AGI - A settembre riaprono i battenti della discografia italiana. Fuori in queste prime due settimane tanti big, da Ramazzotti che propone l’ultimo singolo prima dell’uscita del disco e Tiziano Ferro che canta Brunori SaS; fino ad uno struggente Niccolò Fabi ed i sempre bravissimi Pinguini Tattici Nucleari. Malino Antonacci e la Michielin, molto meglio i Marlene Kuntz e, a sorpresa, Annalisa. Assolutamente meraviglioso il nuovo singolo di Emma Nolde.
Eros Ramazzotti feat. Alejandro Sanz – “Sono”
Se Eros Ramazzotti è sopravvissuto a varie epoche killer della discografia italiana, pensiamo a quella dei talent, a quella dell’indie e oggi quella del rap, non è solo perché ottimo artista, ce ne sono tanti bravi venuti fuori negli anni ‘90 dei quali a stento ricordiamo il volto (purtroppo o meno), ma anche perché riesce ancora a rendere la propria musica un evento internazionale; e non parliamo solo di fama, parliamo di uno status per cui la fama non è nemmeno più un problema, ma l’unica preoccupazione è esserne all’altezza ad ogni nuova uscita e Ramazzotti in questo senso raramente delude.
Se “Ama”, il primo singolo ad anticipare “Battito infinito”, in uscita la prossima settimana, ci aveva convinto fino ad un certo punto, questa “Sono”, featuring con lo spagnolo Alejandro Sanz, buono per aprire le porte del mercato latino, nasconde un’anima pop abbastanza definita, un brano che, è evidente, Ramazzotti sa già come andrà a finire, cosa provocherà negli ascoltatori, un passo in avanti in una carriera già avanti senza tradire la propria natura. Si sente la mano del maestro Bungaro nella composizione, ma soprattutto Ramazzotti conferma la sua capacità di incastrare perfettamente la sua voce con quella di colleghi, specialmente stranieri. Buon lavoro.
Tiziano Ferro – “La vita splendida”
Il limite, fisiologico, inevitabile, di collaborare in fase di scrittura con un collega dalle caratteristiche stilistiche così definite (in questo caso Brunori SaS, ma in mezzo c’è anche Dimartino), è che istintivamente ti viene da fare un paragone con una potenziale versione con un’altra voce.
Ecco, questa “La vita splendida” è certamente un ottimo brano, come lo sono i brani di Brunori SaS; solido, diretto, concettuale, pregno di quella filosofia spicciola, meravigliosamente provinciale, segno distintivo della penna del cantautore calabrese. Insomma, è un gran bel pezzo… ma di Brunori SaS, che è un interprete totalmente diverso da Tiziano Ferro (non migliore o peggiore, diverso).
Ferro è più pulito, più intenso, più lirico e melodico nell’esposizione; insomma il problema, paradossalmente, è che è un brano troppo bello, nel senso che Ferro, almeno questa è la nostra impressione, non ha avuto modo di modellarlo a propria immagine, perché cambiargli i connotati sarebbe stato un vero peccato, un lavoro che magari riesce meglio con un brano più debole, dai tratti più accennati, più confusi. Intendiamoci, davvero, ottimo brano, ma aspettiamo quando tra qualche anno, magari parecchi, Brunori SaS deciderà di inciderlo lui, ci è venuta voglia di ascoltare la versione originale.
Niccolò Fabi – “Andare oltre”
Un viaggio nell’inquietudine di quella solitudine fasulla dell’ossessione amorosa, quell’ansia per il futuro, per la rivoluzione stimolata dall’amore, che sia sul punto di iniziare o di concludersi, la paura, il terrore, nel girare l’angolo della vita per inoltrarsi in una strada della quale non conosciamo alcunché.
Niccolò Fabi, che resta autore pregevole, capace di tradurre il suo acuto sentimentalismo in tonalità musicali sempre così poeticamente eteree, in pratica canta di tutto ciò che resta fuori da una parentesi romantica: “Ho paura per quello che verrà” quando la apri, “chissà se mi perdonerai per ciò che è stato” quando la chiudi. Che poi è proprio la base dell’analisi che ognuno di noi fa quando ad una parentesi è destinato. Ottimo solito brano, forse non particolarmente sbrilluccicante in termini di guizzi, ma Niccolò Fabi è questo e noi lo amiamo per questo.
