AGI - “Tutta ‘sta musica, ma non sarà troppa?”. Ennio Morricone, scomparso nel luglio del 2020, non ha fatto in tempo a veder realizzato ‘Ennio’ il film in cui si è generosamente raccontato a Giuseppe Tornatore, cui era legato a doppio filo artistico (hanno lavorato insieme per venticinque anni da “Nuovo cinema Paradiso” in su) e che sarà in sala stabilmente dal 17 febbraio, dopo due giorni di anteprime, il 29 e il 30 gennaio, prodotto da Piano B.
Scherzando ma non troppo Tornatore, imitando in conferenza stampa la cadenza romanesca dell’artista premio Oscar come lui, si è detto sicuro che il campione assoluto di colonne sonore si sarebbe lamentato della sovrabbondanza di estratti di musica che punteggia doverosamente il film: “Ennio aveva la giusta opinione giusta che la musica nel cinema fosse importante ma che non dovesse mai vampirizzarlo.
Stavolta però ho dovuto infrangere questa regola, perché il personaggio esce non solo da quello che dice o dicono gli altri ma quando senti le sue composizioni” ha spiegato, chiarendo quindi che Morricone “non ha mai sostenuto la superiorità della musica rispetto al cinema, ma era consapevole che fosse un linguaggio universale che non ha bisogno di un interprete”.
Insieme al lavoro sulle testimonianze di artisti e registi italiani e internazionali che hanno lavorato con il Maestro (da quella di Bernardo Bertolucci a quella di Quentin Tarantino, passando per Gianni Morandi, Carlo Verdone, Oliver Stone e tra gli altri Bruce Springsteen) è stata fondamentale la testimonianza di Morricone stesso, filo conduttore del docufilm scandito anche dalle immagini di film cult come ‘C’era una volta in America’.
Si ride, si piange, e si impara parecchio con il docufilm che si apre con il musicista che fa ginnastica sul tappeto del suo salotto, esercizio cui si dedicava ogni giorno e comincia a raccontare che da bambino sognava di diventare un medico e divenne invece trombettista, come suo padre, anche in giro per locali per aiutare la famiglia: “Usare la tromba per fare due soldi era umiliante, per quello non l’ho più fatto”, si commuove raccontando quindi i primi passi da compositore e i rapporti con il suo maestro Goffredo Petrassi, che come altri non vedeva di buon occhio la collaborazione tra compositori e cinema: “Petrassi pensava che la musica da film non fosse vera musica”, racconta Morricone, autore di oltre cinquecento indimenticabili colonne sonore.
Ma oltre alla testimonianze preziose su come l’artista abbia saputo unire in modo sublime “poesia e prosa” e su come considerasse le note come dei mattoni (“sono tutti uguali, ma poi ogni casa è diversa”) ‘Ennio’ svela ciò che di Morricone si conosce poco. Come la sua passione per gli scacchi (“rappresentano la resistenza e la voglia di migliorarsi”, spiega nel docufilm) ma anche l’origine di certe sue intuizioni musicali: dall’urlo del coyote che gli suggerì il tema de ‘Il buono il brutto, il cattivo’ al battere ritmato delle mani sui bidoni di latta di un gruppo di scioperanti in un corteo per le vie di Roma che gli ispirò il tema di ‘Sostiene Pereira’.
“Ennio si è raccontato per undici giorni, sei ore al giorno, gli ho lasciato percorrere una linea narrativa libera, non ho mai interrotto il suo pensiero e lui non ha posto nessun veto, lasciandosi andare anche a rivelazioni dolorose, a partire da quella relativa alla sua condizione di isolamento da parte dei colleghi che consideravamo sconveniente prestarsi al cinema - ha spiegato Tornatore - tanto che quando finimmo mi disse “Mi è sembrata una lunga seduta di psicoanalisi”. In realtà, ha chiarito quindi il regista, Morricone qualcosa di ‘Ennio’ è riuscito a vederlo: “Una prima imbastitura di un’ora con poco repertorio. Si illuminò davanti all’ immagine del suo maestro Goffredo Petrassi”.
Tornatore si è quindi soffermato sull’assenza della testimonianza di Maria, la moglie di Morricone, nel docufilm: “In un primo momento volevo intervistarla pensavo fosse utile farmi dire cose personali di Ennio, ma rifiutò. Dopo aver visto il film mi disse “Mi sento in colpa ma sento che è stato giusto” e ora sono convinto che avesse ragione, è una donna che ha una personalità forte, indimenticabile, avrebbe squilibrato il film - ha chiarito - Ennio era un genio nella musica non sapendolo, e lei, maestra di sensibilità, stendendogli intorno un perimetro di protezione, è stata la chiave del suo successo”.
Ma nel film anche la testimonianza diretta di Tornatore è sacrificata rispetto a quella di altri colleghi: “Non mettere nessuno dei miei film sarebbe stato un errore, ma anche inserirne troppi, sentivo il pericolo che nel documentario potesse nascere un’escrescenza, per questo ho fatto un passo indietro”.
E adesso senza la magia di Morricone, cosa ne sarà dei suoi nuovi film? “Senza la musica di Ennio i miei film sarebbero stati diversi e da questo devo dedurre che lo saranno anche i prossimi. Spero che ci siano elementi di continuità ma non chiederò mai nessuno di fare qualcosa alla Morricone come non ho mai detto a lui “componi qualcosa alla Mozart” ha chiarito il regista che è già su un nuovo film: “L’ho scritto, lavorando da remoto, e ora siamo in attesa di poter cominciare a viaggiare, perché si svolge in altri paesi”.
Ha montato da remoto causa pandemia anche ‘Ennio’ e, ha chiarito, non è stato semplice: “La pandemia ha condizionato, oltre al nostro modo di lavorare anche quello di relazionarci -ha analizzato - ho paura che questi condizionamenti siano pian piano accettati e invece la nostra capacità di essere spensierati andrebbe preservata, a scapito di cifre troppo malinconiche e tristi. Anzi dovremmo inventare una nuova materia scolastica, la spensieratezza”.
Di spensieratezza però nelle sale al momento ce n’è poca. ‘Ennio’ andrà al cinema in un momento drammatico per gli incassi, ma Tornatore continua a credere nella magia cantata nel suo “Nuovo cinema Paradiso’: “Mi rifiuto di pensare che la crisi delle sale possa preludere alla sua fine, credo invece che si tratti di una stagione difficile. E sono anche convinto che nasceranno ancora altri sistemi di diffusione dei film che si affiancheranno a quelli attuali, ma anche che la sala non potrà mai non esserci.
Quell’esperienza emotiva non la si può cancellare, fa parte del nostro mondo. Questo è un momento di tristezza infinita, entrare al cinema e ritrovarsi da solo in sala, o sentire gli esercenti che ti raccontano di non aver staccato neanche un biglietto a fine giornata fa venir da piangere - ha continuato - ho paura di quello che può essere una specie di lasciarsi andare, non si può fare”.