L a partecipazione al festival del 2003 orma è alle spalle da un pezzo, Pau, il cantante dei Negrita, lo ha detto chiaramente in conferenza stampa. Farlo oggi, dopo molti anni, con una consapevolezza maggiore, diversa, sarà tutt’altra cosa. Quello di quest’anno suona davvero come un esordio per la band di Arezzo, e sarà un esordio che il festival di Baglioni potrà vantare. Il nuovo battesimo di una realtà musicale riuscita miracolosamente a restare al centro della scena alternativa nonostante gli innumerevoli trampolini di lancio con i quali poteva spiccare il volo. Basta citare Mama maé, Hollywood, Magnolia, Rotolando verso Sud, Radio Conga, Gioia Infinita e molti altri successi.
E allora perché proprio questo Sanremo?
“Perché è il Sanremo giusto al momento giusto. L’edizione dell’anno scorso è stata bella, secondo noi dovuto al fatto che Baglioni è un collega. La realtà dei fatti è che ci avevano già chiamato sia Carlo Conti sia lo stesso Baglioni l’anno scorso. L’anno scorso eravamo in pieno lavoro per il disco, il tour, etc…quindi abbiamo declinato, poi abbiamo visto l’edizione di Baglioni, abbiamo capito che forse c’era un vento che spirava un po' più verso la musica, quindi anche la qualità, non solo l’aspetto televisivo o spettacolare, nazional-popolare, e devo dire che abbiamo scelto di venire a Sanremo nel momento giusto, avevamo dei pezzi nuovi nati, senza volerlo, già con arrangiamenti di archi quindi ci siamo detti che fosse logico”.
Anche perché è un festival diverso, no?
“Il festival solitamente non è dedicato a band come noi, ma credo che un gruppo come noi si meriti un po' di riflettori televisivi, poi mi sta anche sul cazzo che vengano presi sempre quelli che vengono fuori dai talent e noi che facciamo musica da 25 anni, ci sacrifichiamo, ci nascondiamo nell’underground, volevamo un po' di esposizione e ce la siamo presa”.
I Negrita rappresenteranno l’anello di congiunzione proprio tra il mondo underground e il mainstream del festival…
“Avere gli Zen Circus su questo palco, insieme ai Negrita, insieme a Motta, a Daniele Silvestri, Ghemon, Achille Lauro, Cristicchi…cioè, gente da festival, quindi il fatto di avere questo tipo di proposta artistica va sottolineato”.
Un festival che è arrivato tardi secondo voi per quanto riguarda il riconoscimento di una realtà musicale alternativa?
“Si, è un po' arrivato tardi. Ha sempre badato ad altre cose, puntando sui cavalli sicuri televisivi e raramente rappresentava la trasversalità della musica italiana, questa volta invece c’è questo rigurgito di coraggio e ci fa molto piacere”.
E nonostante i 25 anni di esperienza quel palco crea una certa emozione?
“Siamo carichi più che emozionati. L’unica aggravante è che suoniamo solo un pezzo”.