S amuele Bersani apre le porte del suo cinema e si tratta di un labirinto di profonde emozioni di ineguagliabile fattura. Fuori anche Renato Zero che festeggia i suoi 70 anni proponendoci talmente tanti inediti da tenerci impegnati perlomeno fino ai 71. I ragazzi del mixtape Bloody Vynil celebrano l’ascesa del rap a genera autorale e raffinatissimo, mentre gli Zen Circus tornano agli inediti con una ballad commovente. Niko Pandetta si inventa il traplodico, roba della quale facevamo volentieri a meno. Chicca della settimana: Lamine, artista da seguire con occhi e orecchie bene aperte. A voi le nostre recensioni settimanali.
Samuele Bersani – “Cinema Samuele”
Ascoltare un disco di Samuele Bersani ti toglie le parole di bocca, ti permette di guardare il mondo attraverso la penna più poetica e attenta ed efficace che è rimasta nel cantautorato italiano. Lui sopra tutti, si, lui che non si svende al pop da classifica, che non scodinzola appresso agli indie sapendo che è lì che va a parare il mercato, giusto per raccattare quattro like; lui che a cinquant’anni continua ad essere se stesso senza riempirsi di se stesso, a concederci l’onore di attraversare la sua anima tormentata senza pagare al casello, in maniera limpida e onesta. “Cinema Samuele” è stato concepito come un multisala emozionale dove ognuno può cliccare play sulla storia che più gli interessa ascoltare; dieci canzoni, tutte meravigliose, ma a questo punto è questione di gusti, da questo lato il brano che ci ha rubato un pezzo di anima, esattamente come in passato Bersani era riuscito a fare con “Giudizi universali”, “Il pescatore di asterischi”, “Replay”, “Ferragosto” ed “En e Xanax”, giusto per citare qualche titolo, si chiama “Il tuo ricordo”, che non si può ascoltare senza restare incantati con la mano che sorregge la faccia, a guardare fuori dalla finestra o il muro davanti a noi; che tutti abbiamo un ricordo che, bene o male, non ci lascerà mai, che “quando arriva ha fame e sete”, ma forse nessuno riuscirebbe a tradurlo in musica con tale energia struggente, malinconica, coinvolgente.
Renato Zero – “Zerosettanta”
Renato Zero ha deciso di festeggiare i suoi 70 anni con un disco di inediti, dal titolo appunto “Zerosettanta”, che snocciolerà nell’arco dei prossimi tre mesi. Quaranta inediti in tutto, dodici in questo primo volume, “così, de botto, senza senso”, come direbbero gli sceneggiatori di Boris, finito l’ascolto dei quali, probabilmente, non avremo mai più bisogno di ascoltare un brano di Zero per il resto della nostra vita. Scherzi a parte, inutile star qui a sottolineare la grandezza del personaggio di Renato Zero, per ciò che riguarda la musica e non solo, ma l’ascolto di “Zerosettanta” che parte benissimo con l’ottima “Il linguaggio della terra”, ci arriva come la visione di un film di Pupi Avati, non è che non sia bello è che, per tutta una serie di ragioni, non te ne frega granché, sai già che dentro non ci troverai niente di memorabile. E così effettivamente è; nessun lampo, solo la manifesta capacità da mestierante (e ci mancherebbe a questo punto) di confezionare una serie di canzoni ben scritte, ben cantate, ma che poi skippi per andare a sentire, per riprenderti, qualcosa di più vivo.
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Bloody Vinyl – “BV3”
Più che un disco, un progetto portato avanti da un dj, Slait, e tre producer, tra i più illuminati dell’attuale scena hip hop: Tha Supreme, giovanissimo fenomeno dal talento cristallino che dal basso della sua età e dall’alto del suo anonimato sta ricostruendo il sound del rap all’italiana; e poi Low Kidd, altro geniaccio del giro della Machete Crew di Salmo, e Young Miles, classe 2002 con un curriculum già alle spalle che un qualsiasi musicista di medio successo una volta ci metteva due vite a costruirsi. All’interno del disco i principali protagonisti del panorama rap italiano incrociano le loro barre nella tracklist lunga 15 pezzi; tra questi Salmo, Dani Faiv, Lazza, Madame, Massimo Pericolo, Capo Plaza, Hell Raton, Gue Pequeno, Nitro, Fabri Fibra e Jack La Furia. Un tripudio di beat coinvolgenti, stare fermi è quasi impossibile, è grazie a questa generazione di nomi se il rap ha finalmente raggiunto anche in Italia una qualità così alta, se è diventata musica, con le dovute eccezioni è ovvio, totalmente autorale. Si è affinato il gusto, si sono affinate le penne, si cerca qualcosa in più della vendita del disco, si percepisce la passione nella costruzione ingegneristica dei brani. “Altalene”, già in rotazione in radio, duetto tra Mara Sattei, sorella di Tha Supreme (complimenti a mammà per la doppietta di talenti) e una delle voci più interessanti della musica italiana contemporanea, e Coez, è una canzone destinata a restare; “Greve” di Madman, una bomba che ti , una bomba che ti stiracchia i muscoli del corpo anche se stai immobile. Bravissimi.
