AGI - L’uscita della terza ed ultima stagione di “Suburra” ha già infiammato il web; la storia, così attuale e intrigante, sui loschi affari che coinvolgono governo, chiesa e varie frange della criminalità organizzata in un girotondo di malaffare, tratta dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini e che richiama lontanamente reali fatti di cronaca, rimane fissa nella top ten dei contenuti più cliccati su Netflix.
Ma la vera chicca di questa terza e ultima stagione è certamente la colonna sonora composta da Piotta; il rapporto tra il rapper romano e “Suburra” in realtà comincia già nella prima stagione quando la produzione sceglie “7 Vizi Capitale”, singolo del 2015 realizzato in featuring con la band Il Muro del Canto, come sigla finale di tutti gli episodi; la collaborazione prosegue poi nella seconda stagione in qualità di consulente, per questa terza stagione invece l’autore di hit come “Supercafone” e “La grande onda”, e di dischi imperdibili come “Interno 7”, viene chiamato ad una sfida per lui inedita, quella di scrivere un’intera colonna sonora.
Piotta vede e rilancia, non compone solo una semplice colonna sonora, una musica didascalica che accompagni le immagini, ma decide di affondare le rime nella storia lasciando un’impronta indelebile, dedicando ad ognuno dei personaggi principali della serie un brano ad hoc. Quello che ne viene fuori è un’opera rap monumentale in cui non solo Piotta riporta i protagonisti di “Suburra” alla loro vera natura, dando voce ad una Roma mamma che tutti in qualche modo finisce per perdonare, ma che è anche donna scaltra e sfuggente che non vuole padroni; ma riesce anche nel certificare quel confine che unisce il rap al cantautorato impegnato, da premio Tenco per intenderci (e chi vuole intendere intenda).
“Per me è la prima colonna sonora originale, ho partecipato con singole canzoni, però erano tutte cose non nate per il film, anche quando sembrava che lo fossero, in questo caso la storia è stata del tutto differente”
E come è andata allora?
“Tutto è cominciato con una mail in cui mi si chiedeva l’utilizzo di “7 vizi Capitale” per una puntata, poi la richiesta è diventata ‘Ti interesserebbe che diventasse sigla di tutta la serie?’, la mia risposta era sempre positiva, perché comunque l’idea di volare sulle ali di Netflix, di partecipare a quella che era la prima serie italiana prodotta da loro, che finisce in tanti paesi, mi allettava”
E già la cosa aveva funzionato molto bene, no?
“Ho pensato ‘Madonna, che bello, la musica è qualcosa di magico che continua a stupirmi sempre. Uno fa una canzone in studio da lui a Roma e poi quella canzone finisce che la ascoltano in Vietnam, a Città del Messico… credo che tutta questa potenza, aldilà della bravura del singolo artista, sia pura magia della musica”
Poi ti hanno richiamato per la seconda stagione…
“Al secondo anno mi è stata chiesta una consulenza per alcuni brani rap che sono stati messi”
E adesso la terza stagione…un bell’incarico.
“Quello più stimolante di tutti: ‘Ci faresti la colonna sonora originale?’, ‘Ca..o, fighissimo, - ho risposto - non l’ho mai fatto in maniera così completa, in più è come avere quasi sei film!’. E allo tempo ho proposto una cosa che non ha mai fatto nessuno: perché non facciamo una sigla per ogni puntata? È una serie tv corale, ad ogni personaggio cercherò di dedicare un tema sonoro e anche un testo”
Come si procede per sviluppare un lavoro del genere?
