini Tattici Nucleari sbloccano “Forse”, tra i più bei brani di “Fake News”, mentre i Maneskin se la duettano con Tom Morello e Guè, grazie alla produzione di Bassi Maestro, si porta a casa uno dei migliori lavori della sua carriera. Lo Stato Sociale si confessa in “Fottuti per sempre”, Fulminacci prosegue il suo meraviglioso percorso cantautorale, ottimo il duetto tra Rose Villain e Salmo, bravi anche Gianni Bismark, Leo Pari e i Musica Nuda. Un disastro sia gli “Amici di Maria De Filippi” che gli ex “Amici di Maria De Filippi”; al contrario di Sem&Stènn, I Botanici e Liede. Chicca della settimana: “Angelica” di Qualunque. A voi tutte le nostre recensioni.
Pinguini Tattici Nucleari – “Forse”
“Forse” era un regalo per quelli che avevano messo mano al portafogli per acquistare “Fake News”, ultimo splendido album dei Pinguini Tattici Nucleari. Un pezzo che avevamo avuto la fortuna di poter ascoltare e pensavamo fosse il migliore in un disco già pieno di brani migliori; nel senso che se infili le mani dentro “Fake News” trovi solo brani migliori, non c’è una risposta sbagliata, nessuno si può arrogare il diritto di pensare che “Ricordi” sia migliore di “Dentista Croazia” o “Zen” o “Hikkikomori” o “Non sono cool” o “Cena di classe” o “Hold On” (stiamo citando quelle che ci hanno proprio strappato un pezzo di cuore). Perché questa è la magia, ma, giusto per mettere i puntini sulle “i”, anche il mestiere, con cui i Pinguini stanno portando avanti la propria produzione: ognuno può scegliersi il proprio pezzo, quello in cui specchiarsi fedelmente, quello appresso al quale piangere, ridere, ballare, disperarsi, ricordare…e tutti hanno ragione. “Forse” è una ballad che trasuda un’onestà a tratti sconcertante, sembra che Zanotti te la canti a due centimetri dalla faccia, crea un vuoto di commozione praticamente incolmabile. Come fanno tutte le canzoni migliori. Wow.
Maneskin feat. Tom Morello – “Gossip”
L’impressione è che mentre qualche nerd spocchioso ancora si arriccia la fronte per riuscire a trovare un’ottima scusa per accusare i Maneskin di falsa apologia rock, loro, a ben ragione, stanno sviluppando il proprio suono, il proprio stile, anche una propria poetica sempre più precisa. Questa chitarra andante, arricchita dal tocco di Tom Morello, mica pizze e Sfera Ebbasta, questo cantato così tirato, questa ricerca leggera di funzionalità totale, questa solida freschezza, in questo momento sulla scena mondiale, specie se parliamo di musica suonata con degli strumenti musicali, non è che sia così tanto solita. Nel frattempo i nerd si addormentano piangendo abbracciati ad una copia di “London Calling” e la band romana si gode la propria splendida giovinezza collezionando sold out letteralmente in tutto il mondo. Indovinello al volo: chi è lo scemo tra i due?
Guè – “Madreperla”
“Madreperla” è certamente uno dei migliori album in assoluto di Guè (ei fu Pequeno); ciò che fa riflettere, o dovrebbe far, se si ha tempo libero e voglia e passione per il genere, è che tutto ciò che questo album contiene di buono vada nettamente ed inequivocabilmente attribuito al lavoro fatto in fase di produzione da Bassi Maestro, altra icona della scena rap italiana. Guè, non cambia, ha deliberatamente scelto di non maturare, di farsi superare e anche doppiare dall’evoluzione di quel rap che lui ha aiutato a sfondare in Italia, che nel frattempo è diventato anche altro, qualcosa di più profondo, di più significativo, ma sembra che questa parte della storia a Guè non interessi minimamente, che desideri stiracchiare questo atteggiamento da gangster di plastica sedicenne all’infinito. Per cui “Madreperla” suona a tratti addirittura esaltante, ma a strapparsi i capelli alla fine dei giochi possono essere solo quelli affezionati a quella narrazione flex (che personalmente troviamo appassionante quanto la serie B del campionato norvegese di “Indovina Chi?”), al rap inteso come icona stilistica legata anche ad una certa tamarraggine di fondo, che Guè in questo senso rappresenta che difficilmente si potrebbe meglio; ma in quanto a contenuti gli spunti sono veramente pochi e, quando ci sono, piuttosto miseri. Contento lui.
