AGI - Tornano (bene) Ligabue, Silvestri, Articolo 31 ed Emma. Tutte le nostre recensioni. Questa settimana riaccogliamo con gioia un Ligabue con un pezzo azzeccato come non ce ne faceva ascoltare da tempo; e mentre Daniele Silvestri ci serve un gustosissimo entrée del suo prossimo disco, gli Articolo 31 spoilerano il brano con cui apriranno le prossime feste live. Bene Emma, benissimo Lo Stato Sociale con Mobrici, sempre una garanzia il lavoro di Giovanni Truppi, così come quello di Noyz Narcos. No Shiva, no Disco Club Paradiso, no Il Ghost, no Clara e ni Mara Sattei, favolosi invece gli album di Paolo Benvegnù, Francesco Baccini ed MV Killa. Avanguardismo puro MIGLIO, struggente Jack Out, esplosiva Mille. Chicca della settimana: “Vivavoce” di Babele. A voi tutte le nostre recensioni.
Ligabue – “Riderai”
Riderai. Imperativo assoluto sul futuro di chi ascolta. Riderai. Credici. E siccome è un pezzo assai bello, per certi aspetti un po' la “Avrai” di Ligabue, ugualmente autentica pur non toccando certi apici, tu ascolti e ci credi. Si, rideremo, anche se magari mentre ascolti il pezzo non c’hai proprio niente da ridere, stato d’animo piuttosto comune dati i tempi, lo sappiamo, ma Ligabue a sto giro butta sul tavolo, finalmente, era ora, il peso dei suoi anni, nel brano si percepisce la sua maturazione, l’autenticità del rocker di Correggio che non fa più finta di restare stupito dinanzi alla vita, ma che ha superato quella linea per cui ha la libertà, il diritto, secondo noi anche il dovere, di accompagnare chi lo segue da oltre trent’anni, e con le sue splendide canzoni è cresciuto, oltre quella soglia in cui tutto è spaventoso; la vita che si fa vita. Il fatto che rideremo, perché il nostro Luciano ce lo ha detto con un brano così azzeccato (e non ne azzeccava da un bel pezzo), risulta confortante, una carezza al cuore. Ci voleva proprio.
Daniele Silvestri feat. Fulminacci, Wrongonyou, Frankie Hi-NRG MC, Franco126, Selton, Davide Shorty, Eva, Giorgia ed Emanuela Fanelli – “Intro X”
Avete presente quando nei ristoranti stellati o con ambizioni stellari vi servono l’entrée? Ecco, quello che Silvestri ci offre oggi è esattamente un entrée, un’idea tutt’altro che vaga di quello che ci aspetta nel suo prossimo disco, ci indica la direzione, ci fa percepire la scelta, con un brano definito, a ben ragione, “orgiastico”, in cui vengono coinvolti tutti insieme gli artisti (e che artisti!) che poi parteciperanno al “Disco X”. Personalmente abbiamo l’acquolina in bocca.
Articolo 31 – “Filosofia del Fuck-Off”
Questo ritorno degli Articolo 31, tra Sanremo e le megafeste organizzate per l’estate, non è un’operazione nostalgia, nonostante, è chiaro, quando si parla di una band talmente significativa per un’intera generazione è impossibile tenere lontana la nostalgia per dei tempi che purtroppo, semplicemente, non ci sono più. “Filosofia del Fuck-Off” lo dimostra e senza mezzi termini, gli Articolo 31 sono un’entità ben definita, diversa anche dalla proposta solista di J-Ax; per l’amor di Dio, gli anni passano, e questa, ahinoi, è una regola che vale per tutti, ma questo nuovo pezzo infatti ci restituisce il duo che abbiamo tanto amato, quello di quella perla di “Così com’è”, solo ragionevolmente più maturo, meno spregiudicato, il che vuol dire anche, e si sente forte, più artigianale nella forma e nella proposta, evidentemente sapendo dove arrivare e come arrivarci. Non sarà una dichiarazione da gangsta rap duri e puri, ma vi vogliamo bene ragazzi.
