AGI - La quarta del Festival di Sanremo, come da tradizione, è la serata delle cover o, come la chiamano gli spettatori “L’unica sera che cantano belle canzoni”. Ad accompagnare un Amadeus vestito come il Divino Otelma, Maria Chiara Giannetta, un'attrice. Ad un certo punto la ragazza, insieme a tale Lastrico, che di mestiere, a quanto ci dicono, fa ridere, fingono una litigata tra amanti fatta di versi di brani di canzoni particolarmente famose, un’idea vecchia perfino per la RAI.
In un’altra uscita sul palco racconta le storie di alcune ragazze non vedenti che l’hanno aiutata per interpretare il personaggio di una fiction della cui esistenza naturalmente ignoravamo; un monologo forzaton e smielato, parere personale, naturalmente. Attimi di imbarazzo quando una delle ragazze non vedenti nell’uscire, gentilissima, ringrazia la Giannetta perché bravissima ad interpretare una persona affetta dallo stesso handicap.
Nota allegra: torna all’Ariston con Le Vibrazioni il maestro Beppe Vessicchio, fino a ieri positivo al Covid; “è straordinario che tu sia qui – lo accoglie festoso Amadeus – però stammi lontano, non si sa mai”.
Ad un certo punto arriva il momento di Jovanotti, e visto che ci ha già fatto ballare con Gianni Morandi, fa tutto ciò che non ti aspetti da lui: recita una poesia, canta “Che sarà”, manca solo che organizza una gara di limbo e i mondiali di scioglilingua. Mentre si sfoga in un monologo hippie degno di un Hare Krishna, Amadeus, seduto in un banchetto di scuola, fa un disegno e ammette di essere daltonico. Ah…ora capiamo le giacche. È anche la serata di Lino Guanciale, chiaramente in promozione di una fiction dal titolo “Sopravvissuti”, un thriller che racconta e intreccia le storie di alcuni spettatori del Festival.
La singola serata delle cover la vincono Jovanotti e Gianni Morandi, che quando Amadeus, alle 01:30 gli chiede di ricantare il medley, allarga le braccia sconsolato come uno che non ne può più, “Non so se ce la faccio” accenna stancamente, ma Jovanotti accetta al volo entusiasta ed energico come un adolescente al quale è stato appena regalato Cristiano Ronaldo. Non riesce a sillabare bene le parole delle canzoni, stona, non tiene il tempo…ah no, quello è Jovanotti.
La classifica aggiornata con i voti di questa sera non cambia granché, ancora primi Mahmood e BLANCO, Gianni Morandi scavalca Elisa e la partita dunque, ormai sembra sempre più scontato, si giocherà al televoto domani tra questi tre.
A voler azzardare un’analisi del resto della chart, anche se conta poco, così, per gioco, notiamo Tanani ingiustamente ultimo, Highsnob e Hu e Yuman ancora troppo in basso, Giovanni Truppi che purtroppo possiamo constatare ufficialmente non sia stato capito dal largo pubblico (che non sa quello che si perde e si merita per sempre cantanti mascherati o vecchietti, quelli veri non gli piacciono).
E poi ancora, Ditonellapiaga e Rettore perdono posizioni e La Rappresentante di Lista che non va oltre il settimo posto. Dalle nostre parti in questi casi si utilizza un’espressione geniale, illuminante, come solo i dialetti sanno essere: “E vuliumu vinciri a guerra!”, che tradotto viene: “E volevamo vincere la guerra!”.
Noemi - "(You Make Me Feel Like) A Natural Woman" di Aretha Franklin – Voto 7:
Noemi in versione Jessica Rabbit esegue una cover rispettosa, giustamente riportata in forma intimista, con una prima parte pianoforte e voce eseguita in maniera pulita, senza insistere sulle tonalità black della sua voce, perlomeno finchè non entra l’orchestra che fa esplodere il pezzo. Sul finale forse qualche barocchismo di troppo, utile forse per ricordare a quei pochi che se lo sono dimenticati, che Noemi ha una voce magnifica. Impressionata anche Iva Zanicchi, che commenta: “Brava Noemi, canti come una neg…a!”, le capite subito le battute, vero?
;
Giovanni Truppi con Vinicio Capossela e Mauro Pagani - "Nella mia ora di libertà" di Fabrizio De Andrè – Voto 10
Fuori categoria. Altro sport. Un momento che ti riporta alla musica vera, una roba da lasciarti tremante. Truppi e Capossela parlano lo stesso linguaggio, insieme le loro già chiare e visionarie intenzioni, esplodono. Tra tutti i brani di De André che Truppi poteva scegliere, ce ne sono almeno 20 decisamente più nazional popolari, più ammiccanti al largo pubblico, che più stimolano al canticchiarci sopra. Invece l’impressione è proprio che la volontà fosse quella di cantare all’Ariston “Per quanto voi vi crediate assolti/Siete per sempre coinvolti”.
