T irare le somme di un’intera stagione musicale con una classifica è azione distruttiva e, al tempo stesso, rigenerante. Distruttiva, neanche a dirlo, perché bisogna fare mente locale su tutti gli album usciti in un anno e nella discografia moderna è compito assai arduo. Rigenerante perché in un’epoca in cui (come tutte le epoche, ma facciamo finta di niente) ci sentiamo nostalgici per rivoluzioni musicali che non ci riguardano perché non facciamo più mercato, un’epoca in cui ci piace brontolare come vecchi tromboni che “la musica non è più come quella dei miei tempi”, e magari ci riferiamo a “T’appartengo”, la realtà è che questa top 50 poteva essere una top 100 e comunque avremmo dovuto lasciare fuori album di tutto rispetto.
Oltre 100 album italiani belli è davvero tanta roba, sceglierne 50, ripetiamo, è stato complesso, ma almeno ci ha fatto infilare entrambe le mani in un universo di buona musica che esiste e della quale spesso, colpevolmente, ci dimentichiamo. A voi la nostra top 50 del 2022.
1) Rancore – “Xenoverso”
Un viaggio surreale, interstellare, fantascientifico, certamente incredibile, unico, coinvolgente; Rancore si conferma uno dei più dotati artisti (non solo rapper) italiani, la sua ricerca continua, spinta da un intellettualismo dinamico, elastico, vivace, ma soprattutto autentico, ci permette di utilizzare la sua musica come un caleidoscopio attraverso il quale guardare al mondo.
2) Post Nebbia – “Entropia Padrepio”
I Post Nebbia sono certamente tra le più interessanti realtà del nuovo panorama indie italiano, “Entropia Padrepio” è uno di quei dischi pregni di un’epica antica, un disco complesso, impegnato, intellettuale e meraviglioso, che regala una speranza a chiunque non voglia affogare in un mare di intrattenimento mordi e fuggi, un disco in cui la band punta a riunire all’ombra degli stessi accordi l’etereo e il materiale, ciò che abbiamo sopra la nostra testa con quello che abbiamo sotto i nostri piedi.
3) Mezzosangue – “Sete”
Un disco meraviglioso, certamente tra i migliori dischi rap degli ultimi vent’anni; Mezzosangue canta la sete, intesa come mancanza, come il bisogno di riempire dei vuoti in maniera profonda e definitiva, filosofeggia in libertà, spinto dall’istinto, spinto dal concetto, dalla parola, che risuona tra le labbra scoppiettando, accartocciandosi su se stessa, come in un’orgia carica di amore.
4) Pinguini Tattici Nucleari – “Fake News”
In questo “Fake News” i Pinguini tornano a raccontare con la dovuta autenticità gioie e malinconie di un’intera generazione, la composizione si fa sempre più attenta e precisa; i testi, firmati dal cantante Riccardo Zanotti, sempre più ficcanti, intensi, maturi, capaci, ancora una volta, di celebrare una visione della vita da antieroe, un elemento che funge da connessione con il proprio pubblico e che spiega nitidamente lo stratosferico successo della band.
5) Nu Genea – “Bar Mediterraneo”
World music di qualità, che oltrepassa quegli antichi limiti della tamburellata a tutti i costi per porsi in un ambient decisamente più cool, più moderno, più accattivante. I Nu Genea, da anni ormai, sono una delle realtà musicali più internazionali e più intellettuali che abbiamo, ascoltarli provoca autentica gioia.
6) Mina – “The Beatles Songbook”
Un disco di Mina è il regalo di un amico, un disco di Mina che canta i Beatles è un regalo del cielo.
7) Fabri Fibra – “Caos”
Fabri Fibra è il rap, un’icona, un simbolo, la sensazione che ci sia un genere ancora in trincea, con entrambi i piedi dentro la rivoluzione, con quella distorta disperazione nel rappare, il rapporto articolato, amaro, con il proprio personaggio, con il proprio successo, con la propria storia; “Caos” rappresenta una discesa negli inferi di un’anima tormentata dal pensiero, dalla riflessione, in un mondo che va solitamente troppo veloce ma che lui non perde mai di vista.
