AGI - Il ritorno dei Verdena è un evento imperdibile, non solo perché la band rappresenta una delle colonne portanti del rock italiano non mainstream, di una modalità di approccio alla musica andata ormai quasi totalmente in disuso, ma soprattutto perché questo loro sound così ruvido, così diretto, ci permette di analizzare con un metro di giudizio più autentico una discografia che, al contrario, tende all’assoluta semplicità.
Si intitola “Volevo magia” il nuovo album della band che si è formata a Bergamo nel 1995 ed è stata protagonista degli anni più garage dell’indie italiano insieme a nomi come Afterhours e Marlene Kuntz e arriva sette anni dopo “Endkadenz”, il loro ultimo album di inediti.
I Verdena in questi sette anni sono diventati qualcosa di diverso?
"Penso di no, che non siamo diventati troppo diversi in questi sette anni. Abbiamo più o meno sempre lo stesso approccio alla musica, il nostro modo di far le cose è sempre più o meno quello"
Quello che dici si traduce perfettamente in musica, ascoltiamo il disco e vi ritroviamo, però quello che è cambiato è il mercato discografico. Voi come avete visto questa evoluzione, l’esplosione prima del cantautorato indie e poi del rap…?
"Alby forse è quello che ha seguito di più questi cantanti, c’è grandissimo fermento ma non è che ci abbia influenzato granchè a noi. Sappiamo che c’è, che è un fenomeno seguito ed è cambiata un po' la discografia, ma noi proviamo a fare come abbiamo sempre fatto"
Mettendo da parte valutazioni qualitative o di sound, molti dei nuovi protagonisti della scena pop italiana provengono dallo stesso ambiente dal quale provenite voi, a questo punto è curioso capire cosa ne pensate voi dei Calcutta, dei Gazzelle, dei Tommaso Paradiso…
"Non saprei, è comunque un mondo distante da noi"
C’è qualcuno di loro che in qualche modo, rispettando anche la diversità, “salvate”?
"Si, Colapesce non è male, e a noi piace molto Iosonouncane"
Molti hanno atteso il vostro ritorno come quello della “musica fatta bene”, avete mai riflettuto su questo aspetto?
"No, è una cosa che ci hanno detto nelle interviste ma non ci abbiamo molto mai pensato a questa cosa. Naturalmente è una cosa bella da sentirsi dire…"
Mi chiedevo se nella lavorazione del disco, rispetto questo decadentismo oggettivo della scena cantautorale, vi siete detti “Ora gliela facciamo vedere noi!.."
"No! No! (e ride) Noi non le pensiamo mai queste cose. A noi piace proprio suonare e cercare qualcosa che ci piaccia, che ci sconvolga, che ci liberi mentre lo facciamo"
Cosa si devono aspettare i fan da questa vostra nuova uscita?
"Pensiamo che sia il nostro disco più allegro da un certo punto di vista, è un disco abbastanza terreno e meno spaziale di “Endkadenz”, che era più nel cielo che nella terra"
Sanremo. Vi avevano invitato e non ci siete andati, a Rolling Stone ammettete che forse è stato un errore…come la pensate oggi?
"Io personalmente lo guardo, sono un fan, ai tempi abbiamo detto di no ma eravamo in piena lavorazione del disco e preferivamo finirlo e fare il tour. Ma non so se oggi sarebbe giusto andarci, forse era meglio andare qualche anno fa".
Avete parlato anche dei Maneskin, sapete benissimo tutte le discussioni attorno al loro progetto, tra chi pensa che suonino quindi valgano per questo e chi li considera una band omaggio al vecchio rock e quindi li odia…voi da che parte state?
"Si siamo più con i primi, sono contento per loro, anche se penso che facciano una musica diversa da noi e abbiano anche un atteggiamento diverso dal nostro rispetto alla musica, però non siamo invidiosi, anzi ho anche detto che non sarebbe male fargli da supporter, in Inghilterra sono conosciuti e magari vendiamo qualche disco al merch! (e ride)"
La dimensione live è fondamentale al momento, quanto avete riflettuto su questo mentre lavoravate del disco?
"Si, molti pezzi di questo disco che facciamo sono facili da suonare live, sono abbastanza costruiti per il live, in altri forse c’era bisogno di un quarto elemento per i concerti, però è un disco abbastanza costruito per essere suonato live"
Nel pezzo che da il titolo al disco dichiarate di non avere piani, in un periodo della storia della musica nella quale la programmazione è tutto
"Sì non abbiamo molti piani, solo mille 'forse'. La musica è la cosa più importante, se siamo contenti di quella il resto dovrebbe venire.
Giochiamo un po': avete a disposizioni due magie, una per i Verdena e una per la musica italiana in generale, quali sarebbero?
"Per quanto riguarda noi, a me piacerebbe suonare di più all’estero, girare l’Europa, riuscire a formarsi un pubblico straniero…"
…forse perché senti la percezione che il mercato estero sia più vivo rispetto il genere di musica che fate voi?
"Non so perché, ci piacerebbe in generale ampliarci, anche per fare nuove esperienze"
Riguardo la musica italiana?
"Vorremmo che ci fossero più spazi, questa potrebbe essere una bella cosa: più spazio per tutti anziché poco per pochi. In modo tale che tutti possano girare".