Pinguini Tattici Nucleari – “Dentista Croazia”
La progressione artistica dei Pinguini Tattici Nucleari è stupefacente. Non si può affermare che ogni singolo sia meglio del precedente, essendo ingiusto addentrarsi in valutazioni relative, insomma il bello delle canzoni è che ci si affeziona, quindi per qualcuno un pezzo come, che so, “Pastello bianco” potrebbe essere migliore di quest’ultimo, o “migliore” è l’aggettivo comparativo che userebbe; ma dal punto di vista della stesura, dell’intenzione, della narrazione, della tecnica compositiva, la band bergamasca cresce a vista d’occhio brano dopo brano.
Questa “Dentista Croazia” è così dannatamente pregna della poetica del viaggio, di quella autentica nostalgia, che è come se fossimo sul pulmino con loro, magari anche stanchi, di ritorno da una data, in direzione di un’altra, quando il pensiero si blocca su quello che stai facendo, meraviglioso, anche se non sai dove ti porterà, anche se non sai nemmeno cos’è, sognando qualcosa che ti rendi conto essere così intoccabile eppure così a portata di mano. È un pezzo crudo ma allo stesso tempo dai tratti fiabeschi e colorati, che poi è lo stile che Riccardo Zanotti sta sviluppando con tale destrezza. Bravi.
Biagio Antonacci – “Telenovela”
Parte spagnoleggiante poi sul ritornello esplode una specie di cassa dritta degna delle peggiori produzioni neomelodiche, senza nemmeno il quid del dialetto napoletano, che almeno renderebbe tutto un po' più caratteristico; ma in linea di massima il riferimento musicale, in termini di livello, di qualità, è quello. Il testo racconta, male, un vago e confuso ingarbugliamento amoroso del quale, esattamente come accade da che abbiamo memoria con le “telenovelas” in onda sulle reti televisive locali, ci frega meno di niente. Un disastro.
Francesca Michielin – “Occhi grandi grandi”
Un brano piuttosto confuso, cambi di registri che sembrano un po' fini a se stessi, come se al testo, abbastanza scoordinato nella metrica, servisse un’impalcatura sonora in fase di produzione per stare in piedi. La narrazione è didascalica, infatti sembra proprio che la musica insegua affannosamente le parole, il tema è trito e ritrito, lei incontra lui sul tram, scatta una muta scintilla e mille film su ciò che potrebbe essere e che alla fine, dato che nel frattempo ti sei così poco appassionato, se sarà o meno ti importa poco. Il pezzo, in quei rari momenti nei quali galleggia, si regge sulla voce della Michielin, sempre intensa e precisa, ma è inequivocabilmente da bocciare.
Pyrex feat. Rkomi – “Per averti”
Che dire? Perlomeno è una canzone. Nel caso di Pyrex è un record personale che chissà se riuscirà mai più a battere; assume infatti un senso se paragonata a tutta la sua attività precedente. Dovessimo valutarla rispetto a canoni tecnici ed estetici più generalisti la considereremmo l’equivalente musicale dello scontro tra lo spigolo di un mobile e il mignolo del nostro piede, appena svegli, un cupo lunedì mattina d’inverno. Un dolore acuto ed evitabile.
Marlene Kuntz – “Vita su Marte”
Brano che mette insieme la poetica classica di Godano e compagni con un pizzico di un fatalismo quasi satirico: “Chi ce la farà e chi non ce la farà/canta che ti passa/nel caso poi si vedrà”. Si sente che nella composizione di questo brano c’è mestiere vero, non la volontà di finire su Tik Tok, non la mera necessità di far sentire la presenza al mercato. È questo l’approccio che ci piace, ce ne vorrebbero di brani così, no, anzi, tutti i brani dovrebbero essere così, incendiati da una necessità di espressione artistica autentica.