Emma – “Mezzo mondo”
Probabilmente uno dei migliori brani dell’intera discografia di Emma, che la smette di inseguire struggenti e plastificate evocazioni romantiche per concentrarsi su un prodotto, un buon prodotto, centrato, netto, radiofonico fino al midollo, e non sia intesa come accusa, e particolarmente efficace. Funziona la struttura del testo (tra gli autori anche Nesli), le immagini sono messe tutte al posto giusto, come un puzzle completato con ragionevolezza e, soprattutto, con ottime intuizioni in termini di sound, che devia da quel pop dritto, liscio, piatto, televisivo, noioso e poco credibile per concedersi (e concederci) colori più vivaci e, soprattutto, autentici. La percezione poi è che anche il carattere di Emma venga fuori in maniera più onesta, più esplicita, meno “voglio farti emozionare a tutti i costi” e più “guarda cosa mi emoziona”. Una bella boccata d’aria. Molto meglio.
Lo Stato Sociale feat. Mobrici – “Per farti ridere di me”
Non sappiamo come sarà e cosa rappresenterà nella storia de Lo Stato Sociale il loro nuovo album; sappiamo, perché è stato ampiamente dichiarato, che la volontà è quella di ritrovare quell’essenza che gli ha permesso di ottenere il seguito che serviva ad ottenere quell’attenzione che poi, in qualche modo, così come raccontano, li ha, in qualche modo, fregati. Il nostro parere è che i regaz abbiano una sensibilità, no, scusate, cinque diverse sensibilità, che li hanno comunque sempre tenuti al sicuro dallo snaturamento più totale, uno snaturamento che loro comunque hanno percepito; ci chiediamo in questo senso quale sarebbe stata l’accoglienza verso gli ultimi lavori, degnissimi di nota a nostro parere, se “Una vita in vacanza” non avesse creato un’aspettativa pop, radiofonica, che in realtà rappresentava una deviazione da quella essenza di cui sopra.
In “Per farti ridere di me”, cantata insieme a Mobrici e con la produzione di Andrea Appino (quindi proprio una bella riunione tra i famigerati rivoluzionari indie), si ritrova quella scoordinazione romantica, sbilenca, per questo meravigliosa in tutta la sua umanità, di brani che abbiamo amato come “Niente di speciale” o “Te per canzone una scritta ho”, il che ci fa presupporre che nel disco ritroveremo il loro satirico impegno politico e sociale, la loro voglia di mettere le loro idee, come persone, dinanzi alle logiche, ormai noiose, obsolete, estremamente dannose, della discografia italiana. Come tutti dovrebbero sempre fare, non come forma di ribellione a qualcuno o qualcosa, ma perché è il modo più intelligente per non tradire se stessi e, contemporaneamente, crescere e durare.
Noyz Narcos – “Traphouse” / “The Mayor”
Due nuovi singoli per allungare la vita di “Virus”, splendido album di Noyz Narcos uscito ormai molti mesi fa; nel primo duetta con Massimo Pericolo per una traccia che dovrebbe fare scuola, dovrebbe insegnare ad una fungata di giovani rapperini di plastica che giocano a fare i gangster che certi argomenti devono necessariamente essere declinati in forma di protesta sociale e supportati con gusto, anche musicale, così come succede in “Traphouse”, che altro non è che la descrizione di un crocevia di vite che determinano una situazione di disagio che si desidera illustrare con maturità e senza machismi fini a se stessi. “The Mayor” è un gioiellino di rap alla vecchia maniera, in cui alle barre di Noyz, certamente tra i più credibili e preparati esponenti della scena, si mescolano i suoni street che in pochi sanno riportare in musica come TY1, che lo ha prodotto. Dalle nostre parti si dice: “Ci ‘nsignasti l’educazione”.
Shiva – “100 Opps”
Il testo ad un certo punto recita: “Shiva è davvero un problema, qualcuno deve fermarlo”. Ecco.
Mara Sattei – “Tasche”
In questo nuovo singolo l’adorata Mara Sattei sceglie di mescolare il proprio stile, quelle parole in punta di voce, che rimbombano in gola, con un sound più spinto, vagamente cafoncello, diciamo martellante, scelta che non è che in effetti risulti così vincente. Diciamo che se si tratta di ballarcela ci sembra più funzionale in modo in cui il fratellino Thasup fa risuonare e sbrillucciare il suo, indubbio, talento. Non è un no, ma non è nemmeno un si; facciamo che è un tentativo riuscito giusto a metà. Ci può pure stare.
