AGI - Meg torna sul mercato con due inediti in attesa dell’uscita del suo prossimo disco. “Per me la scrittura è una vera e propria forma di autoanalisi – dice all’AGI - per cui mi capita spesso di trovarmi in momenti particolarmente difficili o particolarmente cruciali della mia vita nei quali ho bisogno di fare ordine o capire meglio che cosa sta succedendo dentro e fuori; e comincio a scrivere”
Una delle più belle voci femminili della musica italiana finalmente torna tra noi, torna a farsi abbracciare dalle nostre orecchie avide di buona musica. Lo fa con due brani, il primo, “Non ti nascondere”, inneggia alla nostra unicità, una canzone che, effettivamente, per essere efficace serve sia cantata da una voce che sia unica, trasformando così parole e musica in una metafora convincente; e chi meglio di Meg? Così ipnotica, così sensuale, così travolgente. Perché la verità è che quello che oggi sentiamo fare a piccoli fenomeni del nuovo cantautorato femminile come Ariete e Ginevra, Meg lo faceva vent’anni fa. È per questo che aspettavamo con ansia il suo ritorno, perché è forte la percezione che questo possa essere nuovamente un suo momento, perché quel futuro che lei già intravedeva e traduceva in musica vent’anni fa finalmente è arrivato, così quello che ci ritroviamo oggi per le mani è materiale di altissimo livello e altissima contemporaneità. La produzione carica d’ansia dei genietti Frenetik&Orang3 si incastra perfettamente con la voce di Meg (tra le nostre preferite, di sempre) ricreando proprio quell’equilibrio instabile, schifosamente umano, tra forza e fragilità, un filo sottilissimo sopra il quale ergiamo impunemente grattacieli pronti a schiacciarci. Che stile.
Qual è la necessità artistica che ti ha spinto a scrivere “Non ti nascondere”?
Per me la scrittura è una vera e propria forma di autoanalisi, per cui mi capita spesso di trovarmi in momenti particolarmente difficili o particolarmente cruciali della mia vita nei quali ho bisogno di fare ordine o capire meglio che cosa sta succedendo dentro e fuori; e comincio a scrivere. E spesso, quando riesco ad essere particolarmente onesta con me stessa e ad andare particolarmente in profondità, succede il miracolo che la seduta va a buon fine (e ride) e dopo mi alzo dalla scrivania con un altro tipo di mood. Nel caso di “Non ti nascondere”, la motivazione che mi ha spinto a prendere la penna in mano, letteralmente la penna, perché l’ho scritta su un quaderno e non sul telefono, era perché stavo attraversando un periodo particolarmente tosto e mi sentivo totalmente inadeguata, avrei avuto voglia di scomparire, nascondermi nella mia tana per non uscirne mai più. Allora mi sono messa a scrivere e la mia parte più fragile, che aveva bisogno di aiuto, ha lanciato un sos e la parte più forte è riuscita a rispondere, risollevandola da questo abisso rispondendole “Non ti nascondere, tanto brilli di luce naturale, il mondo ha bisogno di te”. E allora mi sono sentita meglio. Quando ho fatto ascoltare il testo alle persone più vicine, la cosa che mi ha fatto molto piacere è che molti mi hanno ringraziato perché era come se parlassi a loro. È questa la motivazione che mi ha spinto a scegliere questo come primo singolo, la necessità di mandare fuori questo messaggio. Io credo profondamente che l’arte abbia questo magico dono di riuscire a darci fiducia in noi stessi o energia per fare qualcosa o riaccendere il fuoco della vita.
L’uscita di questo singolo desta curiosità, soprattutto perché tu eri già avanti vent’anni fa, il tuo stile, la tua idea di pop, stanno uscendo proprio adesso. Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo nuovo disco?
Sarà un disco con un sound che mi immagino come l’eruzione di un vulcano, da cui la lava fuoriesce calda e luminosa, le fiamme in qualche modo creano questa esplosione di energia; questa è la metafora che mi sento di darti senza fare molti spoiler.
Come hai vissuto l’esplosione indie? Molte delle nuove giovani voci femminili lavorano su sonorità simili alle tue di inizio carriera…Penso ad Ariete, a Ginevra…
Io non ho mai ragionato secondo quello che mi veniva richiesto, anzi, spesso era pericoloso che mi venisse richiesto qualcosa, perché io poi avevo la spinta a fare tutto il contrario. Anche questo è dovuto alla formazione degli anni ’90, si faceva tutto controcorrente, facevamo musica in posti non istituzionali e volevamo che ci venissero a trovare lì; facevamo musica strana, non la classica schitarrata. Stimo moltissimo Ginevra, come cantante e come autrice, è veramente brava, canta divinamente e mi piace la sua attitudine, lei un po' agisce come me, senza però aver vissuto quel momento di rottura, perché se l’è ritrovato a livello generazionale. Poi, per quanto riguarda il mercato, quello che richiede alle cantanti è una storia vecchia, dipende tu quanto sei disposto ad adeguarti alle richieste che l’industria musicale ti fa, è una sollecitazione costante, “Facciamo una cosa che assomiglia a quell’altra, perché oggi va di moda”, e queste cose qua sono la morte della creatività. Poi sono scelte, alle volte sono obbligate, io ho sempre cercato di scappare anni luce da queste dinamiche, l’industria musicale ci sarà sempre e sempre cercherà di rincorrere e attingere dall’underground tutto ciò che c’è di innovazione, perché poi cerca di fagocitarlo e vomitarlo in forma più commerciale, ma questa è una cosa vecchissima. I musicisti poi si dividono tra chi segue queste sollecitazioni e chi va per la sua strada.
Negli ultimi anni si fa un gran parlare della difficoltà che hanno le donne nel mondo della discografia…
Le cose sono molto cambiate per fortuna da quando io ho cominciato a lavorare, ai tempi c’erano molte meno donne nel mondo della musica, sia come musiciste che come addette ai lavori. Oggi invece le cose sono molto diverse, ci sono molte più ragazze che scrivono, cantano, compongono, producono, molte più donne che occupano ruoli manageriali, la mia manager è una donna, il mio ufficio stampa è una donna, per fortuna oggi posso avere a che fare con più donne. Per fortuna le cose sono cambiate, menomale. Poi ci sarà sempre quello che ti verrà a chiedere “Ma chi te li scrive i pezzi?” ma non ci facciamo neanche più caso.