8) Murubutu – “Storie d’amore con pioggia e altri racconti di rovesci e temporali”
Murubutu è una perla rara del nostro panorama musicale (non solo rap); la sua lirica diventa pura letteratura, classica, perfino distopica, fantascientifica, catastrofica. “Storie d’amore con pioggia e altri racconti di rovesci e temporali” è uno dei migliori dischi rap degli ultimi anni, è struggente nella narrazione, esaltante nella messa in atto musicale.
9) Ditonellapiaga – “Camouflage”
Moderna, incisiva, cool, la voce di Ditonellapiaga è ipnotica, sensuale, ti fa vibrare qualcosa tra lo sterno e lo stomaco, viaggia in scioltezza tra il più erotico degli R&B e la cassa dritta che ti fa fare si con la testa, fino a brani che richiamano al cantautorato puro, classico, di contenuto. Nei brani si intravedono lampi di se stessa, ma allo stesso tempo disegna la condizione femminile come raramente sentiamo in Italia, con l’onestà di cantarne fragilità e onnipotenza.
10) Whitemary – “Radio Whitemary”
Un disco talmente bello da riconciliarti col mondo, da farti guardare con speranza il cielo dietro la finestra. Whitemary non propone musica elettronica, propone una filosofia musicale che si esprime, in quanto fortemente contemporanea, tramite sonorità che non possono che essere elettroniche. Perché solo quel sound riesce a tradurre quell’affascinante disordine mentale, quella sbrilluccicante stravaganza, quella sensazione di trovarti su una montagna russa senza cintura di protezione.
11) Francesco Di Bella – “Play With Me”
Il cantante dei 24 Grana incide un disco solista di una bellezza stratosferica: dodici brani, dodici featuring, con alcuni dei più interessanti cantautori della musica italiana contemporanea; “Play With Me” suona serio e pacifico, estremamente poetico, a tratti commovente.
12) Niccolò Fabi – “Meno per meno”
Un disco che potrebbe quasi far paura, perché non lascia scampo, è totalmente spietato nel costringere l’ascoltatore ad un’introspezione profonda, ad andare a caccia dei propri demoni per farci pace, a prendere finalmente e definitivamente possesso di quel vuoto che ognuno di noi, chi più chi meno, dipende dalla decenza, si porta dietro; e accarezzarlo.
13) Marta Tenaglia – “Guarda dove vai”
Marta Tenaglia è sicuramente tra le artiste più illuminate del nostro panorama, la sua visione così lavorata, delicata, intensa e sensuale della musica non conosce repliche, non sa di niente che abbiamo già sentito; riesce a dare già ora, nell’immediato, un nuovo sapore a quel cantautorato iperprodotto, affascinante, futurista, che sta piano piano, felicemente, prendendo piede nella nostra discografia.
14) Manuel Agnelli – “Ama il prossimo tuo come te stesso”
Rock autentico mescolato a cantautorato di concetto ma immediato, questo “Ama il prossimo tuo come te stesso” è una perla di rara fattura, trasuda l’esigenza di esprimersi, vomitare fuori qualcosa di importante con quella credibile veemenza che in pochi artisti in Italia hanno.
15) Anastasio – “Mielemedicina”
Anastasio è un intellettuale vero e lo è con una semplicità quasi stralunata, come se fosse normale in un’epoca di pressapochismo assoluto costruire brani nei quali sgomitano citazioni alte, nei quali si traduce in musica l’angoscia personale e quella dell’uomo moderno; ci propone il lato più bello, alle volte, lo ammettiamo, dolorosamente bello, della nostra umanità, della nostra coscienza, di tutto quel groviglio di mondi che si intrecciano dentro di noi. Lavoro veramente eccellente.
16) Cesare Cremonini – “La ragazza del futuro”
“La ragazza del futuro” è un bellissimo album, quattordici canzoni che parlano di chi le ha scritte e le interpreta, si, ma anche di noi, dei nostri amici, dei nostri vicini di casa, con un’universalità di intenti davvero sbalorditiva; ma anche perché Cremonini lancia un guanto di sfida leggiadro ma deciso a quella discografia ormai ridotta ad uno spezzatino di brani mordi e fuggi. A questo meccanismo industriale e ben poco poetico Cremonini risponde con un vero e proprio concept album, un lavoro ponderato, intenso, a tratti anche complesso e spettacolare con il proposito di risultare sociale, quasi politico.
