AGI - Icona del Festival di Sanremo, c’è anche quando non dirige l’orchestra il maestro Beppe Vessicchio, e c’è in questa edizione con le “pillole” del podcast ‘Muschio Selvaggio' di Fedez, su Rai 2 alle 18.40; c’è con Amazon Music; c’è nel FantaSanremo e c’è perché ha conosciuto e intervistato, uno per uno, i concorrenti di quest’anno. Il maestro napoletano, attento ai linguaggi non soltanto musicali, vede in questa edizione del Festival un “Sanremo delle differenze”, e spiega le novità che ha colto nelle canzoni in gara.
Sono osservazioni che non si esauriscono tra le mura del Teatro Ariston o le pareti delle case dove la kermesse arriva via tv, via streaming, via social (e quest’anno l’audience è da record). Riguardano in misura più vasta lo “stato generale” del Paese. Perché, dice all’AGI il maestro Vessicchio, “Sanremo è sempre stato uno spunto sociologico, uno specchio molto attendibile dell’umore culturale dell’Italia. Grazie ad Amazon Music, per cui ho curato anche la playlist 'Dirige il Maestro Vessicchio', avevo già avuto il privilegio di leggere i testi e di incontrare gli interpreti delle canzoni partecipanti al Festival. Ne ho ricavato l’impressione che viviamo una sorta di verismo, e che nei corsi e ricorsi della storia della canzone italiana stiamo attraversando di nuovo la necessità della verità a tutti i costi, con racconti anche molto personali”.
Una impressione che non sembra soltanto fugace percezione, ma una decisa tendenza: “L’onda che stiamo vivendo è come quella del neorealismo al cinema, o del verismo in letteratura. Credo che la visione poetica filtrata attraverso un linguaggio sofisticato abbia ceduto il posto a un linguaggio che ricerca una fotografia molto più cruda, più diretta, elementare. Che avvicina tantissimo le persone invitandole a partecipare, perché è chiaro che la parola colta, quella di un letterato, è da apprezzare ma genera distanza. Invece il tipo di linguaggio che attraversa i testi di questo Sanremo è assai vicino alle persone e genera partecipazione”.
Che sia improntato alla crudezza o che sfumi nella poesia, c’è necessità secondo il musicista di porre comunque attenzione al linguaggio per preservarlo dall’”inquinamento”. “Vale lo stesso nella politica e nella sfera commerciale: il linguaggio dovrebbe essere un’auspicabile ricerca di bilanciamento armonico, senza nulla togliere alla possibilità di manifestare un’urgenza interiore. Credo però che si debbano evitare inutili conflitti evitando di ‘rompere i vetri’ delle finestre”.
Se dovesse giudicare questo Sanremo sin da adesso, il maestro lo definirebbe “il Festival delle differenze”: emblematica è forse la foto di martedì mattina, lui elegante come di consueto accanto a Fedez con un abbigliamento assai più “sciolto”; e differenze promettono gli sviluppi del FantaSanremo; e le promette un inizio molto variegato su cui Vessicchio stringe l’obiettivo: “Le sorprese che ho già ricavato riguardano, per esempio, il legame tra i giovanissimi e il comune passato melodico, cui loro sono molto più legati degli stessi cantanti che lo rappresentano, esprimendo una memoria piacevole di chi li ha preceduti. Se li avessi visti soltanto gareggiare sul palcoscenico, e non avessi anche parlato con loro, non sarei arrivato a questa percezione”.
Un Festival “delle differenze” che per questo, conclude il maestro, “piaccia o no sarà interessante. Le differenze hanno a che vedere con le diversità, creano una complessità che è arricchimento, un allargamento del paesaggio da cui non è detto si ottenga anche profondità. Ma che ciò possa accadere, e che allargamento e profondità s’incrocino come è accaduto nei migliori momenti del passato, è il mio auspicio al momento. Un auspicio per tutti”.