Yuman con Rita Marcotulli - “My Way” di Frank Sinatra – Voto 8
Dominare un brano del genere, così complesso ma soprattutto così evocativo, è un’impresa. Yuman sembra quasi accorgersene proprio dopo i primi secondi, poi evidentemente si ricorda di avere i numeri per farcela, forte di una voce assolutamente strepitosa. E allora si scioglie, se la gode, la cavalca e la porta a casa facendo una gran bella figura.
Le Vibrazioni con Sophie and the Giants e Peppe Vessicchio - "Live and let die" di Paul McCartney – Voto 9
Ecco, lo sapevamo, Le Vibrazioni spaccano quando hanno il brano. Stasera tra l’altro hanno uno dei più bei brani di uno dei più grandi musicisti di sempre, e allora, decisamente, si può solo stare zitti e applaudire. Tutto quadra perfettamente, anche il supporto di Sophie dei Sophie and The Giants, il Pokemon del pop europeo.
Sangiovanni con Fiorella Mannoia - "A muso duro" di Pierangelo Bertoli – Voto 5
Sangiovanni si presenta sul palco vestito come un lavapiatti, o forse è un nostro personalissimo flash forward. La scelta di Fiorella Mannoia è inversamente proporzionale alla scelta del brano, troppo significativo per un ragazzo che ha rilasciato sul mercato una decina (scarsa) di canzoni (scarse).
Emma con Francesca Michielin - “Baby one more time” di Britney Spears – Voto 5,5
Francesca Michielin l’anno scorso ha cantato a Sanremo con Fedez, quest’anno con Emma, se il trend prosegue nel 2023 gli toccano Paola e Chiara. Uno dei duetti più attesi delude, la nostra anima trash sperava in un arrangiamento più spinto, più “balliamocela alla faccia della vecchiaia”, più smaccatamente pop; invece i momenti ironici, che sono stati appena appena accennati, in maniera più teatralmente accentuata da parte di Emma, vistosamente più imbarazzata da parte della Michielin, si alternavano ad una visione intimista. Il tutto non finiva né da un lato né dall’altro. Ci aspettavamo di ridercela, ballarcela, avevamo messo da parte il tavolino del salotto, pronti a scatenarci. Invece il brano non brilla mai. Spiace.
Gianni Morandi con Jovanotti - "Medley" – Voto 7,5
I due artisti più think positive della scena musicale italiana, forse mondiale, forse intergalattica, se la spassano in una versione di alcuni loro successi divertente, riuscita, anche quando sfiora l’effetto karaoke, un’esplosione di colori e di allegria alle volte quasi irritante; ma è il nostro cinismo che parla.
;
Elisa - "What a feeling" di Irene Cara – Voto 6
Forse non la migliore delle scelte per mostrare un lato più giocoso, movimentato, giovine. Anche perché fare la giovine con un brano colonna sonora di un film che è uscito quando Sangiovanni, Matteo Romano e BLANCO non erano nemmeno nelle intenzioni dei loro genitori, dato il contesto attuale, sembra perlomeno azzardato. La coreografia di Elena D'Amario, alla quale sul finale si è provato a dare una goffa giustificazione scenica, non aggiunge nulla, anzi, forse il contrario. Peccato.
Achille Lauro con Loredana Bertè - "Sei bellissima" di Loredana Bertè – Voto 8,5
Il David Bowie del suo condominio e Loredana Bertè, interpretata da Lino Banfi, azzeccano ogni cosa. Finalmente, addomesticato da un brano che lo porta fuori da quella fortezza di egocentrismo, Achille Lauro appare davvero come un bad boy; il suo personaggio finalmente nel contesto giusto tira fuori uno straccio di concetto artistico. La Bertè dinanzi ai propri vecchi successi è sempre magnifica, nonostante le bizzarrie, la più donna tra le donne, le contiene tutte dentro la stessa nostalgia. Bravi.
Matteo Romano con Malika Ayane - "Your song" di Elton John – Voto 7
Tutto molto gradevole, e non solo perché Malika Ayane è incantevole, elegante, magnifica; ma anche perché il giovane Matteo sceglie un pezzo nelle proprie corde e riesce ad interpretarlo senza risultare ruffiano.