Baby Gang – “Come te”
L’impressione è che la volontà fosse quella di provare la ricetta di chef Ghali: produzione abbastanza minimalista e contemporanea, riferimenti etnici e gangster story quanto basta. Ecco, sarà un fatto di gusti, ma Baby Gang e quelli come Baby Gang quando stanno ai fornelli e devono utilizzare le gangster story come ingrediente gli scappa sempre la mano. Hanno lo stesso rapporto che i portoghesi hanno con l’aglio o gli indiani con le spezie: viscerale, incomprensibile fino in fondo. Il brano insomma è una “trapnoia” mortale, cantano dell’essere duri e a noi sembrano sempre più buffi.
Annalisa – “Bellissima”
Ben dodici anni dopo il suo esordio sui nostri schermi ad “Amici di Maria De Filippi” finalmente un brano decente che quasi ne giustifica anche una presenza e una considerazione nel mercato musicale che ci hanno sempre lasciati perplessi. Sonorità anni ’80, ma autentiche, non stereotipate o tristemente omaggiate, un’intenzione audace e sensata, il brano si fa oggettivamente ascoltare che è un piacere e lei lo canta bene con quella voce che, in tutta onestà, non le è mai mancata. A questo punto non resta che capire se si tratta di un caso isolato, fortuito, miracoloso; o l’inizio di una nuova carriera, nella quale passerà dall’essere una figurina senza cognome, intonata e nulla più, buona per il ritornello di un tormentone, ad artista vera, concreta, adulta. Staremo a vedere.
North of Loreto feat. Raf e Guè – “Ti pretendo XXX”
Dopo la disastrosa “Cherie” Raf torna a fare il cciovane messo in mezzo tra North of Loreto, side project di Bassi Maestro, e Guè (ei fu Pequeno). Il brano del repertorio bombardato da cotanta pochezza è “Ti pretendo”, uno dei numerosi capolavori assoluti di Raf che, chissà perché, invece di coltivare quella sua visionaria poetica, quella per intenderci di “Oggi un Dio non ho”, “Inevitabile follia”, “Nei silenzi”, “Sogni”, “Gente di mare” e ancora a lungo potremmo continuare, cede al ricatto del mercato e tenta di acchiappare la coda del tempo. Operazione chiaramente impossibile.
Questa versione XXX di “Ti pretendo”, brano già ampiamente efficace nel suo essere ammiccante e provocatorio, sembra uno scarso remix da discoteca, condito da qualche barra disinteressata del nostro più sopravvalutato rapper. Denuda un bellissimo brano della propria essenza, come se volessero spremerne a tutti i costi la parte hit, buttando poi via la parte migliore. Un delitto.
Vale Lambo – “Last Night”
Peccato per il testo troppo debole, troppo mingherlino, perché lo studio delle sonorità, di ispirazione chiaramente internazionale, è stato fatto davvero molto bene.
DrefGold – “Giorni nel blocco”
DrefGold si presenta alla porta con la maschera di Manu Chao, campionando “Bongo Bong”; un azzardo tutto sommato tollerabile se non si cascasse sempre nella stessa identica narrazione street alternata ad un ritornello in loop che invece di ipnotizzare fa quasi innervosire. Il ragazzo non è certamente il peggiore della cucciolata, ma il pezzo in sé è povera cosa, è “Bongo Bong” che ti fa digerire “Giorni nel blocco”, ma, riflettendoci, a questo punto perchè non ascoltare direttamente “Bongo Bong” e buttare “Giorni nel blocco”? Risolto l’enigma.
VillaBanks – “Sex Festival”
“Sex Festival” non è stato pensato esclusivamente come disco ma proprio come un evento, avvenuto lo scorso 4 settembre, durante il quale tra talk e musica si è affrontato il tema del sesso in relazione a quello della libertà. Tutto molto interessante, se non fosse che la cosa poi inevitabilmente crea aspettative nei confronti del disco, ci saremmo aspettati all’interno una qualche presa di posizione, un ragionamento distorto o fluido rispetto all’educatissimo status quo italiano (perlomeno di superficie), invece non accade niente di tutto ciò, i dieci brani che compongono il disco sono solo dieci normalissimi brani.
