AGI - La stagione dei grandi live italiani è ripresa il 20 maggio 2022 alle 21:30, esattamente con mezz’ora di ritardo rispetto al previsto, perché 120mila persone che devono raggiungere una città che ne conta 117mila (Trento) e perlopiù parcheggiare, è chiaro che sono tante.
Abbiamo una data precisa e un orario preciso, non solo perché c’eravamo ma anche perché parliamo della prima data del nuovo tour di Vasco Rossi e non esiste un live più live di quello di Vasco Rossi; chi c’è stato o anche solo si è trovato in una delle città toccate da una tappa di un suo concerto, lo sa bene.
La struttura che il pubblico si trova davanti una volta entrato nella nuovissima Trentino Music Arena, uno spazio di 27 ettari incastonato tra le montagne, è impressionante; il palco ideato da Gio' Forma è alto quanto un palazzo di nove piani, 1.500 i corpi illuminanti sopra la testa del rocker di Zocca, 35 teste laser, da usare con cautela per non disturbare il traffico del vicino aeroporto e una potenza di fuoco da 750mila watt. “Bentornati vivi, sani e lucidi. Finalmente siamo di nuovo insieme!”.
Ecco: “Finalmente” è la parola d’ordine della serata e presumibilmente lo sarà per tutto il tour, perché un concerto di Vasco Rossi non è solo un concerto, si tratta di un rito collettivo dai tratti ben definiti che coinvolge una comunità ben definita, se non ci si vede da quasi tre anni, allora si trasforma in un atto liberatorio collettivo, ben più di una festa.
La scaletta che noi già conosciamo avendo assistito il giorno prima alla prova generale, prevede chiaramente diversi brani di “Siamo qui”, ultimo lavoro del rocker di Zocca uscito nel 2021; chiaro che pensando all’immenso repertorio di Vasco Rossi, viene quasi istintivo storcere il naso all’idea di ascoltare canzoni che su disco non è che ci avessero convinti chissà quanto, ma che improvvisamente in live assumono un senso, esplodono, come se fossero state create ad hoc per il tête-à-tête con i suoi ragazzi.
Ragazzi…guardandosi attorno in verità la varietà anagrafica è immensa, dai bambini intorno ai dieci anni che scorgiamo issati sulle teste dei genitori, genitori probabilmente cresciuti, come scrivono trionfalmente su un due aste “Cresciuti a pippe e Vasco”; a quelli più avanti con l’età che vantano, dal 1981 ad oggi, oltre 400 concerti sulle spalle. Come Luana, 67 anni, arrivata da Roma da sola e rimasta letteralmente schiacciata nella corsa alla prima fila la mattina alle 6 all’apertura dei cancelli.
Dobbiamo constatare che la musica di Vasco, decisamente, non ha età. Una band numerosa sul palco, il concerto ha delle note che rimandano fortemente al funky, proprio in particolare, appunto, per quel che riguarda i brani del nuovo disco; una potenza di fuoco praticamente impossibile da percepire con il semplice ascolto casalingo.
Se i brani del nuovo disco, come già detto, esplodono eseguiti dal vivo, gli altri, manco a dirlo, frustano la schiena con una serie di brividi che sanno di indimenticabile, meriterebbero un museo dedicato, ognuna dentro la sua brava teca, affinché il tempo, qualora volesse azzardare un tocco più pesante, ci rinunci miseramente.
Ecco, è questo il punto, un concerto di Vasco Rossi è un evento epico, una di quelle cose che nella vita, se non lo fai, se non ti ritrovi a cantare a squarciagola “Respiri piano per non far rumore, ti addormenti di sera e ti risvegli col sole” accerchiato da oltre 100 mila persone, ti sei perso qualcosa. Anche se questi versi provengono da un personaggio discretamente controverso, che è molto facile faccia antipatia, ma al quale non si può negare la straordinaria capacità di creare un movimento che va decisamente oltre la musica, che assume una dimensione quasi liturgica. Anzi, senza quasi, liturgica, punto.
Vasco sul palco mescola emozione e puro divertimento, se la gode proprio, ancheggia ironico e provocante mentre un’Enterprise di luci (uno spettacolo davvero notevole firmato Giovanni Pinna) lo incornicia; mentre lo osserviamo, puntino che domina una piattaforma quasi impossibile perfino da inquadrare con lo schermo dello smartphone, ci rendiamo conto che è davvero straordinario che Vasco Rossi non sia mai diventato macchietta di se stesso; ha 70 anni, che è un’età in cui il confine tra la leggenda e il ridicolo si fa sottilissima, riuscire a provocare, alludere, ammiccare con tale credibilità è qualcosa che, a pensarci, lascia sbigottiti.
Dunque viene il dubbio su quale sia il segreto di Vasco Rossi, come abbia fatto a creare tutto questo attorno a sé, qualcosa che, come apertamente confessato, è molto più grande di lui e della quale è anche rimasto vittima negli anni. Allora osserviamo il pubblico, specie in quei momenti topici di brani cult, quelli in cui non puoi fare a meno, noi compresi, è chiaro, di alzare il braccio puntando con violenza liberatoria verso di lui; come a dire “hai ragione amico mio, cavolo se hai ragione!”.
I testi di Vasco si reggono su slogan coinvolgenti che riassumono in maniera incredibilmente semplice e colma di significato il nostro personalissimo disagio, quel rospo che ci gratta la gola più o meno da sempre, perlomeno da quando abbiamo raggiunto l'età della ragione.
Quell'"eeeh" che è entrato a far parte del suo linguaggio in maniera così incisiva e iconica, per esempio, che lui accompagna su un palco con una scrollata di spalle. Un gesto così intimo, da bancone del bar, ma lui sta davanti a 120 mila persone ed è un modo di sbarazzarsi dell'emozione passeggera e gli permette di mettersi indiscutibilmente dalla parte del pubblico. Facciamo spallucce assieme, freghiamocene di quello che sta succedendo perché, umanamente, logicamente, non è che possiamo farci granché.
E Vasco tutto ciò lo canta. Straordinaria la capacità dunque di stare contemporaneamente nei panni della rockstar melodica, possiamo dirlo, definitivamente, l'unica vagamente autentica nel nostro panorama, e in quella del pubblico, di chi sta dall'altra parte e non racconta, non condivide, ma vive, letteralmente vive, in quel preciso istante, davanti e insieme a centinaia di migliaia di persone, quelle sensazioni.
È chiaro che a quel punto stiamo tutti nella stessa barca e se non puoi cantare sul palco perché ti è capitato di non nascere Vasco Rossi, allora canti, balli, piangi, letteralmente tifi. Alla fine i fuochi d’artificio, esattamente come succede quando le comunità festeggiano le ricorrenze, le sagre, i santi patroni, e non c’è molta differenza nelle sensazioni che vivide si percepiscono nell’aria.
Il popolo di Vasco arriverà nel centro di Trento a notte fonda, sono tutti evidentemente molto provati ed evidentemente molto felici. Tanti di loro seguiranno Vasco in tutte e undici le date di questo tour, perché quando il Komandante chiama la sua gente risponde all’istante, e questo perché Vasco è solo il primo tra i suoi, niente di più, niente di meno, un simbolo di inequivocabile grandezza, un profeta della filosofia spicciola ed efficace, il creatore di un linguaggio, di un mondo, forse non troppo poetico, quasi per niente se si pensa ai grandi del nostro cantautorato, ma certamente essenziale e significativo, ficcante come nessuno è mai riuscito.