Irama con Gianluca Grignani - "La mia storia tra le dita" di Gianluca Grignani – Voto 10
Quando a inizio esibizione Gianluca Grignani non è sul palco, ammettiamolo, tutti abbiamo il sospetto che non arriverà mai; ma ad un certo punto dalle scale ecco scapicollare una versione sbronza e grassoccia di Johnny Deep, ma invece no, è Gianluca, è lì, c’è, esiste, magnifico. Un’esibizione surreale, in pochi minuti si sviluppa un romanzo, un’epopea, una leggenda, Grignani regge mezza strofa prima di cominciare ad abbracciare un’Irama visibilmente in difficoltà, ma consapevole, si vede, che sta partecipando ad un momento storico, per lui, per Amadeus, per il Festival e per tutti noi. Poi Irama non gli basta più, deve scendere tra il pubblico, baciare mani di signorotte impellicciate, abbracciare notai, correre da un lato all’altro del teatro, arrancando felice, fluttuando su una nuvola di euforia. In tutto ciò il pezzo va avanti, lui nel frattempo bofonchia dei versi, Irama assiste a tutto ciò provando a tenere in piedi la performance, e poi sul finale l’abbraccio e quel “Questo va avanti, ve lo dico io!”, schietto, onesto, come solo chi vive un’altra dimensione temporale sa essere. E poi, ancora, Amadeus gli porge il mazzo di fiori riservato a tutti gli ospiti, e Grignani lo scruta, si prende qualche secondo e poi accenna un sorriso e spara una battuta che nemmeno il più arguto degli sceneggiatori americani: “Hai paura a darmi i fiori, vero? Te lo leggo negli occhi”. Ed è vero, pazzesco, nessuno ci stava facendo caso, Amadeus è in totale difficoltà, come se un cane feroce gli stesse sbarrando la strada in corridoio per raggiungere il bagno e lui sta per esplodere. È timoroso, ride nervosamente, trema, vuole che quel momento finisca il prima possibile, vuole che l’ostacolo Grignani sparisca nell’obliò delle quinte. E così, purtroppo, è. Gianluca Grignani va via, regalandoci un momento che non dimenticheremo mai. Grazie. Davvero
Ditonellapiaga e Rettore - "Nessuno mi può giudicare" di Caterina Caselli – Voto 7,5
Le ragazze decidono di giocarsi la partita sulla semplice esecuzione del brano, che loro interpretano benissimo, soprattutto Ditonellapiaga, che risulta sempre accattivante, sensuale, ipnotica. Tutto fila liscio, c’è un po' mancato quel tocco di follia che intimamente ci aspettavamo da Rettore; ma concedersi un po' di sanissimo mestiere non è necessariamente un difetto.
Iva Zanicchi - "Canzone" di Don Backy e Detto Mariano nella versione di Milva – Voto 4,5
Anche la vostra tv durante l’esibizione ha rinunciato ai colori
Ana Mena con Rocco Hunt - Medley: "Il mondo di Jimmy Fontana, "Figli delle stelle" di Alan Sorrenti e "Se mi lasci non vale" di Julio Iglesias – Voto 4
Facciamo due conti: Amadeus, il medley ballabile con ragazza scosciata sul palco, il pubblico che balla…dev’essere Capodanno.
La Rappresentante di Lista con Cosmo, Margherita Vicario e Ginevra - "Be my baby" delle The Ronettes – Voto 9
Un’esibizione divertente, immediata, distopica, senza rinunciare al concetto, perché no, anche all’intellettualità. La Rappresentante di Lista affida il brano alle sonorità di Cosmo e Dario Mangiaracina, Margherita Vicario e Ginevra si prestano ad accompagnare nella solita magnifica performance di Veronica Lucchesi. Un dream team proveniente dal pianeta indie che dimostra il solco sempre più profondo tra il nuovo cantautorato, che si è fatto le ossa nei club, faccia a faccia con il proprio pubblico, smezzandosi birre, sudore, passione, idee; e quella robaccia televisiva, autoreferenziale, noiosissima. Wow. No, davvero. Wow.
Massimo Ranieri con Nek - "Anna verrà" di Pino Daniele – Voto 4
Tutto quello che tocca Massimo Ranieri diventa un pezzo di Massimo Ranieri; il che è una dote, ma non quando Massimo Ranieri canta Pino Daniele, e mette a “O’ Scarrafone” giacca e cravatta, denudandolo di quelle atmosfere blues, accarezzate come solo il nostro Pino sapeva fare. Non che serva fare dei paragoni eh, figuriamoci, ma è stata un’esibizione liscia liscia, se non ci stai attento; forse a farci attenzione il voto sarebbe potuto essere ancora più basso. La presenza di Nek è abbastanza fine a se stessa, Ranieri deve aver detto: “chiamiamo uno giovane, che so…Nek”.
