AGI - Tutto pronto per la seconda serata della 72esima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Exploit di ascolti per il debutto di ieri, l’autobattesimo di Achille Lauro ha colpito il largo pubblico, composto per la maggioranza dai parenti dello stesso Achille Lauro.
Hanno cantato i restanti tredici artisti in gara, super ospiti Checco Zalone e Laura Pausini, largo spazio dunque alla musica fatta bene, e anche a Laura Pausini. Co-conduttrice della serata Lorena Cesarini che proprio a metà della cena ci rifila una ramanzina sul razzismo, per l’amor di Dio, del tutto corretta e del tutto dovuta, perché tra noi persone perbene si aggirano delle vere bestie e qualche volta è giusto che ci venga ricordato; ma di una lentezza che rischia di mandarci in coma e farci dimenticare le tabelline.
Checco Zalone regala una buona oretta totale di materiale buono per Techetechete', in un mondo che ha finalmente assorbito la stand-up comedy gli sketch da avanspettacolo, da copione, possono funzionare giusto con chi, televisivamente parlando, è rimasto indietro di una quindicina d’anni.
Detto ciò Zalone è un campione, infatti quando sgomma fuori dagli schemi, e non serve Amadeus come spalla (che non è proprio mestiere suo), o magari ci propone la canzone comica, specialità nella quale si supera, la situazione impenna. Anzi, vogliamo dirci in tutta onestà che la miglior canzone ascoltata in queste due sere in assoluto è la sua “Angela”?
Laura Pausini quasi 30 anni dopo il suo esordio sul palco dell’Ariston torna sul luogo del delitto, e ascoltandola cantare mai metafora fu più azzeccata. "Scatola – singolo con il quale ci ha deliziati - non parla di una scatola – spiega - ma qualcosa che contiene qualcosa di più importante” quindi una scatola. Hai dedicato una canzone a una scatola, mica c’è nulla di male. “Cosa sarebbe della mia vita se non avessi vinto Sanremo?” si domanda proseguendo, il mondo sarebbe un posto migliore, ci verrebbe da rispondere lì per lì.
Introdotti da un siparietto degno di un villaggio vacanze low cost, entrano in scena anche Mika e Alessandro Cattelan per l’annuncio riguardo la conduzione dell’Eurovision Song Contest, manifestazione della quale il 99% degli italiani è venuta a conoscenza dalla vittoria dei Maneskin e della quale niente ci è fregato per decenni.
Cattelan finalmente sul palco del Festival di Sanremo, quel puntino rosso che gli vedete sulla fronte viene dal cecchino ingaggiato dagli altri conduttori RAI nel caso si fermasse sul palco dell’Ariston più di un quarto d’ora.
Dalla nave dove Rovazzi è evidentemente ostaggio di Orietta Berti, che ha perso una scommessa con il reparto costumi, stasera Ermal Meta; e a te cominciano a mancare i premi a casaccio del sindaco di Sanremo. Il cantautore si è fatto crescere la barba e tu finalmente ti rendi conto cos’è che mancava alla sua faccia, per questo lo guardavamo sempre come un puzzle al quale manca un pezzo; non vi sentite anche voi più leggeri?
A fine serata la classifica che raccoglie i voti della sala stampa per quanto riguarda questo primo giro di valzer di brani: Elisa si piazza subito prima, al secondo posto Mahmood e BLANCO e al terzo La Rappresentante di Lista. Giusto il podio, un dispiacere vedere così bassi Yuman, Giusy Ferreri, Highsnob e Hu e, soprattutto, Giovanni Truppi, che è solo undicesimo, preoccupante considerato che si tratta dei voti della stampa specializzata, che comunque ogni anno non si fa scappare strafalcioni di questo tipo.
Ecco le nostre pagelle
Sangiovanni – “Farfalle” – Voto 4,5: Apprezzabile il fatto che in pratica indossi un abito di un colore che si è inventato lui, una sorta di viola catarro inguardabile. L’esibizione è più o meno in linea; ricorda, per intensità e profondità, quando da ragazzi l’amico in crisi amorosa ci trascinava fuori per raccontarci delle proprie disavventure tracannando birre a ripetizione: sbiascica qualcosa che non capisci, è chiaramente turbato, provi a mettergli una mano sulla spalla ma lui si dimena, non si lascia avvicinare, l’urgenza è sputare fuori tutto, con il livore che gli provoca la fuoriuscita di lunghi rivoli di saliva mentre pronuncia il suo nome. Ecco, la performance di Sangiovanni è così: scoordinata, pasticciata, esagerata, senza alcun mestiere, non incastrata nel contesto; non riesce nemmeno a essere ruffiana come si prefissava di essere. Un disastro. Alla fine pensi quello che alla fine pensi del tuo amico: “Vabbè, passerà”.
Giovanni Truppi - “Tuo padre, mia madre, Lucia” – Voto 8: Un brano che, in tutta onestà, nessuno lo scambi per un rigurgito radical chic, è troppo per Sanremo. Troppa poesia per una prima serata in mezzo ad un varietà, “Tuo padre, mia madre, Lucia” è uno struggente cortometraggio intimista, e allo stesso tempo così comune, così facile da comprendere: l’amore stesso cielo per tutti e Truppi ce ne racconta la parte più cruda, più autentica, più ruvida. Un brano semplicemente commovente, la messa in scena pomposa del Festival potrebbe appiattirne qualche tratto, ma è veramente di un’altra categoria. Da Giovanni Truppi non ci aspettavamo niente di meno.
