AGI - Richie Cunningham non era il più bello, il più muscoloso o quello che quando passava lasciava il segno, almeno in Happy Days. Il segno lo ha lasciato nei cuori di chi lo guardava a cena, alla fine degli anni '70, da quei televisori sgangherati che ti dovevi alzare per cambiare canale". Lo dice all'AGI Daniele Cobianchi autore dell'Ep Richie Cunningham, suo progetto discografico che fa riferimento al personaggio protagonista della serie cult "Happy Days", interpretato dal regista e sceneggiatore premio Oscar Ron Howard, allora ventenne. Una serie che divenne un vero e proprio manifesto generazionale. La sitcom "Happy Days", quest'anno celebra i 50 anni dalla prima puntata andata in onda negli Stati Uniti nel 1974 e narra le vicende di una famiglia borghese americana degli anni '50 e '60. Fra i protagonisti c'è proprio Richie, il classico bravo ragazzo, il cui contraltare è l'amico apparentemente più ribelle e smaliziato, Fonzie.
Quelli in cui veniva trasmesso Happy Days, secondo Cobianchi, erano "anni difficili certo, ma che non avevano precluso a nessuno la possibilità e la voglia di sognare. Oggi non si sogna più - afferma - o, meglio, i sogni sono piccoli e a breve scadenza e, anche se abbiamo telecomandi, tablet e telefoni che sembrano arrivare da Marte, alla fine, i nostri "Days" non sono cosi' "Happy." Di Richie, a Daniele Cobianchi piaceva "la semplicità, la goffaggine, quando provava a fare il figo e non gli veniva; insomma, era uno di noi, ci rappresentava e ci rassicurava. Richie Cunningham ci ha insegnato a sognare. Se lo trasportassimo ai giorni di oggi, sarebbe un tipo invisibile, senza like, uno che non riesce a fare una story su Instagram che l'algoritmo premierebbe con la viralità. Ma quanto manca ai ragazzi di oggi un fratello maggiore così"
Anticipato dal brano omonimo, Richie Cunningham è uscito all'inizio dell'estate. Testi e musica dell'Ep sono di Daniele Cobianchi. Il brano, attraverso il suo sound pop coinvolgente racconta perché "ero anch'io Richie Cunningham" e con le parole di questo ritornello diventa un inno capace di rieditare un concetto di felicità che sembra sfumato e inafferrabile nell'era digitale, in cui spesso impera la necessità dell'approvazione degli altri, l'individualismo, l'ostentazione e il diktat di non essere invisibili. Eppure, si poteva essere felici ai tempi di Richie Cunningham: "Le gare in discesa, i ghiaccioli, i palloni nei cortili - ricorda Cobianchi - i pomeriggi con le bici, la ritualità di una cena tutti insieme, l'attesa di una telefonata dal telefono fisso, un'idea potente di futuro davanti. Nessuna nostalgia delle cose, ma dei sentimenti sì". Negli ultimi tempi, nella musica si assiste all'ascolto da parte dei giovani, di pezzi e brani celebri negli anni 80 e 70 rivisti in chiave contemporanea. Ad esempio, in Italia hanno atto centro i Ricchi e Poveri con la loro hit 'Ma non tutta la vita', il compianto Pino D'Angio' con la sua 'Quale idea', Raffaella Carrà. Per non parlare poi dei remix di pezzi oltreoceano di 30/40 anni fa. Cosa succede? Ai ragazzi stiamo trasmettendo la nostra nostalgia: "La verità è che non ci sono più idee originali, ma soltanto beat con la cassa in quattro, campionamenti, voci all'autotune che bofonchiano "ee aa ee uu". Di conseguenza - prosegue l'artista - basta una canzone, anche datata, ma con un'idea di testo, o di sound, o di groove evidente per accendere gli animi. Ma la bella notizia è che i giovanissimi hanno iniziato a usare la rete per rovistare nel passato e questo è straordinario: contaminare vecchio e nuovo significa essere contemporanei e connettere le generazioni. Riavvicinarsi e tornare a provare qualcosa che somiglia alla felicita'".
Daniele Cobianchi nato a Parma e laureato in Filosofia del Diritto all'Universita' di Bologna ha da sempre caratterizzato il suo percorso professionale sulla creativita', leader nel settore pubblicitario senza mai abbandonare la sua passione per il suo primo amore, la musica.