Raf – “80 Voglia di te”
Brano che esploderà in live, divertente e per certi aspetti azzeccato; non ci sentiamo di dire che possa rappresentare il miglior Raf possibile, se il miglior Raf possibile pensiamo sia (e lo pensiamo) quello di “Gente di mare”, “Infinito”, “Stai con me”, “Il battito animale”, “Inevitabile follia” e di quella perla di album perfetto che fu “Sogni…è tutto quello che c’è”. Ma c’è un’anima che ci riporta ad un Raf che comunque era presente nella nostra musica come uno dei protagonisti assoluti e siamo convinti (lo siamo davvero) che quando Raf era uno dei protagonisti assoluti nella nostra musica, la nostra musica stava molto meglio.
Giovanni Truppi – “Infinite possibilità per esseri finiti”
La forza dell’espressività di Giovanni Truppi trasportata tra i rumori della città, come se fosse una voce narrante che traduce in poesia e armonia, elementi mescolati con l’artigianalità del grande cantautorato, i pensieri scaturiti dalle umane cose che ci circondano. “Infinite possibilità per esseri finiti” ci dimostra come le parole possano dipingere di bellezza il panorama circostante, quello squisitamente metropolitano, quello mai troppo celebrato, anzi, quello che proprio si sente quasi l’esigenza di curare, mentre spesso non si capisce che in quella sua malattia sta la sua bellezza, quella bellezza che pulsa di umanità. Un’umanità che brilla sotto gli occhi attenti di Truppi, che propone nuovamente la sua visione allo stesso tempo volante e terrena, essenziale e definitiva, perennemente intima, certamente confortante per noi che ascoltiamo, per noi che assistiamo, per noi costretti alla commozione. Un album adatto per le cuffie in tram, per le lunghe passeggiate in direzione niente, per a riscoperta dei luoghi, dentro e fuori da noi. Tutto molto bello, niente di meno di ciò che ci si aspetta da un artista vero, impegnato, come lo è Truppi.
Margherita Vicario – “Ave Maria”
Preghiera pop di matrice femminista firmata da una delle più interessanti cantautrici della scena italiana. Ottima l’idea, ottima la produzione di Dade, che si conferma producer d’eccellenza per quel che riguarda il sound che la contemporaneità pretende. Avete mai provato a ballarvela su un Ave Maria? Provate, è divertente.
gIANMARIA feat. Francesca Michielin – “Disco Dance”
Brano distopico che racconta della disperata solitudine di una ragazza di provincia, Viola, su una base che spinge, anche forte, metafora di un mondo che va avanti senza pietà, senza aspettarci, e di quanto il grigiore di quello che, specialmente in giovane età, viviamo come isolamento, possa risultare deprimente, sconfortante, mortificante; freddo come, appunto, lo è la disco dance, quasi sempre vuota di significato senza qualcuno che balla. “Disco Dance” si potrebbe anche ballare si, ma non è che ti viene tutta questa voglia, perché parole e pensieri di Viola, incarnati da gIANMARIA, autore sempre più centrato, in tutta onestà ben oltre quello che ci aspettavamo considerato il suo percorso dentro X Factor, e la Michielin, ti arrivano forte in faccia, con tutta la loro malinconia, e non ti permettono di ridertela. Bravi.
Paolo Benvegnù – “Solo fiori”
Quanta bellezza, quanta poesia, accarezzata da una sconfinata umanità, tra l’altro ancor più tangibile, smistata tra le macerie del mondo che passeggiamo ogni mattina, costretti a dribblare la nostra sempre più celebrata disumanità. E mentre arranchiamo senza benzina “Solo fiori” ci suggerisce le domande corrette, quelle che vanno oltre le futili cose che ci circondano, una su tutte, sempre la solita, una spiegazione, talmente approfondita da considerarsi perfino letteraria, riguardo il giusto modo di affrontarla questa realtà, che è una cosa della quale non possiamo in nessun modo fare a meno. Cinque brani, tutti necessari, dal primo all’ultimo, tutti in qualche modo scomodi, che ti mettono all’angolo e ti costringono a pensarci, a mettere in dubbio il modo in cui metti un piede davanti all’altro per continuare a camminare. Wow.