17) MIGLIO – “Manifesti e immaginari sensibili”
La musica come inarrivabile forma di espressione, un linguaggio chiaro e cool quello di MIGLIO, altro fenomeno del sottobosco musicale italiano al femminile. L’EP è perfetto, 6 brani di viaggi che vengono dalla città e suonano come interstellari, di umane storie, di immagini che si intersecano piacevolmente come in un collage fatto bene, di quelli che raccontano interi pezzi di vita e in qualche modo ti tagliano in due il cuore.
18) Calibro 35 – “Scacco al maestro”
Una perla di album imperdibile, commovente, un mix di artigianato musicale dall’ispirazione quasi divina, se pensiamo che il maestro dello “Scacco al maestro” è Morricone. Un disco maestoso, intoccabile, una perla nel mare di rumori che ingolfano il mercato discografico odierno. I Calibro 35 se non ci fossero dovrebbero inventarli, la loro capacità di approcciarsi al suono, inteso proprio come materia prima elementare della musica, per costruirci sopra una determinata epica vintage e profonda, è semplicemente unica.
19) Coma_Cose – “Un meraviglioso modo di salvarsi”
Raramente in questa musica italiana, dominata dal machismo più talebano, dalla violenza nei suoni e negli intenti, ci è capitato di imbatterci in un album così onesto. È un disco in cui i Coma_Cose riprendono le fila di “Hype Aura”, tenendosi stretta l’esperienza di “Nostralgia”, in cui torna quella scrittura dai tratti Carroliani, nella quale ogni parola viene rivoltata come un calzino fino a restituirci una nuova immagine incantata, le parole utilizzate come tessere di un puzzle che si collocano al posto giusto solcando una linea di pensiero che ti avvolge, ti abbraccia, ti convince.
20) Voodoo Kid – “Anche i demoni piangono"
Un disco straordinario firmato da un artista visionario, in continua maturazione riguardo le tematiche ma soprattutto lo studio del suono. I brani di questo EP “Anche i demoni piangono” sono uno più accattivante dell’altro, una di quelle robe che quando gli amici salgono in macchina tu puoi metterlo su e dire “Oh, sentite che bomba che vi faccio sentire”.
21) Willie Peyote – “Pornostalgia”
Solita analisi spietata, sarcastica, cruda, ispirata, di uno degli artisti migliori che abbiamo in Italia. Attenzione: non rapper, non cantautori, non indie, ma artista, inteso nella sua espressione massima, totale.
22) Johann Sebastian Punk – “Rinascimento”
Pop moderno con un intento decisamente poetico. Johann Sebastian Punk parte da un presupposto agrodolce, da un lato etereo, leggero, quasi sussurrato, proposto con la calma tipica di chi ti sta per rivelarti una verità assoluta; dall’altro la complessità dell’arrangiamento, la sperimentazione, la spregiudicatezza, l’inseguimento ponderato di un intellettualismo musicale ormai raro in un periodo in cui si punta decisi verso la semplicità più idiota e che diventa anima, ragion d’essere, del progetto.
23) Little Pieces Of Marmelade – “Ologenesi”
Disco potente, psichedelico, visionario; i Little Pieces Of Marmelade trascinano per le orecchie la loro attitudine rock in un territorio ultracontemporaneo, un album perfetto, dalla prima all’ultima canzone, tutte senza titolo ma semplicemente enumerate, si fa si con la testa, i ragazzi picchiano duro e ci fanno divertire.
