AGI - Ottimi i dischi di Ghali, Eugenio in Via Di Gioia, Galeffi, Francesco De Leo e VERSAILLES; meravigliosi quelli dei Post Nebbia e di Francesco Di Bella, due perle imperdibili. Per quanto riguarda i singoli molto belli gli ultimi lavori di Johann Sebastian Punk e il duetto tra Qualunque e Verano. Chicca della settimana: “Considerando”, featuring tra i Fuera e BLUEM. Brano davvero eccezionale. A voi tutte le nostre recensioni.
Ghali – “Sensazione Ultra”
I primi singoli ce l’avevano fatto intuire, il disco ce lo conferma: Ghali ha deciso di integrare le proprie origini nella propria musica. Il risultato è spettacolare, un prodotto non solo studiato al millimetro ma anche estremamente interessante sotto tanti punti di vista. Per realizzare il disco infatti il rapper sceglie producer stranieri, che è un modo come un altro per proporsi in un mercato che si fa sempre, fisiologicamente, più internazionale.
Ma invece di utilizzare i soliti trick discografici, in poche parole mettere mani al portafoglio e portarsi a casa un feat. d’eccezione, lavora su un suono che possa essere percepito con chiarezza anche all’estero. Si butta su temi arabeggianti e in questo senso si scatena, chiaramente lo studio, la passione, l’impegno, il lavoro fatto in questi due anni (tanto ci ha messo a realizzare l’opera) sono evidentemente così profondi che alla fine anche la lingua usata, spesso, più spesso rispetto al passato, è l’arabo.
Arabo che arriva come una specie di straripamento, arabo che arriva lì dove l’italiano non arriva, arabo che non è un segno di protesta per una sorta di plastificata autoaffermazione, che non viene utilizzato contro qualcuno ma per rafforzare e definire una parte di se. È un disco rap, con una lavorazione raffinata in fase di produzione e che procede con un taglio ironico e malinconico per ciò che riguarda invece la stesura dei testi; e questo vale per tutti i brani del disco. “Bayna”, “Crazy” e “Pare”, featuring con Madame e un cameo prezioso di Massimo Pericolo, sono i tre brani che porteranno avanti gli stream, ma l’album è davvero tutto una perla.
Coez – “Essere liberi”
Un brano sul retrogusto quasi piacevole del dolore, perché alle volte il dolore ci rende in qualche modo liberi. C’è. Sta lì. Ci guarda dritti negli occhi quando ci guardiamo allo specchio, crea un muro altissimo che in qualche modo ti isola; poi però un sorriso, improvviso, che proprio ti sorprende, lo sbriciola e tu rischi quasi di essere felice. Il brano è prodotto dall’ottimo Sick Luke, che ormai ci sta prendendo gusto con le sonorità del pop, le armeggia con una freschezza illuminante.
Eugenio in Via di Gioia – “Amore e rivoluzione”
Quello che ci aspettavamo dagli Eugenio in Via Di Gioia era un album di matrice ecologista, loro in realtà vanno oltre e producono un disco che è totalmente politico, e per politico naturalmente non intendiamo un disco in cui si prendono delle posizioni partitiche, non un disco in cui si attacca il potere incravattato, ma tutte le possibili declinazioni che la politica ha sulla nostra vita di tutti i giorni, magari provando proprio a spiegare che qualsiasi problema pensiamo sia troppo “alto” per riguardarci, in realtà si riversa come un uragano in ogni singolo spicchio delle nostre esistenze.
Noi allora andiamo perfino oltre, il fatto è che gli Eugenio in Via Di Gioia producono un disco ideologico, che è l’assunto più nobile che si possa abbinare alla politica, che è stata denudata di qualsiasi ideologia, e dovremo prima o poi renderci conto che senza un’ideologia che regoli le nostre vite di noi rimane veramente poca roba. I brani sono portati a casa con il solito garbo, anche con una ricercatezza a livello produttivo di una sorta di bellezza antica.
“In cima” con Francesca Michielin è un brano di rara raffinatezza, “Provincia assassina” è talmente cupa da isolare l’ascoltatore, farlo perdere in una strada notturna e vuota per una riflessione abissale. Più in generale la band raggiunge il proprio obiettivo senza tradire la propria idea di musica, ancora semplicemente e straordinariamente artigianale. Gli Eugenio scrivono che questo disco è il loro modo per dire che un’altra possibilità esiste, che possiamo salvarci, ma chiudono il disco con “Utopia”, una scelta forte e dai tratti quasi drammatici.