MV Killa – “Fede”
Nuova meravigliosa espressione del rap napoletano, sonorità cool, brani che non si concentrano sul rafforzamento coatto della propria street credibility, ma su un ragionamento puramente musicale, sulla lingua che batte dove deve, che crea l’armonia di una narrazione semplicemente ipnotizzante, che coinvolge a tal punto, nonostante il napoletano, che riesce a modificare l’atmosfera che si respira nel luogo dove ascolti, come se l’aria si facesse più dura. La strada è stata già ampiamente raccontata, la cosa più funzionale oggi come oggi è evocarla, utilizzarla come metafora del proprio disagio, conseguenza della propria vita. MV Killa in questo, per quel che riguarda la scena rap napoletana, è uno dei più bravi in assoluto e in questo disco si supera; cioè, prima di acchiappa, poi ti imbambola, poi ti accarezza con i suoni, e poi si supera.
Sud Sound System – “Girai girai”
Qualcuno potrebbe pensare che l’ennesima celebrazione del proprio legame con il Salento possa risultare ridondante, se però riflettiamo sulle narrazioni proposte da un certo ambiente riguardo Milano, Roma, ultimamente anche Napoli, che rappresentano il triangolo della musica attuale, allora “Girai girai ma meju te casa mia nu truai” assume un significato preciso nella storia della geografia musicale di questo paese, che quando si canta si canta male, confondendo la “ficaggine” del disagio con la pura bellezza. Ecco, i Sud Sound System propongo una visione colorata, luminosa, una roba che ascolti e pensi “Ma da quant’è che non vado in Salento? Ma non sarebbe migliore una vita lì? Lontano dallo squilibrato arrivismo di queste dannate città?”; risposta: probabilmente si. Quindi bravi, quindi grazie.
bnkr44 – “Fuoristrada”
“Fuoristrada”, così come un’intera generazione di ragazzi, a ben ragione, si sente, una generazione che in pochi in Italia cantano come i bnkr44, cui centralità del progetto lascia davvero stupefatti. I giovani artisti con i quali nel nostro paese siamo abituati a confrontarci solitamente sbandano dalla smania di sembrare quello che non sono o, perlomeno, quello che non sono ancora, il collettivo di Villanova, piccola frazione in provincia di Firenze, invece concentra il proprio lavoro su una narrazione che è precisa, precisa e spietata, perlomeno nei confronti di un mondo che fa di tutto per etichettarli ed escluderli, stuzzicando una malinconia di fondo che si unisce a quella inevitabile della vita. “Fuoristrada” così suona come una risposta, a tratti anche violenta, un grido che sa di r/esistenza, ma anche di speranza, di disagio, ma anche di rabbia, di umanità, del coraggio di affrontare la situazione, di sorpassare il passato. Ottimo lavoro.
L’Officina della Camomilla – “Dandy Candy”
Leggerezza e intensità che si fondono in un singolo in cui ritroviamo l’etereo meravigliosamente sfocato e la sottile visione ironica del mondo de L’Officina della Camomilla; come se tutto possa essere preso facendo spallucce, il che non è vero, eppure ascolti i brani del duo e ti sembra possibile. Ma si.
Francesco Baccini – “Archi e frecce”
Un giorno ci pentiremo amaramente di aver perso dai radar, perlomeno dal centro dei nostri radar, un cantautore della statura di Francesco Baccini, lasciandolo ad una nicchia di pubblico che, evidentemente, ne capisce, come quasi sempre, molto più delle masse; che le masse ne azzeccano una ogni cent’anni. Per chi volesse recuperare consigliamo l’ascolto di “Archi e frecce”, una raccolta di suoi successi intramontabili, riarrangiati con il supporto dell’Alter Echo String Quartet. Il risultato è una carezza per l’intero apparato sonoro, brani come “Genova Blues”, “Le donne di Modena”, “Ho voglia di innamorarmi”, perfino “Sotto questo sole”, proposte mettendone in evidenza i tratti più delicati e cantautorali, parole e musica che si abbracciano, che si coccolano a vicenda, che ti struggono dalla perfezione della composizione, come solo i grandi capolavori sanno fare. Non è un disco, è un regalo. Sentitamente, grazie.
