AGI - Il racconto del debutto della seconda edizione del Jova Beach Party, una festa ancor prima che un vero e proprio live, diretta emanazione di chi l’ha eroicamente ideata e realizzata. Tutto è pop, l’unico vero obiettivo di Jovanotti è far divertire il pubblico, in certi punti ci riporta al Cocoricò di Riccione, in altri al capodanno di Canale 5 in una versione vagamente meno trash, poi un suo brano, magari due, dipende da come gli gira, da come tira il vento, senza alcuna scaletta, poi ancora dj set, rimbalzando tra classici italiani e internazionali senza una continuità logica e men che meno intellettuale, senza la necessità di dimostrare niente a nessuno, sul palco, si, ma anche tra il pubblico, insieme al pubblico, non soltanto per il pubblico, non considerato più un tot numero di persone che hanno pagato il biglietto per un servizio, ma gli invitati alla propria festa.
Il Jova Beach Party è tornato, animando le giornate del 2 e del 3 luglio di Lignano Sabbiadoro, prima di dodici tappe (in tutto 21 giornate) della festa itinerante ideata e portata eroicamente sulle spiagge italiane da Jovanotti. Eroicamente, si, ed è un aspetto della questione Jova Beach Party troppo poco preso in considerazione; perché spesso, è accaduto durante la prima edizione del 2019 e si sta ripetendo in queste ore, quando una cosa è così pura e semplice e chiara nelle intenzioni, quasi non ci si crede, per cui si va a ricercare il pelo nell’uovo, in questo caso il fratino sulla spiaggia; a questo proposito, proviamo a chiudere definitivamente la questione, perché non al centro di ciò di cui ci interessa parlare, ovvero l’evento musicale in sé: il Jova Beach Party, per quanto possa sembrare assurdo data l’enorme struttura che lo articola, è probabilmente l’evento più attento all’ambiente mai svolto nel nostro paese, non fatevi ingannare da una manciata di tweet, è appoggiato dal WWF, è stato redatto un progetto per la salvaguardia dei luoghi in cui sosterà preciso al dettaglio, anzi, tutti i luoghi toccati dall’evento verranno lasciati meglio di come sono stati trovati e 20 milioni di mq di spiagge, laghi, fiumi e fondali in tutta Italia saranno puliti e bonificati grazie ad una raccolta fondi.
Se non ci credete e non ritenete che una macchina di tale cilindrata possa non solo non causare danni ma addirittura dare una mano all’ambiente, provate a parlare con qualcuno di Castel Volturno, per dirne una, qualcuno che si ricordi da quanti decenni quella spiaggia era invasa da spazzatura abbandonata (da noi, non da Jovanotti), tazze del bagno, lavatrici, materassi…pare che durante i sopralluoghi dell’organizzazione in otto siano finiti al Pronto Soccorso per essersi punti con siringhe abbandonate.
Beh, guardatela oggi dopo il passaggio del Jova Beach Party e non crederete ai vostri occhi. Una volta che le opinioni si arenano tristi, surclassate dalla gioia incontenibile di un popolo di giovani che riprende possesso della propria allegria, perché poggiate fondamentalmente sul nulla, che non trovano riscontro in nessun dato, anzi l’esatto opposto se è il caso, non resta che oggettivamente notare che per un artista con lo status di Jovanotti, quindi un ampissimo repertorio e un carisma che non solo ti colpisce, ma proprio ti abbraccia, quasi ti soffoca, organizzare un tour negli stadi sarebbe stato decisamente più comodo, forse addirittura più redditizio.
Ma, a quanto pare, il 9 ottobre 2018, chi ce lo racconta ricorda perfino la data esatta, a Jovanotti e il suo staff è venuto in mente di organizzare qualcosa di speciale, pare abbia detto “Gli stadi li fanno tutti”, eh infatti la Trident Music, la società che lavora con il “ragazzo fortunato”, aveva già chiuso l’accordo con Milan e Inter per tre date nel complesso calendario dello stadio San Siro, la macchina insomma si era già ampiamente messa in moto; ma non c’è stato verso di convincere Jovanotti che sarebbe stato molto, troppo, complesso organizzare un tour nelle spiagge. Fortunatamente con quel sorriso lì, con quegli occhi buoni lì, con quel fare così entusiasta, Lorenzo Cherubini convincerebbe chiunque di qualsiasi cosa; e menomale, altrimenti ci saremmo persi uno show letteralmente unico.