Fulminacci – “Tutto inutile”
Magari ci ripeteremo, anzi, certamente ciò che state per leggere lo abbiamo già scritto, ma se il fenomeno si ripresenta esattamente con le stesse fattezze, esattamente gli stessi connotati, non possiamo raccontarlo diversamente solo per sfizio. Il fenomeno in questione è Fulminacci, che non sbaglia mai un pezzo, se volete sfidare questa nostra convinzione cliccate play in modalità shuffle sul suo profilo Spotify e poi fatevi sentire. Ma perderete. Sicuro. Fulminacci, anche questo già detto, è l’unico cantautore di nuova generazione che fin da subito ci siamo sentiti di piazzare potenzialmente (ma anche subito, senza crucciarcisi troppo su) tra i grandi della storia del nostra musica; l’unico proveniente da quella famigerata scena “indie” che è riuscito a proporsi con una solida struttura di scrittura classica (evidentemente sulla scia di Daniele Silvestri, anche questo lo abbiamo già detto e ridetto) declinata meravigliosamente bene sul contemporaneo. “Tutto inutile” è un’analisi chirurgicamente perfetta sulla umana felicità, in fondo anche sulla nostra insopportabile piccolezza, concedendosi, come al solito, già scritto, lampi di ironia illuminanti.
Lo Stato Sociale feat. Vasco Brondi – “Fottuti per sempre”
Una confessione talmente autentica che ci fa pensare che ci sia un piano, concettuale, non di marketing, preciso dietro la proposta proprio di questo brano come primo di questa nuova avventura de Lo Stato Sociale, il loro nuovo disco. Si buttano le carte in tavola, si alzano le braccia, non senza sofferenza, si ammette che la rivoluzione indie, della quale i ragazzi de Lo Stato Sociale sono stati assoluti protagonisti sotto diversi punti di vista, si è andata ad infrangere contro i meccanismi di un mondo, quello del mainstream, troppo più grande, troppo più forte, dal quale devi lasciarti inglobare se vuoi che la tua passione diventi un lavoro o, se vogliamo metterla più sul sentimentale, che ciò che hai da dire sia ascoltato da più gente possibile, che in fondo tutti sono convinti che ciò che si ha da dire sia fondamentale per il prossimo, nella maggior parte dei casi a sproposito. Ma questo non è un problema de Lo Stato Sociale, che è il progetto discografico più impegnato politicamente (ma ci riferiamo agli intenti più alti, anche purtroppo eterei, della politica naturalmente) del panorama italiano, che sono ragazzi che ci provano intensamente a dire qualcosa, che, anzi, non fanno uscire niente che non rappresenti un pensiero di fondo ben preciso, che sia personale, come in questo caso, o generazionale; questa è la loro forza. “Fottuti per sempre” ha una forte componente malinconica, ma non perché fa tornare in mente una parentesi musicale felice, ormai definitivamente chiusa, ma perché si ammette una sconfitta, si ammette di essere scesi in campo con la spregiudicatezza di chi voleva dargliele di santa ragione a Golia, il gigante discografico che dopo aver preso un paio di sberle, invece di rispondere ha messo mano al portafogli acquistando Davide e tutta la sua tifoseria. Noi preferiamo pensare che sia quasi commovente, a triplice fischio avvenuto, che si racconti con onestà e pubblicamente ciò che è successo, senza indorare la pillola. Più ermetico l’intervento di Vasco Brondi, che tenta, con un insert parlato, di buttarla sulla poesia, dandosi ragione alla fine, ma da solo e non si capisce bene nemmeno su cosa.
Rose Villain feat. Salmo – “Lamette”
Ballad rap intensa, un botta e risposta intimo tra due delle voci più autentiche della scena italiana. “Lamette” taglia, è articolata e complessa, in fondo racconta quella tormentante confusione legata all’amore, ai rapporti umani, a ciò che siamo inevitabilmente costretti a scoprire di noi quando abbiamo a che fare con gli altri. Gran bel pezzo.