24) Ghali – “Sensazione Ultra”
Ghali ha deciso di integrare le proprie origini nella propria musica, il risultato è spettacolare, un prodotto estremamente interessante sotto tanti punti di vista. Si butta su temi arabeggianti e in questo senso si scatena; chiaramente lo studio, la passione, l’impegno, il lavoro fatto in questi due anni sono evidentemente così profondi che alla fine anche la lingua usata, spesso, più spesso rispetto al passato, è l’arabo. Arabo che arriva come una specie di straripamento, arabo che arriva lì dove l’italiano non arriva, arabo che non è un segno di protesta per una sorta di plastificata autoaffermazione, che non viene utilizzato contro qualcuno ma per rafforzare e definire una parte di sé.
25) Legno : “Lato A”/”Lato B”
Tanto carattere, un suono pieno, ricercato, la solita sottile ironia nella composizione e nell’interpretazione dei pezzi; i Legno sono indubbiamente una delle più interessanti realtà del nuovo panorama indie e questo EP è il manifesto della loro idea di musica. È pop fresco, colorato, che non rinuncia al messaggio, alla comunicazione intima con l’ascoltatore e cattura implacabilmente l’attenzione.
26) Cassandra Raffaele – “Camera Oslo”
Che disco splendido, che esplosione di autentica poesia, quanta raffinatezza, quanta intimità, si ascolta il succedersi di queste bellissime canzoni restando quasi imbambolati.
27) Kaos – “Chiodi”
Un disco semplicemente disarmante, un disco che ti inchioda (appunto), che riporta il rap alla propria essenza, alla celebrazione della parola, a sonorità che ti lasciano in bocca il sapore della strada, inteso come simbolo di qualcosa e non come vuota scenografia da Blockbuster.
28) Meg – “Vesuvia”
Ritorno sulle scene di una delle più belle voci femminili italiane, una voce densa di carattere e di una forza evocativa che forse non ha eguali e moderna, anzi, di più, futurista; d’altra parte il pop di oggi lei lo faceva vent’anni fa. Il disco è potente e piacevole, artigianale e ipercontemporaneo, complesso eppure accessibile.
29) Alessandro Fiori – “Mi sono perso nel bosco”
La musica italiana ha bisogno degli Alessandro Fiori, di chi mantiene viva una visione totalmente poetica della vita, una sorta di caleidoscopio per decifrare la bellezza che ci circonda attraverso una canzone. “Mi sono perso nel bosco” è una passeggiata tra le sue più intime sensazioni, leggera ed intensa, complessa e totalmente accessibile; ci ricorda la piacevolezza dell’ascoltare un album dall’inizio alla fine, sfogliarlo come il romanzo del cuore, segnarsi le frasi che qui e là si liberano dalle righe del pentagramma e ci danno un ceffone forte e amorevole.
30) Amalfitano – “Il disco di Palermo”
Da Amalfitano, noi lo ricordiamo sempre, la migliore voce di tutto il panorama musicale italiano, non potevamo aspettarci niente di meno di un esordio col botto. I brani è come se ti tirassero dentro una storia, come se attraverso loro si riuscisse a percepire chiara l’aria di una città unica, le mattonelle della Vucciria, il profumo di Ballarò, il sole che ti schiaccia ai Quattro Canti, una bellezza quasi soffocante, quasi abbagliante, certamente epica. Quello di Amalfitano è un lavoro eccezionale.
31) Fuera – “Circo mezzaluna”
Immaginatevi le atmosfere dell’elettronica condite con le potenzialità espressive del rap e bagnate di pop, quanto basta per rendere il tutto accessibile. Ecco, questi sono i Fuera e il loro progetto è semplicemente esaltante; l’album è perfetto dalla prima all’ultima nota, sopra queste tracce ci puoi far festa, ci puoi viaggiare, ti ci puoi deprimere e ti puoi pure riprendere…magnifico. Bravi.
32) Varisco – “Settimana”
Disco semplicemente eccezionale, se si comincia da “Responsabilità (lunedì)” poi ci si ritrova inchiodati fino a “Mezzanotte (domenica notte)”, non c’è scampo; nel mezzo un’intera vita a metà strada tra cantautorato e decisi accenni di R&B. Otto brani, tutti molto molto belli, tutti interpretati con carattere e stile, con una sbiascicante verve che ti tira dentro, che ti fa affezionare ad ogni verso. Categoria: imperdibile.