The Zen Circus – “Appesi alla luna”
Dicono che il cambiamento sia vitale, in musica è vero tanto quanto perché ciò che viene continuamente denunciato, più che altro, ne è il decadimento. Perciò, quando poi ascolti il nuovo brano di una band che ha festeggiato da poco festeggiato i 25 anni di vita, ciò vuol dire che ti ha accompagnato per buona parte della tua esistenza, regalandoti emozioni di rara fattura, speri solo che quella magia sia ripetibile. Siamo lieti dunque di annunciarvi che “Appesi alla luna” è decisamente un brano dei nostri amati Zen Circus, certo più maturi, certo si tratta di una ballad nostalgica, ennesimo esercizio di raffinatissimo stile da parte di Andrea Appino, ma non devi stare sul chivalà, puoi chiudere gli occhi e far respirare il cervello
Niko Pandetta – “Revenge”
Sono settimane che stiamo qui a dire che la trap ha trovato una lingua madre nel nostro paese e quella lingua è il dialetto napoletano. Sono settimane che festeggiamo all’idea che la musica urban in genere, possa riscattare decenni di tradizione neomelodica, buona solo a dare un’immagine del capoluogo campano che proprio in quella poesia spicciola affogava tutto il proprio romanticismo, il suo vero cuore. Settimane. Finché non arriva Niko Pandetta con il suo album “Revenge”, manifestazione musicale non richiesta di quello che lui definisce fieramente traplodico, svolta artistica (sigh…artistica) intrapresa lo scorso anno dopo essere diventato capostipite di una nuova generazione di neomelodici dai numeri in rete, specie su YouTube, assolutamente impressionante. La nostra materia però sono parole e musica, non i numeri, per questo giudichiamo “Revenge” e il traplodico in generale, proprio come concetto, un passo indietro dal quale la scena musicale napoletana dovrebbe prendere le distanze, per evitare che tutto il lavoro eccezionale, cui tempi sono dettati dal talento cristallino dei suoi interpreti, tipo Geolier, spenga quella lampadina che permette, soprattutto, a Napoli di raccontarsi nella sua bellezza ruvida, romantica e agrodolce.
Gianni Bismark – “Nati diversi – Ultima Cena”
Che Gianni Bismark non appartenga alla scuola trap milanese o napoletana, si sente immediatamente. Il disco, che sarà sospinto dalla riuscitissima “C’hai ragione tu” in featuring con Emma Marrone, voyeuristica finestra su una discussione tra innamorati, va più in direzione di quel rap dal retrogusto pop che funziona moltissimo. Il problema forse è che tutto risulta un po' piatto, un po' monocorde, mancano lampi, tuoni e fulmini, e poi la tempesta di parole, la testa che fa si, il passaggio illuminante. Niente male, niente bene, interessante come il purgatorio, dove la compagnia è peggiore ma se l’hanno inventato a qualcosa servirà.
Speranza – “Fendt Caravan”
Rap arrabbiato, vitale, energico, coinvolgente. Speranza nella scena italiana non è il più ascoltato ma è uno dei più interessanti. Per la sua ricerca linguistica si, per la sua capacità di buttare giù barre dove il casertano viene mischiato al francese e al romaní, la lingua degli zingari, ma anche per il mood rabbioso e rigenerante. L’impressione è proprio che parole e beat provengano da posti lontani e profondi, il “Fendt Caravan” altro non è che un camper molto in voga negli anni ‘80/’90, ed è con quello che Speranza ci porta in giro, e le avventure sono assicurate.
Lucio Leoni feat. Mokadelic – “Nastro magnetico”
Servirebbe un critico cinematografico perché più che un brano si tratta di un appassionante cortometraggio lungo quasi 8 minuti. Viene fuori questo dall’incontro tra Lucio Leoni, uno dei più raffinati e cervellotici autori della scena cantautorale romana, e i Mokadelic, band cui specialità della casa sono le colonne sonore (“Gomorra” vi dice niente?), esaltate a tal punto da andare oltre l’accompagnamento filmico e diventare pura narrazione psichedelica. “Nastro magnetico” è uno spettacolare cortocircuito, una sperimentazione affascinante che poteva nascere solo dalla mente geniale di Lucio Leoni, che ritrova quel parlato che è diventato il suo marchio di fabbrica, per raccontarci ancora una volta una storia indimenticabile.
Deiv – “DM”
Prodotto molto particolare questo Deiv, primo artista promosso dalla Lebonski 360° di Salmo, in questo caso anche in veste di produttore. Non è rap, non ci sentiamo nemmeno di definirlo pop anche se il pop negli ultimi tempi, nelle sue tante declinazioni, si moltiplica peggio di Michael Keaton in “Mi sdoppio in 4”. Ma c’è qualcosa di unico e affascinante in ciò che propone, anche in questo secondo singolo in assoluto della sua carriera, che da un lato spinge e dall’altro tiene, e tu stai lì ad ascoltare e ti senti felicemente tenuto al guinzaglio.
Lamine – “Non esisti”
Questo ultimo singolo conferma Lamine una delle artiste più intriganti della scena musicale italiana (non indie, underground, di nicchia, per nerd, per specialisti, per insonni, per locali ghetto o di una determinata città; la scena tutta intera). Il cantato passionale e minimal, senza inutili e ritriti gorgheggi, l’attenzione per una produzione moderna, innovativa, ma che non ingolfa il sound né sotterra il testo. Musica vera.