Michele Bravi - "Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi" di Lucio Battisti – Voto 5,5
Michele Bravi canta con la sofferenza di un bambino rapito da uno psicopatico che ha passato gli ultimi dieci anni in una buca e che viene poi liberato solo per cantare e guadagnarsi un Twix per il compleanno. Si scherza, ma effettivamente il suo atteggiamento spesso ruba attenzione verso ciò che sta cantando.
Mahmood e Blanco - "Il cielo in una stanza" di Gino Paoli – Voto 9,5
Bravi, bravi, bravi. Proseguono in un approccio al festival estremamente umile, anche stavolta invece di tirare per le orecchie Gino Paoli nel proprio mondo, si avvicinano loro, utilizzando il minimalismo delle loro sonorità per tradurre quella sensazione di leggerezza spirituale de “Il cielo in una stanza”, scovando così l’anima del brano.
Rkomi con Calibro 35 - "Medley Vasco Rossi" – Voto 5
Per fare la storia al Festival di Sanremo a Vasco Rossi è bastato un gesto; Rkomi si canta questo medley, perfettamente confezionato dai magnifici Calibro 35, a petto nudo, sbattendosi in ogni modo pur di piacere, ma più che un omaggio a Vasco sembra un suo preconcerto, e Rkomi è lì che aspetta dalle 10 del mattino, ha guadagnato la prima fila e alle 16 è già ubriaco. Più sconvolgente Amadeus che per fare le flessioni con lui a fine esibizione si toglie la giacca. A proposito, che gag.
Aka 7even con Arisa - "Cambiare" di Alex Baroni – Voto 6,5
Non è che su un brano così bello e così definitivo ci si potesse inventare chissà che. Giustissimo giocarsela con Arisa, talmente brava da tenere su la canzone praticamente da sola, trascinandosi in leggiadria anche il giovane Aka 7even, che naturalmente viene mangiato, ma quando lo scorgiamo, lì sotto Arisa, ad essere sinceri non disturba. Bene.
Highsnob e Hu con Mr.Rain - "Mi sono innamorato di te" di Luigi Tenco – Voto 6
Buona l’idea, ma è mancato il mestiere, i limiti di Highsnob sul cantato sono venuti fuori in maniera abbastanza evidente; Hu, che è davvero molto brava, troppo timida, non riesce a imporre il suo timbro così etereo, cerca di incastrarlo sulle tonalità del rapper, lo cerca, quasi fisicamente, ma non lo trova mai. Peccato perché il taglio scelto per la cover è splendido, e il rappato dell’ospite a inizio e fine brano fa da cornice impreziosendo il tutto. A proposito, per chi non lo conoscesse, Mr. Rain è la versione astemia di Achille Lauro.
Dargen D'Amico - "La bambola" di Patty Pravo – Voto 7
Se dall’esibizione filtriamo “La bambola”, è una vera mina di pezzo. L’esigenza di far capire che si trattava di una cover frega Dargen D’Amico, che è costretto a cantare, che non è esattamente la specialità della casa. Ma quando parte il rap e viene fuori l’idea, e il pezzo esplode, l’impennata fa venire le vertigini. L’uscita di scena poi, con la battuta sulle elezioni, è proprio da king.
Giusy Ferreri con Andy dei Bluvertigo - "Io vivrò senza te" di Lucio Battisti – Voto 4,5
Canta malino una canzone già discretamente irripetibile; non c’è disperazione, manca quella forza, lo strappo, il dramma.
Fabrizio Moro - "Uomini soli" dei Pooh – Voto 5
Qualche giorno fa, proprio con noi di AGI, Fabrizio Moro ci ha detto di aver scelto questa canzone perché la cantava ai matrimoni e gli chiedevano sempre di fare il bis. Cosa non si inventano gli amici dello sposo per scherzo! Decide di rivedere il bellissimo pezzo dei Pooh piazzandoci un battito stile “Cuore matto” dall’inizio alla fine, che sarà anche l’ora e l’ennesimo vestito orrendo di Orietta Berti, ma un’ansia che manco al rigore di Baggio nel ’94.
Tananai con Rosa Chemical - "A far l'amore comincia tu" di Raffaella Carrà – Voto 7,5
Tananai continua a lanciarsi in imprese sconsiderate, portate avanti con una leggerezza grottesca, sale sul palco e se la spassa in scioltezza come un ragazzo della terza C al baretto. La sola idea di stravolgere "A far l'amore comincia tu" è folle, perché è un brano dal carattere ben deciso, se vai fuori dai binari non cambi strada, semplicemente deragli. Invece Tananai, in versione ragazzaccio, accompagnato da Rosa Chemical, si prodiga in un’odissea di allusioni, studiandosi un arrangiamento minimal, di gusto, notturno, vagamente da club. Bravissimi.