Alcuni confermano il talento di VillaBanks, che in realtà nessuno aveva mai messo in dubbio, altri ne evidenziano ancora una fisiologica immaturità. Buono il duetto con Ariete (“Insieme”), molto ben fatta “Dalla finestra”, non male “Notte d’amore” e “Fiducia”, nettamente da rivedere invece quei brani che richiamano a sonorità reggaeton delle quali in tutta onestà facciamo a meno. Noi il 4 settembre non eravamo presenti al “Sex Festival” a Padova, spero che almeno lì, insomma, si siano divertiti un po'.
Vale Pain feat. ANNA – “Senza Emotions”
Concettualmente il gioco a due non è costruito male, non si tratta della solita alternanza all’interno del contesto di un pezzo rap in cui si fa a gara a chi è più spaccone, ma Vale Pain e ANNA interpretano proprio dei ruoli, due innamorati che si chiariscono cuore aperto; e questo è già un valore, dimostra la volontà di raccontare qualcosa. Purtroppo il modo in cui questo qualcosa viene raccontato è davvero povero, così viene da chiedersi, dato che i due pur essendo giovani, qualche intuizione l’avrebbero anche azzeccata in passato, se non sia proprio la loro generazione ad essere povera di poesia. Qui comunque non si fanno le recensioni alle intenzioni, si giudica il risultato e “Senza Emotions” è un brano effettivamente bruttino. Boh, sarà per la prossima. Forse.
Emma Nolde – “La stessa parte della luna”
In un disco mai abbastanza celebrato, l’ultimo davvero ispirato di Claudio Baglioni (“Viaggiatore sulla coda del tempo”, 1999), c’è una bella canzone che si intitola “Stai su”, il ritornello recita: “Se anche tu vedi la stessa luna non siamo poi così lontani”. Emma Nolde, in assoluto una delle più interessanti giovani cantautrici del panorama italiano, no, una delle più interessanti cantautrici in generale del panorama italiano, riprende quel concetto riportandolo ad un’essenza nostalgica che in tutta onestà nemmeno a Baglioni era riuscita così bene.
Questo pezzo è un lamento semplice e meraviglioso, metafora musicale precisa al millimetro di questo amore a distanza che lei vuole cantare e che lacera, minuto dopo minuto nella vita, accordo dopo accordo nel brano. Ottima l’intuizione di affidare a Francesco Motta la produzione, che è uno che di atmosfere nostalgiche, di come farle venir fuori bene, con quella intensa orchestralità, riempiendo di musica ogni singola emozione espressa, ne sa qualcosa. Fa venir voglia di tifare per questi due poveri ragazzi, speriamo che alla fine si siano riusciti a beccare. Un pezzo davvero notevole che ruba il cuore, una delle più azzeccate canzoni d’amore degli ultimi anni. Bravissima.
Bruno Belissimo feat. Maurizio Carucci – “Hai ragione tu”
Incontro felice tra il producer Italo-Canadese e la voce degli Ex-Otago, entrambe le loro anime vengono fuori, quella danzereccia che non si prende troppo sul serio di Belissimo e quella poetica e diretta di Carucci. Un brano divertente, non memorabile, ma buono per far si con la testa e sorridere un po'; di questi tempi praticamente la Divina Commedia.
Young Signorino – “Alone”
C’è qualcosa in queste tristi progressioni di accordi, in queste atmosfere minimal e smaccatamente sad di Young Signorino che proprio ci convince, quasi ci ingabbia. Una tristezza espressa in maniera diretta, quasi elementare, e per questo forse ancor più toccante; brani che arrivano come una confessione, nuda e cruda, buttata lì, senza fingere di essere ciò che non si è, diventando perfino utile a chi ascolta, che è una sensazione sempre troppo sottovalutata, in musica come nella vita.
È tutto intimo, talmente intimo che stuzzica un’empatia fortissima, ti vien voglia di abbracciarlo, di dirgli che andrà tutto bene; poi ti rendi conto che questa visione della vita vissuta come una disgrazia è la sua forza artistica e il segno di grande modernità e coraggio, una ventina di anni fa in Italia chi si azzardava a mettere in mostra e in musica tali sensazioni veniva letteralmente fatto fuori da uno showbiz che doveva vestirsi sempre di avanspettacolo; oggi è praticamente diventato un genere e siccome c’è tanta gente che ha bisogno di certe narrazioni per non sentirsi sola bravo a Young Signorino, che tappa una falla, nella musica, speriamo anche nella sua vita, che ci vuole audacia per riempire.