MIGLIO – “Futuro splendido”
Ci aspettavamo un gran disco, ci siamo ritrovati tra le mani molto di più, “Futuro splendido” non è un titolo, è una premonizione. Se è vero (ed è vero) che il nuovo pop, e ancor più quello che verrà, non potrà più fare a meno di elementi di elettronica, sonorità ultramoderne, allora con l’uscita di questo album possiamo certificare quello che già pensavamo, ovvero che di MIGLIO ne sentiremo parlare, e tanto, e bene, perché perle di questo tipo non possono passare inosservate, nonostante la ben nota brutalità dell’ambiente musicale. Otto brani perfetti, che variano in scioltezza tra la musica che vuole avvolgerti (“Paesaggi in disordine”, “Sexy solitudini”, “Pestaggio”) e quella che vuole pungerti (“Techno pastorale”, “Per non pensare + a te” e “My Future Is You”, che non sappiamo davvero come toglierci dalla testa). Tutto delicato, tutto altamente cantautorale, ragionato, misurato, senza sbavature, senza pestaggi, senza ammiccamenti fuorvianti. Solo musica, particolarmente ispirata, che è un piacere per le orecchie, che arricchisce e fa volare.
chiamamifaro – “Ma ma ma”
Sfogo dal sapore teen perfettamente confezionato; il brano si fa ascoltare piacevolmente, ti prende anche se certe problematiche sono passate già da un pezzo, viaggia su frequenze totalmente accessibili e arriva lì dove deve arrivare, ovvero raccontare una storia, o perlomeno la fine di una storia, fotografando quel momento in cui la frenesia ti prende e tutto il mondo sembra girare attorno alla tua arrabbiatura. Ottimo lavoro.
Vale Pain feat. Medy – “Vida Mala”
Rap ben intriso di efficacissimo pop, Vale Pain si conferma artista molto interessante, con una visione chiara di ciò che vuole fare, e se ciò che vuole fare è questo, prego, si accomodi. “Vida Mala” è un brano che definiremmo addirittura miracoloso nel riuscire ad emergere in una pratica, quella appunto del rap poppizzato, o pop rappizzato, che tende al conformismo più assoluto. Questo pezzo invece ce lo siamo ascoltato, non ce lo siamo dimenticato (ed già una gran cosa) e ce lo siamo pure riascoltato.
Kimono – “Tempesta”
Con “Tempesta” Sofia Tornambene, vincitrice della tredicesima edizione di X Factor, inaugura il progetto Kimono. No, non cambia nulla, è solo un modo come un altro per andare punto e a capo, dato che una volta spente le luci di Sky il progetto, a dire il vero percepito da subito come deboluccio, si è fatto proprio invisibile. Però, attenzione, sarà che al cambio di nome inevitabilmente deve corrispondere una svolta anche musicale, ma questa “Tempesta” è proprio una canzone azzeccata. Si tratta di una canzone semplice, che vive di chitarra e voce, misurata, centrata, ricca di pennellate che catturano l’attenzione. Se era solo una questione di nome, allora ben venga Kimono; l’importante è che si prosegua su questa strada.
Il Ghost – “Mare d’inverno”
Pezzo corretto che però non acchiappa, clicchi play e l’attenzione se ne va altrove, si rifiuta di immagazzinare un brano che non ha niente che non va, ma nemmeno nulla di sbrilluccicante. C’è, in mezzo ad altri, troppo poco però.
Clara – “Cicatrice”
Brano che crea una certa atmosfera, che funziona, questo è innegabile, ma, mettendo da parte lo stile che ricorda moltissimo Mara Sattei, in generale la canzone puzza maledettamente di prodottino discografico confezionato per cavalcare l’onda del successo “Mare fuori”, frontale tra “Skam” e “Gomorra” che vede proprio Clara tra le protagoniste. Insomma, “Cicatrice” non lascia cicatrici, è vaga e manca di personalità, più che un brano sembra il risultato di un’indagine di mercato.