Bello (difficile dire il contrario), brutto (perché non si può mica stare simpatici a tutti), faticoso (quello certamente, come tutte le cose belle), divertente (innegabile)…il giudizio finale è giusto che sia lasciato a chi c’è stato, a chi ha vissuto questa esperienza totalizzante. Si perché Jovanotti tramite il suo Jova Beach Party, letteralmente ti abbraccia; si tratta di una festa che è diretta e autentica emanazione del proprio creatore. Tutto dentro al Jova Beach Party infatti sa di Jovanotti, perfino le persone, di tutte le età, riprova del fatto che Cherubini ha braccia abbastanza lunghe per stringere tutti, assumono quasi le sue sembianze, tutti gli occhi cominciano a sbrilluccicare all’unisono, come dopo l’uscita da un lungo tunnel, anzi, diremmo esattamente come dopo l’uscita da un lungo tunnel, dato che fondamentalmente di questo si tratta.
Per chi scrive si è trattato del primo Jova Beach Party, immaginiamo fisiologicamente più funzionante di quello del 2019, ma siamo rimasti ugualmente piacevolmente sorpresi dal grado di organizzazione nei dettagli di questa manifestazione. Certo, è chiaro, parliamo di 36 mila persone, non ci si può mica aspettare che non ci sia una lunga fila per acquistare i token, situazione resa più pesante di quanto non sia dal caldo di luglio che batte forte sulle teste del pubblico, ma possiamo garantirvi che non abbiamo trovato nessuno che reagisse alla cosa in maniera scomposta; d’altra parte se hai un minimo di esperienza di grossi eventi musicali, sai benissimo che sono le regole del gioco e non potrebbero essere diverse, non possiamo mica aspettarci 36 mila camerieri personali.
A questo proposito, è naturale che venga un po' di…la chiameremo ansia, ma non siamo sicuri sia la parola più corretta, all’idea di dodici ore (per chi entra all’apertura dei cancelli a mezzogiorno, lo spettacolo inizia intorno alle 14/15) da passare sotto il sole, in spiaggia, all’interno di un meccanismo che, dovendo servire e accontentare quasi 40mila persone, ti surclassa solo a pensarci; ed è chiaro che possa pervadere una sensazione di sfiducia.
Il segreto per batterla e godersi la giornata è ricordarsi, sempre, che non si tratta di un concerto ma di una festa, che sono due modelli di messa in scena molto molto diversi tra di loro; solo la struttura è quella del concerto, quindi il classico schema che unisce il palco dove succede qualcosa con il pubblico che paga un biglietto per guardarla, ma la corsa alla prima fila risulta praticamente inutile per la fruizione dello spettacolo, esattamente come non esiste una prima fila alle feste, c’è chi gradisce stare sotto cassa, ma è un modo diverso di godersi il momento, non un posto migliore rispetto a chi sta dietro. Infatti mentre solitamente ai concerti è il pubblico che corre verso l’artista in questo caso è netta la sensazione che sia l’artista a correre verso il pubblico, a volerlo far godere della propria visione.
Una specie di paese dei balocchi musicale in pratica, dove ognuno può trovare ciò che cerca; dove ogni genere musicale si mescola con il solo scopo di intrattenere il pubblico, solo nelle prime due serate 20 ospiti provenienti da otto paesi del mondo, e di tanto in tanto spunta Jovanotti, in una versione che sta a metà tra Jack Sparrow e Willy Wonka, un’oasi di libertà assoluta e ben calibrata dove tutto può succedere, perfino che Cherubini ti regali una serenata nel giorno del tuo matrimonio, che battezzi un’unione, una “bella storia”, in uno spazio pensato ad hoc. Una libertà alla quale l’organizzazione è stata tra l’altro così brava da saper applicare anche dei limiti invalicabili e invisibili: se hai tutto ciò che vuoi a disposizione non scatta quel meccanismo di difesa, quella fatica, ripetiamo, fisiologica per eventi di questa portata (se non vi piace nulla di male, aspettate l’autunno per andare a sentire gli artisti dentro i teatri, che è un’altra esperienza ugualmente soddisfacente), non si trasforma in un’affannosa e anche masochistica (perché comunque hai pagato un biglietto per essere lì) ricerca di qualcosa che non va, quel lamento costante che ti fa pensare che non vedi l’ora che tutto finisca.
