AGI - R. Kelly, star del panorama R&B americano, è stato condannato a 30 anni di prigione per abusi e sfruttamento sessuale. La sentenza è stata resa nota in un tribunale di Brooklyn quasi un anno dopo che il cantante, famoso soprattutto per la canzone 'I believe I can fly" del 1996, era stato riconosciuto colpevole di aver guidato per oltre vent'anni un'organizzazione criminale a Chicago che reclutava le donne, giovani afroamericane anche minorenni, per sottoporle ad abusi sessuali e psicologici.
Il processo è durato sei settimane e decine di persone hanno testimoniato contro di lui. Sono state presentate centinaia di prove, scritte, videoregistrate e audioregistrate degli abusi a cui l'imputato, con l'aiuto dei suoi dipendenti e collaboratori, sottoponeva le sue vittime.
Il cantante, famoso soprattutto negli anni '90 e il cui nome completo è Robert Sylvester Kelly, ha dovuto anche ascoltare le testimonianze di sette donne, molte delle quali in lacrime, che hanno ricordato la sofferenza e le conseguenze degli abusi a cui erano state sottoposte. Una di loro, Lizzette Martinez, 45 anni, ha raccontato che ancora combatte con i suoi problemi mentali; Angela ha detto R.Kelly usava la sua fama e il suo potere per "ingannare e addestrare ragazzi e ragazze minorenni per la propria gratificazione sessuale".
Le donne hanno descritto una celebrità carismatica sul palco che prendeva spesso di mira le giovani vittime che assistevano ai suoi concerti, a volte aggredendole sessualmente dietro le quinte pochi minuti dopo l'evento.
Poche ore prima della seduta odierna, il giudice federale che ha presieduto il processo, Ann Donnely, ha respinto un'ultima mozione della difesa dell'imputato che chiedeva l'assoluzione del cantante o magari un nuovo processo. Nella sentenza, la giudice ha insistito sul fatto che le persone dovrebbero essere protette da comportamenti come quello dell'ex star. I pubblici ministeri avevano chiesto al giudice una condanna a più di 25 anni e una multa compresa tra i 50mila e i 250mila dollari.
La difesa aveva invece chiamato in causa "l'infanzia traumatica" dell'imputato e il fatto che anche lui avesse alle spalle "una storia di abusi sessuali da parte di familiari e non". Le testimonianze hanno anche rivelato abusi prolungati da parte di Kelly nei confronti dei suoi partner, che picchiava, controllava come si vestivano, se potevano andare a mangiare o in bagno, e costringeva a chiamarlo "papà". Inoltre, si è scoperto che R. Kelly utilizzava un'intera rete di dipendenti per aiutarlo a irretire le ragazze, isolarle e intimidirle.