33) ARIETE – “Specchio”
Un’idea di musica ben definita, un talento vero, tangibile, nel costruire brani perfetti, solidi, estremamente contemporanei. La poetica è totalmente autentica, i brani trasudano onestà, questo è quello che vuole cantare e lo canta bene, mettendoci dentro un’interpretazione vivida ma sempre chirurgicamente misurata. Si tratta di un gran bel disco, di quelli che un’intera generazione può stringere al petto per fermare quegli attimi che non torneranno più.
34) Mara Sattei – “Universo”
L’uscita di “Universo” ci consegna ufficialmente una delle più intriganti interpreti italiane, certamente la più moderna. Si sente che il disco è frutto di un lavoro a lungo ottimamente congeniato e non presenta alcuna falla, alcun buco, non una nota fuori posto, anzi, illustrandoci con commovente maestria quali sono le possibilità offerte da questo new pop, così altamente tecnologico, così spudoratamente ribelle rispetto a quei canoni che avevano fatto la muffa nella nostra discografia; eppure così ugualmente sentimentale, romantico, di valore.
35) Cecco e Cipo – “Con permesso”
Un disco dal romanticismo sconsiderato, perturbante, meraviglioso. Che piacevolezza ascoltare artisti che hanno la profonda volontà di fare bella musica, di sperimentare, di andare oltre se stessi; pur con il senso dell’umorismo che a Cecco e Cipo non è mai mancato e che si può anche trasformare in malinconia, farsi pungente e dissacrante.
36) The Zen Circus – “Cari fottutissimi amici”
Disco nel quale traspare l’artigianalità e la limpidità dell’intento creativo, musicale, artistico, degli Zen Circus. Un album interamente composto di featuring e cui brani sono fuochi alimentati dalla scintilla che questi incontri artistici hanno provocato. Una bella festa, insomma.
37) Ginevra – “Diamanti”
“Diamanti” è un album meraviglioso, Ginevra una delle pochissime cantautrici capaci di maneggiare con autenticità questo pop elettronico che tanto va. I dodici pezzi del disco non sono solo un agglomerato di parole che accompagnano un sound dalle tonalità chillout, ma un forte inno di libertà, che poi è il tema principale attorno al quale orbita la costruzione di “Diamanti”.
38) Edda – “Illusion”
Un album che trasuda quella modalità artigianale di confrontarsi con la musica tipica di Edda, quindi tipica di un circuito underground che vide proprio in Edda uno dei protagonisti, tipica di un approccio genuino e diretto, paziente ed incisivo.
39) Tananai – “Rave, Eclissi”
Tananai ha pubblicato un bellissimo album, in cui c’è il Tananai delle hit “Sesso occasionale” e “Pasta”, ma anche quello di “Abissale”, forse tra le migliori ballad dell’anno. Alle volte queste due anime si vanno perfino a mescolare, la malinconia di un certo intento che invece di venir fuori con i soliti accordi minori ed atmosferici, viene sdrammatizzata e così raccontata, suonando forse perfino più autentica. Tananai ha preso quella scoordinazione, nel cantato e nella presenza scenica, e ne ha fatto puro stile; e poi, partendo da lì, ha scritto una serie di brani davvero molto molto belli.
40) Rovere – “Dalla Terra a Marte”
Il miglior lavoro di una band che di lavori “migliori” ne aveva già piazzati diversi. Ma in questo “Dalla Terra a Marte” tutto sembra esplodere, è un concept album ampiamente suonato, intriso di autentica passione dalle sfumature teen, tant’è che ti fa venir la voglia di essere liceale, a scorrazzare spensierato nella tua città su scooter colorati, le cuffiette nelle orecchie e un sorriso sulle labbra. I ragazzi non sbagliano davvero nemmeno un pezzo. Bravi.
41) Carlo Corallo – “Quando le canzoni finiscono”
Un’onda anomala di parole e immagini e storie che fanno quasi paura, che serve quasi un sospiro prima di affrontarle; Corallo con le sue parole spezza in due, va avanti come un treno, fisso, concentrato, quasi distaccato, pochissimo lo spazio lasciato all’interpretazione, è piuttosto un’orgia di parole che ti sfiorano come una carezza e ti intontiscono come un pugno.