Bnkr44 – “Per non sentire la noia”
Un brano macchinoso, che scorre liscio solo sulla cassa dritta del ritornello, un brano che ha evidentemente l’intento di dire qualcosa ma quel qualcosa è sotterrato da un’iper produzione che un po' confonde. Insomma si, ma anche no.
Shade – “Pendolari”
Il brano si apre con un “Mi sento un coglione se canto lo sai”…sapesse chi deve ascoltarlo per lavoro. Scherzi a parte, il rapper torinese si lancia in una serie di barre fortemente poppizzate che, seppur con amorosi intenti, in linea di massima si disperdono come vapore e non portano a niente e da nessuna parte.
Gianni Bismark – “Panni sporchi”
L’incontro tra Gianni Bismark e Frenetik&Orange è più che felice, questa loro visione aperta e stralunata della musica permette al rapper romano, uno dei più bravi della scena, capitolina e non, di sfondare orizzonti sul suonato che rinfrescano la sua penna già molto incisiva. “Panni sporchi” la ascolti la prima volta e avanza verso di te dalle casse come un ubriaco barcollante che quasi ti intimorisce, perché sei un komunista ma in fondo ti fa paura tutto, ma poi al secondo ascolto ti si piazza davanti, ti sorride e ti regala una carezza. Bravissimo. Bravissimi.
Wax – “Ballerine e guantoni”
Fossimo capaci di descrivere la bruttura assoluta di questo brano probabilmente invece che recensioni avremmo firmato best-seller, ma non una roba tipo “Harry Potter”, di più, una cosa tipo la Bibbia.
NDG – “Perdonami”
Ok, ma non fare uscire più niente, promesso?
Gio Montana – “L’ultima volta”
L’ex “Amici di Maria De Filippi” ha spiegato che “L’ultima volta” racconta una storia d’amore un po' movimentata, probabilmente con l’autotune. Sarebbe bello pensare che si tratti invece di una promessa, tipo “è l’ultima volta che mi sentirete, giuro, dico ‘sta cosa e poi sto zitto”, ma la vita ci ha già illusi troppe volte per crederci.
Leo Pari – “Roma Est”
Brano estremamente intenso, particolarmente notturno, il migliore forse in assoluto di Leo Pari, che è un autore che ha dalla sua talento e mestiere. “Roma Est”, in maniera cruda e sincera, in qualche modo salta la narrazione di ciò che accade per andare a raccontare più le sensazioni che ne derivano, non si ferma sull’Alzheimer, per esempio, ma ci disegna finemente i ritratti dell’amarezza che inevitabilmente diventa un suono di sottofondo fisso. Leo Pari si affaccia sulla propria città e ci racconta i pensieri di chi si rende conto della profonda inutilità che domina le nostre piccole vite, passate all’inseguimento del superfluo, quel momento in cui le spalle si fanno pesanti e ti accorgi che la vita, di fatto, è quel malessere, e ti manca l’energia per affrontarlo, per digerirlo, per dormirci su come se niente fosse. Bravo. Davvero.
Musica Nuda – “Guardami”
Un puro colpo di tacco, un gesto musicale estremamente armonico e raffinato. Un testo, firmato anche da sua maestà Frankie hi-nrg, che rimastica l’epica del retrò, una scelta praticamente rivoluzionaria considerato il mercato odierno, ma in fondo in questi vent’anni Petra Magoni e Ferruccio Spinetti rivoluzionari lo sono stati davvero, arredandosi con gusto la propria nicchia musicale. Musica Nuda, è sempre un piacere.
Livio Cori – “Solidago”
Il migliore EP della carriera di Livio Cori, un passo dentro se stesso che gli permette di arrivare più forte dentro di noi. Cinque brani nei quali chiunque può specchiarsi perché raccontano una malinconia comune a tutti noi. Continua così.
Samia – “Mama”
Samia è una delle voci femminili con più respiro internazionale, questo soul che ti strizza il cuore è ipnotizzante, coinvolgente, passionale e molto, molto, cool. Categoria: imperdibile.
