AGI - Il Covid; la capacità di raccontare storie per farci tornare autorevoli nel mondo; la bellezza e i ricordi. Enrico Vanzina, un nome che vale oltre 40 anni di storia del cinema italiano, la chiama "meravigliosa chiacchierata" quella con l'AGI, perché la cornice è il belvedere mozzafiato di Villa Rufolo a Ravello, tappa di un suo tour nella costa di Amalfi alla ricerca di location per ciak. Ma le sue risposte alle domande del cronista diventano esse stesse narrazione e viaggio.
"Vivremo per anni con l'eredità della pandemia - dice pacato - dobbiamo fare i conti con questo che è successo, esattamente come il cinema americano è stato condizionato a lungo dalla ferita della guerra del Vietnam. Le nostre storie saranno senza mascherina, ma il ricordo e l'alone del Covid peserà a lungo nel cinema mondiale".
La salute di quello italiano? "Non siamo conosciuti all'estero per tutte le commedie fatte negli ultimi anni che è quel cinema che racconta meglio la realtà - osserva il regista e scrittore - siamo ancora famosi nel mondo, soprattutto nei festival, perché ci sono tanti ragazzi che fanno dei film un po', come dire, di neorealismo a 50 anni di distanza. Che non è tanto veritiero sull'Italia, perché ne fanno vedere una solo di camorra, degrado, periferie e rom. Un cinema di denuncia neorealista che secondo me è ben fatto con buoni attori. Ma siamo ancora forti quando abbiamo autori come Matteo Garrone o Paolo Sorrentino, gente che usa molto la fantasia. Il cinema italiano tornerà forte quando si tornerà a fare un cinema di racconto, come quello che facevano Visconti, Germi o Monicelli. Quello di denuncia, documentario non ci porterà molto lontano".
Sulle tracce dei ricordi
A questo punto la chiacchierata "in un pomeriggio di pre estate in uno dei posti più belli del mondo, il più rilassante del mondo, lontano dalla pazza folla", per dirla come la dice lui, lo porta poi sulle tracce dei ricordi personali. "In zona, non proprio a Ravello ma a Torre Vettica, ho trascorso 8 o 9 vacanze della mia adolescenza perché mio padre, Steno, era amico di Carlo Ponti che qui aveva una villa bellissima".
Momenti "formidabili" in quelle estati, con testimonianze in pellicola, dato che "mio padre girò un film di pirati con protagonisti Carlo Vanzina, Enrico Vanzina, Guendalina Ponti, Alex Ponti e altri. Uno a 16 millimetri che noi abbiamo".
La torre saracena
Nella villa, "reperto di un mondo di fine anni '50" che ha ospitato anche un film di Roman Polanski e un soggiorno di Jackie Kennedy, "c'è una torre saracena. Sono molto legato a questa villa. Diventato più grande, all'età di 26 anni, mentre giravo un film come aiuto regista, conosco una signora tedesca giovane e decidiamo di fare la nostra prima vacanza insieme e andiamo a farla lì. E' scoppiato un grande amore e siamo ancora sposati ed è lì che le ho detto se mi voleva sposare. Anche se ci siamo sposati 20 anni dopo". Vanzina sintetizza così la storia del suo lungo rapporto sentimentale poco sotto i riflettori con Federica Burger.
"La sera c'era un night sotto la spiaggia dove suonavano jazz e iniziavano con 'Take five' di Dave Brubeck. Sono pianista, ma quella canzone è in cinque quarti, un tempo particolare, difficile da eseguire. Quando sono tornato a Roma ci ho messo un mese, ma alla fine la suonavo...qui ho legami fortissimi e ora forse si farà un film da queste parti. Una commedia romantica. Ravello, Capri, Ischia, Amalfi, Positano... questo angolo di mondo per me è un luogo nato perché Dio quel giorno era di buon umore. Luoghi dell'anima. Inutile per noi italiani inseguire i Caraibi o la Papuasia, abbiamo tutto qui".