“A prima vista può sembrare che uno abbia dei paletti e apparentemente è così, poi però questo fatto del paletto è come il tema a scuola, c’hai l’argomento che ti da la professoressa, però è proprio lì la sfida, nell’essere comunque se stessi, comunque originali. L’incontro decisivo per questa cosa è stato pochi giorni prima del primo lockdown quindi la cosa è stata un po' complicata, perché una cosa è andare in studio coi mezzi, un conto è cominciare un po' alla vecchia, come se fossero i tempi dell’università, nel mio studiolo a casa, quindi con delle opportunità inferiori, ho cominciato a buttare giù idee. Calcolando che io a casa non ho nemmeno l’ADSL, anche mandare file (e si trattava di file pesanti con musica e video) era difficile, specie di domenica con tutto il palazzo a guardare serie tv; veramente surreale. Ma è stato molto molto stimolante”
Qual è stato il tuo personaggio preferito?
“Quello che più rappresenta Suburra e quella sete di potere che quando la vai a sfiorare diventi sia carnefice che vittima allo stesso tempo, anche nelle tue azioni più truci, è Cinaglia. Lui che parte nella prima puntata vicino ai centri sociali, di quella sinistra popolare, dal basso, che si è fatto da solo…poi arrivi alla fine e pensi ‘l’hanno scritto proprio bene questo personaggio’, la metafora più criminale e più cattiva a livello di umanità che potesse essere raccontata. C’è una trasmutazione, alle volte anche fisica, qualcosa che cambia nello sguardo, gli esce proprio il lato oscuro”
L’impressione è che tu sia riuscito a scovare e mettere in musica l’umanità dei personaggi…
“Io ho cercato, non per giustificare in alcun modo le azioni criminali dei personaggi, anche perché sono chiaramente di finzione, di scavare nel loro percorso di vita ed estrapolare il lato più umano e poetico, per far si che in qualche modo l’ascoltatore potesse empatizzare col personaggio”
Quello che fanno di criminale è solo conseguenza di ciò che sono…
“Ognuno di loro arriva al potere per motivi diversi ma tutti per rivalsa sociale: Cinaglia si sente il giusto messo ai margini dal potere, il vecchio Samurai che ancora giustifica le sue azioni con la sua ideologia di estrema destra, immaginando di fare le cose non per tornaconto personale ma in missione per una città per come si immagina lui; Manfredi vuole portare gli Anacleti ad un altro livello sociale, hanno potere ma ottenuto in maniera barbara; Spadino ha tutta una sua complicatissima battaglia interiore per accettarsi per come è davvero, proponendo un’immagine di sé molto più strafottente e maschia di quanto non lo sia; Angelica e Nadia hanno questa rivalsa al femminile; poi su tutti c’è Aureliano che a suo modo vuole essere un giusto”
La serie quanto racconta di Roma secondo te?
“Qualcosa racconta, secondo me l’elemento di finzione è palese, è molto liberamente ispirato a fatti di cronaca, ma non c’è nulla di così fedele alla realtà. Forse nelle primissime puntate puoi avere un’idea un approccio più realistico/giornalistico, col passare delle puntate della serie poi l’elemento cinematografico, di finzione, alle volte direi quasi fumettistico, mi sembra palese e forse in questa terza serie ancora di più. Non mi sento di dire che c’è tantissima Roma dentro, forse nella fotografia, infatti ho cercato di dipingere anche io con le parole, come avrebbe fatto Caravaggio; i colori sono molto scuri, a tinte fosche, l’idea è un po' questa. Un disco crepuscolare che, un po' come il mio carattere, nasconde sempre umanità e un potenziale di risposta positiva e luce al buio che c’è”
L’urban è al momento il genere che meglio racconta Roma?
“Io penso di si, urban è un termine tutto sommato comodo che mette insieme tanti generi musicali, tutti e nessuno, da quello come suoni più attuale al rap più classico che piace a me, che è presente in “Cuore nero”, fino a “Fiore per il male” che è un po' trasteverina con quel canto antico, popolare, e sotto un beat molto più moderno, quasi un reggaeton nascosto. Questi contrasti forti secondo me rappresentano bene Roma e mi piace molto l’idea di averli messi tutti insieme in un disco”
Che effetto ti ha fatto vedere la tua musica usata come supporto per raccontare questa storia?