Angelina Mango – “Voglia di vivere”
Pop da una botta e via con l’alta rotazione radiofonica, davvero niente di che, tutto già sentito con contorno di qualche guizzo qua e là in termini di vendibilità; ma nel suo contesto risulta gigante come “Sabbie mobili” di Prévert al campionato regionale abruzzese di rutti.
Tommy Dali – “Finisce bene”
Prodotto che sembra uscito fuori da una fabbrica di sangiovanni; vocali pronunciate come un calciatore brasiliano sbronzo alle prese con pubalgia e saudade, contenuti elementari e sound messo in piedi per fregare più gente possibile. La musica è una cosa, la tv è un’altra.
Niveo – “Sui sedili della metro”
Un brano che si poggia su una buona interpretazione, nel senso che l’idea di variare toni e intenzioni perlomeno è un’idea; per il resto, fondamentalmente, se abbiamo Giuse The Lizia di Niveo non ce ne facciamo granché.
Deddy – “Casa gigante”
Straziante brano di Deddy che canta l’assenza di qualcuno dentro una casa, appunto, gigante, che condivideva con lui. Tipo “Mille giorni di te e di me”, ma senza Baglioni, senza un bel testo, senza quella malinconia così autentica da essere percepita quasi come oscena. Ecco, immaginatevi “Mille giorni di te e di me” di Baglioni ma tutta al contrario, l’esatto contrario di un capolavoro, un capolavoro al rovescio, il tema di “Mille giorni di te e di me” ma devastato da un pop talmente stantio da risultare quasi provocante; cioè una canzone talmente brutta che sembra scritta apposta per dare fastidio, a noi nello specifico.
Chiara Grispo – “Cassiopea”
Brano sfuggente, nel senso che tu lo ascolti e la noia che ti pervade è talmente consistente che il pensiero sfugge, scappa altrove, si libra nell’aria disperato lasciando il tuo corpo privo di anima, seduto qui, su questa sedia, con le cuffione in testa e una strana malinconia che ti spinge a chiederti cosa ne stai facendo della tua vita e perché.
Piccolo G – “Acquario”
“Amici di Maria De Filippi” crea, nella stragrandissima maggioranza dei casi, artisti che non conoscono alcuna urgenza artistica, non artisti, con un pubblico ignorante che li crede artisti salvo poi dimenticarsene un attimo dopo, perché agli ignoranti dell’arte non frega niente; per due spiccioli di intrattenimento sarebbero disposti a considerare arte pure una pernacchia. Per opporsi a questo triste destino serve un gran colpo di fortuna, che la fortuna, se vuole, quando vuole, può risolvere più o meno tutto, vedi l’impresentabile sangiovanni, proprio a proposito di “Amici di Maria De Filippi”; oppure qualcosa in più, ma molto molto di più. Questo cafonal pop, così insipido, così all’affannosa ed evidente rincorsa di ciò che va, totalmente privo di anima, non ha alcun senso né alcun futuro.
Blue Virus feat. MadMan – “Tema libero”
Due bravi rapper impegnati in un esercizio di stile elettrizzante, che ti prende dalla prima all’ultima barra. Blue Virus e MadMan giocano, si intrecciano, in questo rap che vive di parole che battono il tempo sulle loro labbra e ti fanno far si con la testa.
Aaron – “Baciami e ballami”
Damiano dei Maneskin che canta una versione pop commerciale orrenda, denudata di qualsiasi epica rock e narrativa ironica, di “Bambolina e Barracuda” di Ligabue. A questo ci siamo ridotti.
Federica_ - “26 modi”
Presi dall’immobilismo di questo pop televisivo, come in un incubo le parole della canzone si manifestano nella stanza come fantasmi. “Non dirmi che sono qualcosa se non sono niente” canta Federica_ all’inizio del brano, e noi: “Guarda, non era davvero mia intenzione, se vuoi sono disposto pure ad investire nell’affitto di uno di quegli aeroplani ai quali si legano degli enormi striscioni, affinchè il messaggio sia immediato ed inequivocabile. No, davvero, pago io, ci tengo proprio”. “Ho ventisei modi per non ritrovarti” canta poi alla fine, “Io se mi impegno dieci minuti ne trovo almeno 135473” rispondiamo sicuri. Poi mi sveglio, la canzone è finita, sono sudato, tremo, ma il mondo è un posto migliore.