Alessandra Amoroso feat. DB Boulevard – “Camera 209”
Brano che suona come il tormentone estivo che evidentemente si prefissa di essere; è la migliore versione della Amoroso possibile, meglio farsela bastare.
Mr. Rain feat. Alfa – “Sincero”
La raffinatezza nell’adoperarsi con un sound abbastanza minimal copre un po' la mancanza a livello testuale. Buon brano, niente di meno, certamente niente di più.
Bandabardò feat. Cisco – “Non fa paura”
Anche senza Erriquez, che comunque manca moltissimo, cui assenza alle volte risulta quasi assordante, la Bandabardò, accompagnata dall’amico Cisco, produce un album evidentemente artigianale, costruito con la sapienza e la limpidità con le quali hanno sempre portato a casa la loro pagnotta. Non ci sono hit stratosferiche, ci sono buoni brani che ti accompagnano in un ascolto piacevole, anche quando non memorabile. Quello della Bandabardò, c’è da dirlo, è uno stile che esplode nei live ed è a quel varco che noi li aspettiamo, sicuri che ci faranno divertire, nonostante quel vuoto, inutile prenderci in giro, incolmabile.
Galeffi – “Belvedere”
Il miglior disco di Galeffi. E se si considera che è il suo terzo, ed è evidente quanto il cantautore romano si sia impegnato in questi anni a maturare artisticamente, non è che la cosa stupisca più di tanto; anzi, siamo praticamente certi che in realtà il miglior album di Galeffi sia il prossimo ad uscire. Quello che possiamo tranquillamente considerare uno degli artefici della rivoluzione indie degli anni ’10, maneggia nettamente con più sicurezza tutto l’apparato musicale, ricorre spesso nei brani la tematica amorosa, ma è un disco scritto durante la pandemia e alla fine di una storia d’amore, quindi ci sta.
Ci sta a tal punto che proprio il come affronta l’argomento può tranquillamente diventare il metro di giudizio per capire quanto Galeffi è maturato, ed è maturato proprio tanto. Guizzi di cantautorato ottimamente calibrato fioriscono in tutto il disco, si passa dalla ballad struggente a quella di matrice più ottimista, abbracciando dalla bellezza classica, vintage, alla freschezza più genuina.
Ketama126 – “Armageddon”
Il rapper romano indaga l’emotività umana preparandoci ad una catastrofe che appare necessaria e comunque non definitiva, una sorta di giudizio universale pop. Se l’intento è apprezzabile, questo solito stile quasi monocorde, privo di alcuna interpretazione, rende il brano dimenticabile.
Post Nebbia – “Entropia Padrepio”
I Post Nebbia sono certamente tra le più interessanti realtà del nuovo panorama indie italiano, un panorama ben più complesso di quello che ha rivoluzionato il nostro pop salvo poi implodere un quarto d’ora dopo, fagocitato dal mainstream e da una crescita forse troppo veloce. È questo l’universo dentro il quale si muovono i Post Nebbia, un universo musicale quasi in rovina, dove, perlomeno sulla carta, non c’è posto per chi affronta la musica con un approccio così serio e impegnato; ma loro ci sono, resistono e ci verrebbe quasi da mandare un mazzo di fiori.
Perché “Entropia Padrepio” è uno di quei dischi pregni di un’epica antica, un disco come non se ne fanno più, in cui la new wave si accosta ad elementi di elettronica contemporanea. Un discone dalle idee chiare, lucide, eseguito con un tocco, ma soprattutto un amore, artigianale, evidentemente non finalizzato alla classifica, agli stream, ai like, ma, perlomeno così suona, esclusivamente alla necessità di mettere in piedi un’idea di musica che non fa sconti né prigionieri, che ti inchioda a sonorità cupe e confortevoli, rimandandoci a quel retrogusto dei grandi album indie italiani degli anni ’90, a quel sottosuolo serioso che smarcandosi dalle dinamiche delle tv e delle radio commerciali, faceva quasi la guerra a quei prodotti semplici e videogenici che hanno occupato l’attenzione popolare di quegli anni.