“Lo rifarei, è una bella droga. Perché comunque ormai gli anni che faccio musica sono tanti e in questo anno così strano per tutti ho capito più che mai che il fatto che io faccia tanti live è proprio una necessità psicofisica per stare bene. Nonostante le cose vadano bene non riesco, da 1 a 10, a dirti che va da 10. Vorrei dirti ‘domani parte il tour, non vedo l’ora, abbiamo una scaletta pazzesca, andiamo lì, ci becchiamo con quello, facciamo tardi, ci beviamo una cosa, ci confrontiamo e andiamo in studio da tizio e facciamo un pezzo al volo…’, tutto questo è chiaramente annacquato in questa vita che tutti facciamo, con grande rispetto per noi stessi e per gli altri, ma sentiamo di avere il freno a mano purtroppo tiratissimo”
Questa colonna sonora poi immagino te ne dia di spunti a livello di live…
“Io non vedo l’ora, già il tour estivo è saltato ed erano più di 30 date, volevo fare pure un po' di pezzi vecchi, era un bello show rap, funky, energetico, perché poi, pensavo, ci sarà Suburra che sarà più da club, più scuro, più cupo…vabbè, tutti calcoli e ragionamenti che hanno lasciato il tempo che hanno trovato, però prima o poi, spero che si possa tornare tutti a suonare; farlo nelle condizioni psicologiche di questa estate, con tutto il rispetto per chi l’ha fatto, io sinceramente non me la sono sentita di forzare la mano, specie per come sono i miei show, che sono molto coinvolgenti; uno show pieno di ansie, di inevitabili paure, di posti a sedere senza poter stare abbracciato alla tua compagna o il tuo compagno…ho preferito rimandare, anche perché ero tra coloro che, pur senza avere alcuna prova scientifica, passata l’estate pensavo ci saremmo lasciati il Covid fortemente alle spalle, invece il mio ottimismo ha miseramente toppato”
Magari la prossima estate…
“Io spero proprio di si anche perché aldilà del caso specifico mio, che è tanti anni che lo faccio e ogni tanto ci sono delle cose che piazzo e che funzionano bene, ci sono tanti colleghi meno noti, meno fortunati, poi ci sono quelli che lavorano con noi, fonici, tecnici…chiaramente siamo tantissimi, molti di più di quanto già non sembriamo, e per forza di cose spero che si possa tornare a lavorare, perché aldilà del piacere stesso del concerto, per qualcuno è una necessità economica basilare, proprio per portare la pagnotta e la medicina a casa”
A prescindere dalle scelte, l’impressione è che il governo abbia dato un segnale per cui la cultura non è vista come un bene indispensabile…
“Alla prima ondata questo atteggiamento mi è sembrato nei fatti concreto, ma nelle parole assolutamente a sostegno dell’importanza morale, sociale, aggregante, dell’arte tutta, del benessere, come se fosse una medicina, che comunque a suo modo lo è. Devo dirti che Franceschini non l’ho proprio capito, mi ha fortemente stupito anche perché fino a quelle ultime parole famose io ho sempre avuto grande stima, mi ha stupito tanto che ho pensato, in buona fede, senza fantapolitica, che fosse costretto dalle statistiche che magari lui più di noi ha avuto sotto mano in quei giorni, vista la piega ancor più negativa che ha preso. Perché in effetti ha dato sempre ampia prova di essere un sostenitore e un amante della cultura italiana; non credo sia un’attività punitiva nei confronti della cultura o addirittura un approccio suo di persona poco sensibile, perché non è stato così fino al giro prima, per cui è quello che mi sfugge. Ma poi non ti nego che io, come tutti, quando ho sentito quelle parole ho pensato “Quoque tu, Dario!”, se la pensa anche lui così è finita, non ci resta che scendere in piazza, e tra l’altro qualche tentativo, stile nostro, è stato fatto, ma poi non ha portato dei grandi risultati e siamo tutti in attesa dello Stato che dice ‘arriveremo’ ma come facciamo nel frattempo a stare in piedi?”