I Botanici – “Stasi”/ “Un posto bellissimo”
Rock schitarrato e di concetto che si nutre della liberazione di chi ascolta, che vive nel cuore di chi ne ha bisogno, tra le nocche di chi non ce la fa più e desidera prendere a pugni l’asfalto, buttarla giù dura. I Botanici con “Stasi” e “Un posto bellissimo” ci riportano alla musica seria, il tesoro alla fine dell’underground, una scossa della quale la discografia italiana, abbiamo l’impressione, abbia estremamente bisogno.
Piazzabologna feat. Serendipity – “Roma-Malpensa”
Nostalgia in salsa teen, intrigante, messa in musica con senno da due realtà davvero interessanti del panorama pop sotterraneo, che spesso ci regala attimi di pura soddisfazione. Come questa “Roma-Malpensa” che si beve serenamente e ci riporta ad una modalità di pensiero e analisi della realtà alla quale, dannato tempo che passa, ci stiamo disabituando. Bravi.
Nico Arezzo feat. Emma Nolde – “Spazzolino”
Cantautorato impegnato, complesso nella costruzione, nella narrazione, nell’ideazione; a dispetto di una musica che chiede qualcosa di del tutto diverso, Nico Arezzo ed Emma Nolde tirano fuori una perla semplice ed incisiva. Musica fatta per la musica. Questa è musica.
Sem&Stènn – “Eroi”
Sem&Stènn hanno un’idea di musica ben precisa, puntano su provocazione, ironia e produzioni che ti strangolano spudoratamente. L’EP “Eroi” vi aiuterà a buttare fuori tutto, lo ballerete felici e sconfitti, senza forza, per inerzia della vita. E vi piacerà un sacco.
Liede – “Testacoda”
Cantautorato elettronico portato a casa con gusto, con artigianalità, con onestà. Il futuro non potrà che sorridere a Liede, che scrive versi che sembrano nasconderne altri mille e che propone brani come “Sogni randagi”, confezionato con il supporto di Samuel dei Subsonica, e che risulta talmente immaginifico da essere percepito come se fosse la colonna sonora di un film che non abbiamo visto e che, attraverso questo brano, conosciamo ugualmente a memoria, battuta dopo battuta. Non un solo pezzo sbagliato in questo “Testacoda”, un respiro musicale futurista, un labirinto di suoni e parole del quale non vorresti mai trovare l’uscita. Eccellente.
Luna – “ABC”
Rap in cassa dritta dell’ex concorrente di “X Factor”, persa di vista negli ultimi anni e tornata con questo pezzo, ottimamente prodotto dal maestro Big Fish, divertente ma al quale difficilmente credi. È come se questa “ABC” fosse il risultato di una riunione strategica: “Ok, usciamo con quell’immagine lì, con quel genere lì, con quel sound lì, diciamo quelle cose lì…tipo bitch, shit, quella roba, capito? Su, dai, a lavoro che finiamo in top ten!”. Poi il suono del pezzo riempie la stanza, la canzone suona benissimo, è chiaro, ma poi non resta granché.
Qualunque – “Angelica”
Un brano che è un cortometraggio, ogni verso un’inquadratura in soggettiva, Qualunque dinanzi Angelica, che è una donna ma potrebbe anche non esserlo, potrebbe essere la manifestazione di quella serenità quasi dolorosa, quella che ti avvolge al primo sorso di una tisana, mentre guardi il gatto e ne invidi la semplicità della vita. E pensi che in fondo forse sarebbe anche meglio avere una vita più breve e più elementare, basarsi solo su ciò che ci rende davvero degni di questo mondo. Il tutto raccontato con una lucidità ed una fluidità disarmante, ascolti e ti vien voglia di pensare, “Angelica” è un pezzo che in qualche modo ti accende quella parte di te che tutti vorrebbero spenta.