42) Nada – “La paura va via da sé se i pensieri brillano”
Nada riporta nel mercato il suo stile, questo graffio lancinante nella voce, che ti fulmina, ti blocca lì dove sei ad ascoltare, forte di un’autenticità che non conosce pudori. È una delle signore della storia della nostra musica, senza alcun dubbio, riesce a dare un’impronta sempre epica a ciò che canta, a non smarrire mai quella bellezza antica della sua visione musicale ma, soprattutto, non barattarla mai.
43) Alan Sorrenti – “Oltre la zona sicura”
Un’operazione bella, felice, che non richiama alcuna nostalgia, ma solo un vago e piacevolissimo sentore di vintage nell’approccio, delicato ed intenso; ma resta comunque musica vera, molto più vera di tanta proposta oggi.
44) Cor Veleno e Tre Allegri Ragazzi Morti – “Meme K Ultra”
“Meme K Ultra” è un disco raffinato, artigianale, in cui le barre old style dei Cor Veleno si incastrano perfettamente nelle meravigliose litanie dei Tre Allegri Ragazzi Morti, sempre con un occhio alla realtà, sempre tenendo strette le redini di un cantautorato impegnato, sensato, mai fine a se stesso.
45) Liberato – “Liberato II”
Il nuovo disco di Liberato presenta delle significative differenze con il primo album, l’artista partenopeo infatti fa qualche passo indietro rispetto alla descrizione dell’epica della street napoletana, i brani sono decisamente più lavorati, largo spazio alle iperproduzioni, che allontanano un passo in più Liberato da quel neomelodico che lui in principio sembrava proprio voler rispolverare, riportare ai nostri giorni in versione gourmet.
46) Bresh – “Oro blu”
Il rapper genovese in questo disco rimodella quell’ibrido tra rap e pop che funziona così bene nella discografia odierna. In “Oro blu” la narrazione del rap viene abilmente mescolata alla funzionalità del pop, una funzionalità alla quale si arriva non solo giocando sull’accessibilità del prodotto, e tutti tutti i brani di questo disco arrivano diretti e fluidi che è una meraviglia, ma anche con l’interpretazione, utilizzando il testo come un copione, la voce come il proprio personaggio, la poesia come il proprio linguaggio.
47) Management – “Ansia capitale”
I Management, preservando il loro stile, rastrellano in un disco i pensieri e le preoccupazioni di un’intera generazione. La schietta umanità che i Management mettono in scena in forma di rock nudo e crudo in questo disco è semplicemente disarmante, fa diventare la musica un modo come un altro, ma particolarmente efficace, di raccontare, analizzare, denunciare, confermandosi così una band non solo di ottima fattura ma addirittura necessaria.
48) ESSEHO – “Sangue//Saliva”
Un EP davvero notevole, cinque brani uno più entusiasmante dell’altro, che aprono il fianco a tutto ciò che di buono la musica contemporanea ha da offrire. Il cantautorato impegnato, che accarezza attimi di poesia mai troppo smielati, che limona duro con sonorità tech, complesse e rigeneranti, entusiasmanti, ipnotiche. Eccellente.
49) Simona Molinari – “Petali"
La leggerezza, la raffinatezza, un disco di Simona Molinari è uno scrigno di sensazioni leggere e rinfrescanti. Ma dentro “Petali” c’è anche l’enorme forza di una donna che, pur con la delicatezza che la contraddistingue, combatte; l’intimità profonda e rarefatta di un’artista eccezionale. “Petali” è un album meraviglioso, proprio nella sua interezza, una boccata d’aria fresca in mezzo alla puzza di caccia alla visibilità di un mondo, quello della musica, sempre più malato.
50) Raphael Gualazzi – “Bar del sole”
“Bar del sole” è uno di quei dischi che metti play e lasci andare i pensieri, li sguinzagli canticchiando ogni singolo pezzo e godendoti tutti i guizzi che Gualazzi ci ha riservato; piccoli tuffi al cuore, piccole perle che brillano per sua mano. Categoria: imperdibile.