Kid Yugi – “Quarto di bue”
Parlano di Kid Yugi come la nuova giovane stella del rap italiano, se si ascolta “Quarto di bue” se ne capisce il motivo. I riferimenti in termini di sound sono altissimi e riportano non al nuovo rap ma molto più alla old school, al Guè quando era Pequeno, ma senza quel ridicolo machismo; poi il confronto con un grande della produzione come Night Skinny è retto che è una meraviglia, la voce arriva forte, è ricca di quella ipnotica efficacia che ti permette di ascoltare cosa ha da dire dall’inizio alla fine. Insomma, fare meglio era difficile.
Disco Club Paradiso – “Ieri”
Rieccoci qui alle prese con quei felici a tutti i costi dei Disco Club Paradiso, conosciuti a X Factor, cosa che difficilmente perdoneremo al talent di Sky. “Ieri” ci sembra un ulteriore passo verso l’oblio, non prende, non colpisce, non racconta niente di significativo e nemmeno vive di intuizioni allegrotte, magari primaverili.
Serendipity – “Belle époque”
Un brano dal sapore vagamente vintage per prendere in giro questo dilagante e giustificatissimo disagio generazionale; “Belle époque” suona come una marcetta che tende ad esorcizzare il male con un po' di sanissimo fatalismo. Gran bel carattere, gran bel colpo.
Mille – “Quanti me ne dai”
Mille ha sganciato una mina di disco; divertente, accessibile, ballabile, significativo, vagamente vintage senza scadere mai nel retrò più spudorato, mantenendo sempre sonorità ultramoderne ed ultraefficaci. Mille è la cantautrice che non sapete ancora di amare.
Il Solito Dandy – “Largo Venue”
Il varco temporale discografico ormai convenzionalmente definito “indie” si è purtroppo chiuso, lasciando fuori tanti bravi cantautori che in quel contesto avrebbero serenamente detto la loro. Tra questi uno dei più interessanti in assoluto è Il Solito Dandy, che non sbaglia un pezzo, che sta sviluppando uno stile, specie di scrittura, riconoscibilissimo e molto molto accattivante. Questa “Largo Venue” è una bellissima canzone con una struttura solida che regge il peso di un’emotività vissuta ancor prima di essere raccontata.
Jack Out – “X Salvarsi”
Un disco molto molto intenso che viaggia in bilico tra il grido d’aiuto e il grido d’allarme; perché il disagio che canta Jack Out, con il suo emo/pop/country/trap, giusto per farvi comprendere la ricchezza dell’offerta, è lo stesso vissuto dalla sua generazione. La decadenza di certi valori, giustamente non più comprensibili, declinata in una musica che pulsa di amore smarrito, ingoiato dai meccanismi perversi che dominano la nostra socialità computerizzata, denudato di speranza, il tutto senza la minima paura, senza il timore di affondare il coltello nella carne viva, di mostrarsi vulnerabile, di essere onesto con chi ascolta. Che poi è questo il segreto, sempre: l’onestà, la percezione che ciò che stai ascoltando celi una qualche verità, una verità che puoi utilizzare, che puoi fare tua, che puoi mettere in valigia e portarti a spasso finchè starai ancora in piedi e che dona al tuo progetto credibilità. Jack Out è un cantautore del tutto credibile, colmo di cose da dire, di profondità da analizzare, da scoprire, di oscurità da condividere. Per provare a salvarsi, si.
Babele – “Vivavoce”
“Vivavoce” è una specie di specchio rotto musicale, schegge di parole che ti schizzano in faccia mentre ascolti, in un crescendo sanguinoso che non fa sconti, drammatico, complesso e raffinato, come la voce di Babele, uno degli emergenti più interessanti ascoltati nell’ultimo periodo. È difficile riuscire a dare espressività al proprio cantato quando si possiede un timbro così pulito e si fa pop, è proprio la differenza tra chi è intonato e chi ha le carte in regola per campare cantando, questo ragazzo ci riesce con una scioltezza che fa pensare, senza esagerare, alla versatilità dei giganti della nostra musica. Impressionante.