Le Vibrazioni – “Tantissimo” – Voto 6: Le Vibrazioni sono fighi, suonano bene, ci credono tantissimo, forti del loro mestiere; ma raramente riescono ad affondare il colpo. Lo sanno fare, lo sappiamo, “In una notte d’estate”, “Ovunque andrò”, quando picchiano, picchiano duro. Non stavolta. Tutto troppo liscio. Spiace.
Emma – “Ogni volta è così” – Voto 5,5: “Ogni volta è così” è quello che pensiamo in linea di massima quando sentiamo una nuova canzone di Emma. La capacità di restare sempre uguale a se stessa di questa ragazza è stupefacente, forse non è che mancano i guizzi, forse è solo profonda coerenza; fatto sta che il brano è totalmente indistinguibile da tutta la sua intera discografia, tenta di camuffarsi dietro un elettrobeat che fa dal fil rouge al pezzo, ma non ci crede nessuno, come un detective che legge un giornale al contrario mentre pedina il sospetto. Detto ciò, è una di quelle che ha cantato meglio in assoluto.
Matteo Romano – “Virale” – Voto 5: Diciamo che i tempi in cui da Sanremo Giovani arrivavano Andrea Bocelli, Giorgia, Alex Britti, Eros Ramazzotti e Marco Masini sono finiti. “Virale” è un brano che manca di profondità, di impegno, di mestiere, è troppo debole, troppo leggero, proprio non va. Certo, poi lo guardi in faccia, lo vedi così bambino, ti fa quegli occhi da Michele Bravi, e ti si stringe il cuore.
Iva Zanicchi – “Voglio amarti” – Voto 3: Non sarebbe bellissimo se a metà pezzo si togliesse la parrucca e scopriamo che in realtà è Damiano dei Maneskin? Scherzi a parte, non si può che voler bene a Iva Zanicchi, che domina il palco e la canzone, seppur con qualche imprecisione, seppur il brano risulti vecchio pure per le nonne, come se cantasse nella sua cucina mentre frigge gli gnocchi. “Il festival mio può finire qua!” esclama a fine esibizione; per noi pure.
Ditonellapiaga e Donatella Rettore – “Chimica” – Voto 8,5: Donatella Rettore in realtà è Achille Lauro con una parrucca in testa, ti viene qualche dubbio solo quando ti accorgi che è una bomba di pezzo. Lo ha scritto Ditonellapiaga, che ha fatto un disco, “Camouflage”, che è uscito un paio di settimane fa ed è una meraviglia. Quello con Donatella Rettore è un vero incontro che fa scintille, creano un meraviglioso corto circuito, le due sul palco si divertono, interpretano senza strafare e si candidano ufficialmente ad occupare la casella lasciata libera da Colapesce e Dimartino. Il brano è anche complesso, non è lineare, non è facile da cantare, ma Ditonellapiaga e Donatella Rettore se la sono bevuta come acqua fresca. Bravissime.
Elisa – “O forse sei tu” – Voto 8: Elisa è sempre ipnotica, renderebbe eterea pure una riunione di condominio. “O forse sei tu” è quello che stanno pensando tutti quelli che si sono giocati la vittoria di Mahmood e BLANCO. Si tratta di un bellissimo brano, il passaggio da strofa a ritornello è magnifico, ti trascina per le orecchie dentro il vortice del brano, che si stiracchia in una cantilena affascinante, stupenda, definitiva.
Fabrizio Moro – “Sei tu” – Voto 6: “Per te” di Jovanotti all’amatriciana.
Tananai – “Sesso occasionale” – Voto 5: C’è qualcosa in questa canzone bruttina che sbrilluccica. È una sensazione, forse siamo ancora offuscati dal vestito della Berti, o sarà che al ragazzo non gli hanno spiegato come funziona esattamente un microfono, per cui l’esibizione più che al Festival della Canzone Italiana sembrava quella a un karaoke in piena sbronza. Servirà un altro ascolto.
Irama – “Ovunque sarai” – Voto 4,5: Entra in scena dopo una colluttazione con Spiderman, canta una lettera ad una persona evidentemente scomparsa. Il brano è mediocre, resta troppo in superficie rispetto all’argomento che tratta, risultando così discretamente pretenzioso. Detto ciò, c’è da dire che noi siamo stati distratti dal testo che ricorda una poesia di Corrado Guzzanti nei panni di Brunello Robertetti: “Se fosse cane bau, se fosse cane miao, se fosse tardi, ciao”.
Aka 7even – “Perfetta così” – Voto 4: Non so voi ma noi Carlitos Tevez lo preferivamo alla Juventus. “Perfetta così” è evidentemente quello che gli ha risposto un amico quando gli ha fatto sentire la canzone, ma era uno scherzo. La verità è che da Aka 7even non ci aspettavamo niente di più, dovremmo tenere certi ragazzi, sui quali annualmente vengono appiccicate addosso delle hit estive, lontani dal Festival; sena offesa, ma serve che si restituisca al Festival un po' di autorevolezza.
Highsnob e Hu – “Abbi cura di te” – Voto 7: Vabbè, come personaggi sembrano usciti dal set di “Nirvana” di Gabriele Salvatores, ma il brano è valido, inciso con una produzione minimal potrebbe far esaltare un testo sensato. Loro lo interpretano molto molto bene, talmente bene che scatta quasi subito la voglia di andarcela a risentire su Spotify.