M ax Pezzali torna a riabbracciarci e noi siamo felici di ritrovarlo ancora così tanto Max Pezzali. Francesco Bianconi mette un attimo da parte i Baustelle per consegnarci un disco meraviglioso, poetico, etereo. E poi, Anna Tatangelo ci riprova con il rap con risultati discutibili, chi invece sforna un gran disco è Speranza; in zona indie fuori un ottimi Aiello, Lucio Leoni si conferma un autore eccezionale, Ariete e Kaufman tirano fuori dal cilindro due brani molto forti. Ma la chicca della settimana è sicuramente Elasi, la sua “Esplodigodi” è un meraviglioso tripudio di femminilità.
Max Pezzali – “Qualcosa di nuovo”: Ok, la produzione di Max Pezzali post 883, cioè post accompagnamento di simpatico e inutile Mauro Repetto, è decisamente meno interessante, ma questo non è dovuto ad un declino del Pezzali, anzi, il problema è proprio il contrario, il problema è che lui è rimasto quello che era ed è il mondo ad aver perso per strada la propria poesia. Max è sempre Max, e lo è anche in questa “Qualcosa di nuovo”, e presumibilmente lo sarà anche nell’album che questo brano anticipa, ovvero un artista che ha il merito, grande merito, immenso merito, di custodire un modo di vedere al mondo che fu e che ora non è evidentemente più. Nessuno, proprio nessuno, in Italia è mai riuscito ad affrontare con tale maestria quelle problematiche, magari non prioritarie ma che, in un modo o nell’altro, hanno condizionato la nostra vita. Pezzali ha la capacità di parlare in maniera diretta ed efficace come nessun’altro nel panorama musicale italiano. Poteva invecchiare meglio? Sicuro. Noi lo vorremmo diverso da com’è? Assolutamente no.
Francesco Bianconi – “Forever”: Si tratta del primo disco solista di Francesco Bianconi, uno dei più sofisticati autori della scena cantautorale italiana, nonché, per i più, noto come voce e frontman dei Baustelle. ”Forever” è un vero e proprio disco da cantautore, ragionato, raffinato, minimalista, tutto ciò, insomma, che va contro il mood della discografia italiana, ormai arraffona e chiassosa, affondata da tormentoni e musica leggera mordi e fuggi, che non lascia spazio, salvo rarissime eccezioni, ad alcun progetto solido, memorabile, del quale ci è permesso immaginarci un futuro, una collocazione, una prospettiva. Bianconi invece si conferma prezioso e anticonformista, e “Forever” in questo senso suona come una ribellione intellettuale in musica, brani che viaggiano su melodie modulate quasi esclusivamente dalla voce profonda di Bianconi, dalla potenza di testi nei quali poetica e realtà si mischiano guidandoci in un viaggio surreale e affascinante. Un disco molto coraggioso quindi, come non se ne fanno ormai più, ci verrebbe da dire, ma ancora, forse soprattutto in questo momento, necessario per non abbandonarci all’idea che questo pop 2.0 si sia divorato l’intera torta lasciando a bocca asciutta chi possiede un palato, senza cascare in inutili snobismi da radical chic, un po' più ricercato, un po' più esigente.
Aiello – “Che canzone siamo”: Trovare una propria cifra stilistica in un universo cantautorale che è morto praticamente nella culla (e naturalmente ci riferiamo all’indie) è un compito ancora più arduo che concepire e mettere al mondo quello stesso universo. Aiello ce la fa perché ciò che produce ha un senso logico, ponderato, e allo stesso tempo istintivo e accorato. “Che canzone siamo” è una canzone certamente accorata, eppure riesce a rappresentare un passo in più rispetto al passato, ancora brevissimo, accumulato finora dal ragazzo calabrese. Si tratta di un brano più complesso, più sofisticato, che forse non sarà il più atteso dal pubblico ai suoi concerti ma è probabilmente il più maturo e ben fatto.
Anna Tatangelo feat. Gemitaiz – “Fra me e te”: Scrive quel genio di Chuck Palanhiuk in “Fight Club”: “Infilarti piume nel culo non fa di te una gallina”. Ecco, queste scorribande della Tatangelo in zona hip hop, anche quando dignitosamente accompagnata da Virgili di tutto rispetto come Geolier o Gemitaiz, non sono solo imbarazzanti ma ci fanno capire ciò che già sappiamo ma, per tenere in piedi il baraccone, tentiamo di evitare di accettare: nella maggior parte dei casi, non tutti per fortuna, si tratta di un banalissimo mercato. Va il rap? Che problema c’è? Facciamo il rap. Un ragionamento che dietro non cela niente di artistico, niente di profondo, solo un modo per attirare like e stream, esattamente quello che non serve alla musica.