Ora che la situazione, con dinamiche diverse, sembra ripetersi, i Post Nebbia tirano fuori un disco complesso, impegnato, intellettuale e meraviglioso, regalando una speranza a chiunque non voglia affogare in un mare di intrattenimento mordi e fuggi, ascolta e skippa; un gran bel disco in cui la band punta a riunire all’ombra degli stessi accordi l’etereo e il materiale, ciò che abbiamo sopra la nostra testa con quello che abbiamo sotto i nostri piedi. Noi insomma. Il disco infatti potrebbe, straordinariamente, portarvi a scoprire qualcosa di più sui meccanismi che regolano il nostro animismo, seppur spicciolo, così umano, così imperfetto eppure così fondamentale.
VillaBanks – “La filosofia”
La voglia di spaccare in due l’estate italiana forse prende la mano al giovane e bravo VillaBanks, che punta su ritmi spudoratamente tendenti al reggeaton. Che dire, contento lui.
Samurai Jay – “Nessuno”
Se la poetica risulta vagamente minuscola, il rappato su questo ritmo affannoso, andante in moto perpetuo, è a tratti entusiasmante. Manca un po' di ciccia, ma il tutto viene mascherato con abilità e alla fine risulta anche divertente. Ottimo lavoro del producer Dani, ottima svolta del bravissimo Samurai Jay.
Alex W – “Non siamo soli”
Ci sentiamo piccoli piccoli dinanzi a quest’onda di smielata retorica che ci investe. Avete presente quando state sulla battigia e il mare è mosso e le onde dopo aver scalfito la spiaggia si ritirano e provano a trascinarvi in acqua e a voi sembra che vi manchi la sabbia sotto i piedi? Ecco, questo pezzo ci provoca la stessa identica sensazione di terrore.
Sissi – “Scendi”
Brano leggero e divertente, si sente il tocco magico di Takagi&Ketra e la giovane concorrente di “Amici di Maria De Filippi” ci mette dentro anche un’interpretazione azzeccata, a metà strada tra la contemporaneità del pop da spiaggia moderno e questa ritrovata fascinazione per il vintage anni ’60.
Se da qui a metà giugno il pubblico non si dimentica di lei, rischia di essere uno dei tormentoni di questa estate e poteva andarci decisamente peggio. Cioè, ci va quasi sempre decisamente peggio, quindi se vi andasse questa estate di torturarci con questa canzone, noi ci metteremmo la firma. Tanto morire assordati da schifezze danzerecce ci tocca, inutile illuderci, almeno questo pezzo ha degli spunti interessanti.
Francesco De Leo – “Swarovski”
Francesco De Leo torna con un disco che viaggia sul filo, sottilissimo, che divide erotismo e raffinatezza, roba che un passo sbagliato e scivoli nel trash più assoluto. In “Swarovski” non succede mai, ma è vero che il disco ti propone anche quella vertigine, declinata in un dubbio, del tipo “Ma fa sul serio?”.
Si, più si va avanti nel disco e più ci si accorge che fa sul serio e fa benissimo, che ciò che alle prime note del primo pezzo può sembrare un azzardo di rara fattura, in realtà è un’idea di musica ben precisa e ottimamente portata a casa. Il brano che chiude l’album: “Bye Bye Bertolucci”, cantato dalla sempre favolosa Maria Antonietta è una perla della quale ci siamo perdutamente innamorati. Bravo.
Lorenzo Fragola feat. Mameli – “Luna fortuna”
Altro brano che si candida a tormentone estivo, altro brano che si candida a tormentone estivo prodotto da Takagi&Ketra; che non possiamo trattare come terroristi musicali a piede libero, come se i tormentoni estivi se li fossero inventati loro, più che altro ci sarebbe da ringraziarli, perché al netto di certe porcherie che ci hanno fatto deglutire a forza negli anni, nell’ambito delle hit risultano sempre i più tecnici, i più preparati. Questa “Luna fortuna” per esempio, suona sincera e va trattata come una canzone vera e non un prodotto che si scioglierà con le prime piogge di settembre.
Ivan Granatino feat. Ivana Spagna – “Napoli Cuba”
La voce di Ivana Spagna utilizzata per “rompere” il rap napoletano di Granatino crea un mix assolutamente vincente. Un po' trash? Può darsi. Ma vitale. Diamine, vitale.