Macché, quando il Jova Beach Party finisce e ti ritrovi fuori da quella festosa arena, già ti prende la nostalgia, ne vorresti ancora, anche se il tuo corpo, stremato da ore e ore di caldo, danza liberatoria e canto a squarciagola, reclama solo una doccia, un letto e un paio di giorni per riprenderti.
Jovanotti decide di aprire il suo Jova Beach Party con Gianni Morandi, Max Pezzali e Benny Benassi, tutti non annunciati, negli ultimi giorni è circolata infatti una listona di nomi, ma nessuno abbinato ad una data in particolare; perché? Di nuovo: è una festa, l’importante è che chiunque regali un cameo on stage rispetti il mood jovanottiano, basato su criteri strettamente legati alla positività, e chi esiste in Italia più positivo di Morandi e Pezzali? Quanti milioni di persone avrà fatto ballare Benassi?
Ad un certo punto arriva anche Salmo, presenza inaspettata nei pressi dato che la sera prima si era esibito a Bibbione; improvvisa un freestyle dentro “Non m’annoio” e perfino lui, duro e puro, uno dei capifamiglia di quella scena rap italiana che, al contrario, vende la violenza, alle volte perfino la delinquenza, l’accumulo di denaro, una visione estremamente materialista dell’esistenza come un merito, si disinnesca, come si nota bene nelle storie pubblicate su Instagram della sua permanenza nel backstage, dinanzi a chi guarda alla vita con un sorriso.
Certo, bisogna averne di coraggio per affrontare ogni stortura con un sorriso, e tra l’altro proprio Salmo è uno di quelli che con maggiore poesia ed empatia riesce a disegnare in musica anche l’altra faccia della medaglia, che è chiaro che esiste, mica si può pensare positivo solo perché te lo canta Jovanotti, ma appare evidente che anche per lui il Jova Beach Party è una festa dentro la quale quel pessimismo cosmico verso il quale siamo (tutti) indirizzati senza pietà non trova spazio né necessità di esistere.
Il Jova Beach Party non è un concerto di Jovanotti, anche quando si ritrova da solo sul palco principale, riproduzione accennata di un veliero di cui lui naturalmente è il capitano, sembra più che altro l’upgrade di un dj set; tutto è pop, estremamente pop, schifosamente pop, l’unico vero obiettivo di Jovanotti è far divertire il pubblico, l’attenzione deve restare sempre altissima, ogni istante dev’essere presentato da un lato e vissuto dall’altro con un’epica inattaccabile.
In certi punti ci riporta al Cocoricò di Riccione, in altri al capodanno di Canale 5 in una versione vagamente meno trash, poi un suo brano, magari due, dipende da come gli gira, da come tira il vento, senza alcuna scaletta, poi ancora dj set, rimbalzando tra classici italiani e internazionali senza una continuità logica e men che meno intellettuale, senza la necessità di dimostrare niente a nessuno, sul palco, si, ma anche tra il pubblico, insieme al pubblico, non soltanto per il pubblico, non considerato più un tot numero di persone che hanno pagato il biglietto per un servizio, ma gli invitati alla propria festa, invitati per un’intera giornata a guardare al mondo dal tuo punto di vista, un caleidoscopio musicale, dentro ci trovi tutti i colori possibili, un romanticismo eccessivo (qualora fosse possibile eccedere in romanticismo) e luminoso, che si riflette sui corpi bagnati dei ragazzi che popolano la spiaggia, sui sorrisi dei padri che cantano evergreen come “Penso positivo”, “Un raggio di sole”, “L’ombelico del mondo”, “Baciami ancora”, ma anche “Fatti mandare dalla mamma” con Morandi o “Hanno ucciso l’uomo ragno” con Pezzali, insieme ai figli, canzoni perfette, intoccabili dal tempo, che uniscono generazioni praticamente opposte all’ombra della stessa identica emozione. Assistere a questa magia è un onore nonché, per certi versi, in quest’epoca durante la quale i confini si evidenziano ancor prima di essere cancellati, un piccolo miracolo.