Zero Assoluto – “Cialde”: “Cialde” è un buon pezzo, ma “Cialde” è stato scritto da Colapesce, che è uno dei più illuminati autori della scena indie e non solo. Gli Zero Assoluto ricominciano dall’indie, però quando l’indie è già morto e sepolto e diventato puro mainstream, quindi gli Zero Assoluto ricominciano dal mainstream, che è lì dove li avevamo lasciati, quindi gli Zero Assoluto riprendono dallo stesso punto di anni fa, come la pedina del più sfigato a Monopoli che esce fuori di prigione a fine partita quando tutte le vie sono già occupare e strabordano di alberghi e lui davanti c’ha solo la società elettrica; una fine inevitabile. Detto ciò se dovevano ricominciare, se proprio dovevano ricominciare, se proprio proprio non potevano fare a meno di ricominciare, lo fanno dalla parte buona della discografia italiana, e noi restiamo loro tifosi.
Lucio Leoni – “Dove sei, pt. 2”: “Dove sei” purtroppo non avrà una parte 3, 4, 5, 6, 139, come servirebbe. Lucio Leoni si conferma essere uno dei cantautori più interessanti della scena musicale italiana, è teatrale ma moderno, poetico ma intimo. Questa seconda parte di “Dove sei”, un album che rappresenta per lui anche un cambio di passo in una direzione che risulta meno talebana in termini di complessità ma più efficace, composta da altre sette tracce, è magnetica, clicchi play al primo brano e in men che non si dica lo hai finito e senti il bisogno di ricominciare. Se ve lo perdete vuol dire che non ve lo meritate.
Speranza – “L’ultimo a morire”: Speranza fa rap come vorremmo sempre che lo facessero tutti i rapper: arrabbiato, ponderato, originale, duro, credibile. Speranza fa il giocoliere con le parole, con le lingue, con le immagini, rappa su un ring da solo contro tutti. E alla fine vince.
Ariete – “Venerdì”: C’è qualcosa nella voce di Ariete, in questo modo di cantare vagamente strascicato, quasi disinteressato, che fa lo stesso effetto su chi ascolta di una carota per un asino, sembra lì davanti, a un millimetro dalla nostra faccia, puoi quasi afferrarla, e non ci riesci mai. Solitamente quando le donne cantano l’amore, in linea di massima è per lamentarsi, tipo “mi picchi se la Juve perde, mi tradisci con mia sorella, mi rubi il cane, mi spoileri Lost, mi righi la macchina, mi finisci il vino, ma siccome sono tanto sentimentale, ti amo moltissimo”…una gran noia; “Venerdì” invece è una meravigliosa dichiarazione d’amore, una roba che tutti gli uomini vorrebbero sentirsi dedicare. Bravissima.
Boriani – “Cuore nero”: Boriani va avanti in crescita, “Cuore nero”, seppur peccando nel testo di qualche ingenuità, si fa ascoltare, ti dice qualcosa, magari non ne sarai convinto al 100%, ma arriva.
Kaufman – “Universo”: è stupefacente come si possano trovare sempre nuovi modi di raccontare una rottura. Uno pensa che Massimo Ranieri nell’88 con “Perdere l’amore” abbia detto più o meno tutto quello che c’è da dire sull’argomento, invece arrivano caterve di brani sullo struggimento alla fine di una storia d’amore, oggi questa “Universo” di Kaufman, che è un signor cantautore che ha scritto una signora canzone.
Elasi – “Esplodigodi”: “Cerco un punto di svolta/ma la tua opinione non conta” è il sunto di tutto ciò che l’uomo dovrebbe sapere delle donne e non ha mai capito. “Esplodigodi” è un brano interessantissimo, così dannatamente femminile e così tosto, così elettronico e sensuale, così nuovo e dolcemente complicato (che come cit. ci sta tutta a questo punto), da innamorarsene all’istante.
Davide Diva – “Flash”: Possiamo ascoltare questo brano facendo finta che Coez non sia mai esistito e ci risulta un ottimo brano. Possiamo ascoltare questo brano considerando che Coez è vivo e vegeto e questo rimane un buon brano che però forse sta troppo sulla scia di Coez. Non è che poi ci sia qualcosa di male nello stare sulla scia di Coez, il problema è che Coez c’è da troppo poco tempo affinché il pubblico senta la necessità di sentire canzoni che stanno sulla scia di Coez. Detto ciò c’è qualcosa di questa “Flash” che ti cattura fin da quelle prime note di pianoforte stonate, è una canzone da consigliare, da tenere in playlist, da riascoltare, affascinante in tutte quelle piccole imperfezioni che finiscono con il contraddistinguerla, si, anche da Coez.