Kaufman – “Siddharta”
La primavera tradotta in musica, con i relativi sbalzi sentimentali, inebriati dall’aria frizzante che ci regala quei buoni propositi che inevitabilmente poi ci fanno scontrare con la realtà dei fatti, ovvero che la vita resta sempre quella che è e tra primavera e autunno cambia giusto il meteo. I bravissimi Kaufman inquadrano tutto in un brano che si beve con soddisfazione e leggerezza, da ascoltare cuffie nelle orecchie, sorridendo con quell’ansia dolorosa, ficcante, ma bella, mentre il pomeriggio sta per finire e qualcosa di speciale ci aspetta aldilà di una corsa in motorino. Beata gioventù.
Diego Tempesta Rivera – “Preghiera di Sirgole”
Una poesia accompagnata da un tappeto musicale in crescendo che ti strappa un pezzo di cuore. Una preghiera che ci mette in contatto con la terra, talmente alta da farci sentire in bocca il sapore del concime, l’erbaccia che ci punzecchia le orecchie, il vento che ci alita in faccia. Questo side project di Carmine Tundo, mente e voce de La Municipal, assume un senso sempre più compiuto e seguirlo passo passo, fino all’entroterra, non solo geografico, anche spirituale, è un piacere.
España Circo Este – “Ushuaia”
Un disco immaturo ma divertente, forse divertente proprio perché immaturo, spregiudicato, come una schitarrata tra amici, in quel modo autentico, in quel modo intimo, in quel modo ritmato e magro, nel senso che la poetica è piuttosto spiattellata ma l’apparato sonoro è ricco di guizzi, anzi, è quasi tutto guizzi, il che rende i brani un po' più deboli nella struttura ma decisamente più interessanti. Bravi.
Colla Zio feat. Selton – “Chiara”
Brano di matrice indie anni ’10, a partire dalla tematica, un amore raccontato attraverso piccole immagini, piccoli stralci di vita vissuta, che gode del tocco, ormai esperto, ormai unico, così delicato, dei Selton. Questi Colla Zio vanno tenuti d’occhio perché sono dannatamente autentici e dannatamente generazionali.
Johann Sebastian Punk – “Classico”
La natura schizofrenica della musica del bravissimo Johann Sebastian Punk, che incontra finalmente il pop, in poche parole finalmente apre le porte a chi bussa, forte, incuriosito da sonorità del tutto intriganti. L’incontro con il genietto del pop moderno Matteo Cantaluppi ha rivoluzionato il progetto di Massimiliano Raffa, spogliandolo dei ninnoli dell’indie impegnato per renderlo più accessibile; il risultato sono una serie di canzoni davvero ben congeniate, nelle quali l’artista non rinuncia alla propria idea di musica, ma cambia i codici e tutto appare più chiaro, come quando alla fine di quel giochino sulla settimana enigmistica in cui devi unire i puntini viene fuori la figura ed esclami “Aaaahh ecco cos’era”. Per cui: aaah ecco cos’è Johann Sebastian Punk: pop, confezionato con cazzimma, un brano, questo “Classico”, che resta complesso, ma che si scioglie come un nodo e regala la stessa soddisfazione.
VERSAILLES – “PATICO”
Pop robotico, autentico, intrigante, nonostante la scrittura non sia alta, è certamente intensa e ficcante. Così come avevamo notato durante le esibizioni a X-Factor, molto interessante la sua idea di musica, che in questo EP d’esordio si stiracchia in maniera fisiologicamente più personale, la chitarra sempre presente a fare da fil rouge dell’intera opera e la voce effettata con gusto. I brani sono tutti tutti belli, tutti tirano dentro questo mondo musicale ipertecnologico ma non per questo meno romantico.
Francesco Di Bella – “Play With Me”
Il cantante dei 24 Grana incide un disco solista di una bellezza stratosferica, dodici brani, dodici featuring, con alcuni dei più interessanti cantautori della musica italiana attuale, personaggi del calibro di Paolo Benvegnù, Marina Rei, Cesare Basile, Alessio Bondì, Lucio Leoni, Rodrigo D’Erasmo, chiamati a rivisitare alcune perle del repertorio di Di Bella. “Play With Me” suona serio e pacifico, estremamente poetico, a tratti commovente, magari proprio in ricordo di canzoni, non troppo snaturate della propria essenza, ma che hanno significato qualcosa nella crescita musicale di un piccolo nerd di provincia (vostro onore, colpevole). “Play With Me” è un disco talmente bello che andrebbe regalato ad una persona alla quale tenete particolarmente; mollate i social, spegnete Netflix, rimandate quell’apericena di lavoro e godetevi questa costruzione musicale meravigliosa e inattaccabile.