Yung Snapp – “Montana”
La naturale relazione che si crea tra Napoli e gli Stati Uniti in pezzi azzeccati come questo stupisce sempre. Yung Snapp, che già conoscevamo molto bene come producer, mette voce e faccia in questo nuovo progetto e ci convince, perché il passaggio tecnico, discografico, è conseguenza di quello artistico, si nota la ricerca di uno stile che vada a completare e non ingolfare lo splendido panorama urban partenopeo.
Quentin40 – “Guardare sotto”
Se in quanto a guizzi melodici Quentin40 ci ha abituati a qualcosa di meglio (riascoltatevi “Luna piè”, da restare scemi), l’urgenza narrativa, la voglia di raccontare con immagini così funzionali il proprio passato, il sogno di diventare pilota, è addirittura coinvolgente.
Serpenti feat. Malika Ayane – “Cassandra”
L’electro pop non è solo una ramificazione radical chic, ma è forse la più concreta forma di nuova canzone italiana capace di esistere accanto alle sonorità urban. Per questo è certamente da seguire il lavoro del duo Serpenti, perchè oltre al rigurgito di raffinatezza, i loro sono brani di concetto; a quanto pare, per esempio, il nuovo obiettivo è quello di raccontare la mitologia con questo appeal ultramoderno, un’idea che ha conquistato Malika Ayane, che regala al duo un featuring molto intrigante, adatta lei com’è a far brillare con la sua voce qualsiasi cosa sfiori. Ottimo lavoro.
Eva Emaus feat. Sabrina Salerno – “Superstars”
Sinceramente ci aspettavamo qualcosa di estremamente trash, qualcosa che rievocasse un passato meraviglioso, popolato da una serie innumerevole di immagini di Sabrina Salerno, vera e propria popstar e icona di inarrivabile epicità. Invece è un pezzo dance piuttosto serio e piuttosto anonimo. Cara Sabrina, chissà se sei cambiata tu o è cambiato tutto il resto, ma non avevamo bisogno di questo pezzo per ricordarci quanto tu sia una Superstar. Con affetto, l’intera generazione anni ’80.
Camilla Magli – “Il fumo uccide”
Brano intimo e funzionante, si sente molto la mano di Mahmood in fase di scrittura, il ritornello profuma proprio di lui; ma bravissima Camilla Magli a tradurre tutto nella propria lingua e riportarlo con il proprio stile, che è contemporaneo ed efficace. Buon lavoro.
Little Pieces of Marmelade – “Canzone 7”
Manuel Agnelli li adora, ben oltre il fatto che sia stato lui a lanciarli dinanzi al largo pubblico affrontando con loro una stagione da giudice di X Factor. Li produce, li fa suonare con sé, crede in questo approccio nerd rock; e ci crediamo anche noi, non perché ci crede Agnelli, ma perché quella cazzimma già ampiamente esposta davanti alle telecamere, la stanno mantenendo intatta anche nei lavori usciti a sipario chiuso.
Hanno un’idea i Little Pieces of Marmelade, un’idea che discograficamente non interessa a nessuno, non sfiorerebbero una top ten di Spotify nemmeno se gli alieni rapissero ogni altro musicista sul pianeta Terra; ma siccome a noi di quello che ascolta la gente ce ne frega pochissimo (anche perché la gente, inteso come largo pubblico, ascolta robe sempre peggiori), decidiamo di celebrarli e consigliarvi questo pezzo rock che fa fare si con la testa, che vi fa acchiappare la racchetta da tennis per usarla a mo’ di chitarra mentre saltate sul letto, perlomeno finchè scrivete recensioni e la vostra compagna è in palestra. Cari Little Pieces of Marmelade, la battaglia è dura ma noi la perderemo con voi.
LA NIÑA – “Nunn ‘o voglio sapè”
Quanto è brava LA NIÑA e che hit questo pezzo; che mette in luce tutta la raffinatezza della lingua napoletana, una lingua che rende perfino le più ridondanti narrazioni amorose intriganti e struggenti.