Cassandra Raffaele – “Giovanna”
Il ballo intimo di Giovanna che ci fa piroettare insieme a lei sulle note, sempre magistralmente assemblate e cantate, di Cassandra Raffaele. Il brano entra dentro leggero come un grido di gioia, una risata, un momento di serenità, una ventata di aria fresca che arriva dalla finestra mentre la tua mansarda ti sta arrostendo a fuoco lento, un sorriso. “Giovanna” rappresenta tutto questo, avete presente quando un brano vi migliora una giornata? Ecco. Preciso.
NICOL – “Pare”
La domanda è semplice: ma se abbiamo già Madame, che ce ne facciamo di NICOL? Noi niente, Mediaset ci fa share. E “Amici di Maria De Filippi” è presto spiegato.
Novelo – “Oggi se ne va”
Quando una storia finisce ci si può disperare o si può sviluppare una sorta di percorso intimo, anzi, di più, interno, non per forza drammatico, ma che ti porta un passo indietro rispetto al mondo, come se ti ponessi da un’altra prospettiva, da un’altra angolazione, come decidessi per un po' di guardarlo come fosse un acquario di pesci tropicali. Ed è così che ti senti, l’unico umano in un oceano popolato da stranieri, da gente che non parla o non parla più la tua lingua. Potrebbe essere una tragedia oppure si potrebbe prendere a ridere. Ecco, con Novelo e questa sua bizzarra presa di coscienza musicale, si prende a ridere.
Qualunque feat. Verano – “Shonen”
Brano composto con la poetica del manga, qualcosa di estraneo a noi, non perché lontano migliaia di chilometri, ma solo perché è così intimo ciò che viene cantato, che si entra dentro con cautela, come quando entri in casa di qualcuno che ti ha lasciato la porta aperta e si è perso in qualche stanza e tu non sai che fare. Ecco, in questa dispersione mentale la voce profonda di Qualunque risulta confortevole e il brano è proprio un gran bel brano.
Fuera feat. BLUEM – “Considerando”
Un brano meraviglioso, i Fuera sono una realtà da tenere d’occhio con particolare attenzione, così come BLUEM, progetto dalle potenzialità cantautorali decisamente superiori. Metteteli insieme e viene fuori un progetto non solo ultracontemporaneo, in cui vengono ripescati i suoni spagnoleggianti di una chitarra pizzicata su un beat entusiasmante, ma soprattutto la stesura di un testo poetico che, è un’impressione, magari ci sbagliamo, ha come solo fine proprio la poetica stessa. È una perla di pezzo da non perdere, uno di quei brani in cui innovazione, tradizione, guizzi, pensiero, artigianalità si fondono in maniera minimal e maestosa allo stesso tempo.
Piccolo G – “Canzoni d’amore”
Una specie di visionaria satira innovativa, iperprodotta, vincente, funzionante, efficace ma soprattutto giovane, sull’ossessione dilagante per le canzoni d’amore. Piccolo G ha i tratti di Tutti Fenomeni, anche qualcosa di vagamente riconducibile al chiello solista, ma con un’attitudine un po' più pop. Il brano comunque ci piace assai.
La Stanza della Nonna – “Teresa”
Il brano si inserisce trionfalmente in quel filone di canzoni che raccontano in maniera autentica, anche se a tratti imprecisa e scoordinata, l’intimità di una ragazza qualunque, intorpidita dalle difficoltà dell’esistenza, dalla voglia che tutto sia diverso, di essere toccata da un raggio di luce, da una rivoluzione sentimentale. I dubbi, i sogni, le delusioni, le notti insonni, i soffitti consumati dallo sguardo perso, tutto proposto con una narrazione chiara e fluida.
Ambra – “Voglio fare l’eroina”
Uno sfogo danzereccio e dalle tinte fortemente pop sulla voglia genuina, indissolubile, di farcela, di esprimersi, di mostrarsi; una sorta di Meghan Trainor all’italiana, meno minimal, più ricca, più barocca, più colorata, precisa, pungente, ammiccante, sexy. Ambra bussa con vigore alle porte del mainstream che, ne siamo certi, non tarderà a farla accomodare. Brava.