Ultimo – “22 settembre"
Il punto è capire cosa significa avere talento, perché ci sembrerebbe alquanto presuntuoso star qui a decretare la mancanza di talento di un ragazzo che a 24 anni riempie gli stadi, che è riuscito a creare attorno a sé in un lampo di tempo una fanbase non solo numerosa ma assolutamente devota verso ciò che scrive. Non può essere un caso, non possiamo scomodare quello snobismo di morettiana memoria che ci autorizza, piazzandoci sempre dalla parte della minoranza, a darci ragione da soli.
Anche perché poi le canzoni di Ultimo sono sempre perfettamente strutturate e in un’epoca di assoluto pressapochismo resta una dote significativa che può fare (e fa) la differenza tra l’arrivare ad un largo pubblico e fermarsi all’open mic del pubbetto sotto casa al Pigneto. “22 settembre” è una canzone liscia liscia che, per quanto ci riguarda, non dice niente, mette solo in croce aforismi da quinta elementare (“Io la vita la prendo com’è/questo viaggio che parte da sé/che non chiede il permesso mai a me/io la vita la prendo com’è”), ma piacerà, al suo numeroso pubblico piacerà, e non importa se parliamo di liceali che ancora non hanno capito, come succede nella maggior parte dei casi da sempre, cosa pretendere dalla musica, quali emozioni più complesse è in grado di procurare. “22 settembre” la prossima estate (speriamo) verrà cantata in coro da una quantità di persone impressionante, il motivo resta conservato nel cuore di queste giovani anime e, dobbiamo ammetterlo, la cosa ci incuriosisce fino ad un certo punto. Contenti voi…
Fedez – “Bella storia”
È un vero peccato che tutti noi conosciamo Fedez come Fedez, ex giudice di X-Factor, in lacrime memate dopo lo scherzo delle Iene e, ca va san dire, come parte di quel mostro mitologico a due teste (si fa per dire, è ovvio) che sono i Ferragnez. Perché mentre tutta Italia sta lì col dito puntato contro l’esposizione social della loro vita come se fosse origine di tutti i mali, lui come artista è cresciuto. La produzione dei brani è più solida, la penna più affinata, certo, è un rap decisamente troppo annacquato per risultare all’altezza di quello di una scena sempre più tosta da inseguire; parliamo più di un pop rappato, una roba che difficilmente manderà ai matti la critica specializzata, anche nello specifico questa critica specializzata, ma l’invito più urgente è quello a non cliccare play sbuffando “è un pezzo di Fedez!”. Embè? “Bella storia” cattura attimi di vita in maniera precisa ed efficace, una storia che risulta affascinante perché, forse si influenzati dal fatto che sappiamo e invidiamo tutto alla bella coppia Ferragnez, non c’è niente che non vada. Per risultare rap bisogna per forza disintegrare la figura della donna? Prendere a pugni qualcuno? Farsi di qualcosa? Secondo noi no.
Gazzelle – “Destri”
Le canzoni d’amore sono ormai specialità di casa Pardini, che in “Destri” declina il tema in maniera inedita, distaccandosi da quel romanticismo profondo ma mantenendo però quella solita coinvolgente malinconia, che diventa sentimentalismo liberatorio, da urlare con rabbia, sfogo libero e nostalgico, quasi a voler vomitare fuori gli ultimi residui di una storia finita male, una di quelle storie cattive come una sbronza presa nel bar sbagliato. Una canzone nata evidentemente da un’esigenza da parte di Gazzelle, parole che sgorgano via oneste, accompagnate da un sound che, pur restando nei confini del melodico, suona molto più duro, grattato, inquieto. Un’intera generazione ha dato mandato a Gazzelle di reinterpretare il proprio disagio, pare sia in ottime mani.
Ernia, Rkomi, Madame, Gaia, Samurai Jay e Andry the Hitmaker – “Nuove strade”
Il brano è stato composto in occasione dei cinquant’anni della Lavazza, si quelli del caffè. Prendi un paio di rapper e un paio di ragazzi dei talent, li metti insieme e tiri fuori un pezzo che è più risultato di un brief che di un corto circuito artistico. L’operazione commerciale è geniale, è il meglio che possa venire in mente, ma speriamo che questa non diventi un’abitudine dei grandi marchi e che queste canzoni non vengano scambiate per canzoni vere. Non perché belle o brutte, anzi, il prodotto è di ottima fattura, ma proprio perché di base è un prodotto, una sigla ottimamente realizzata (e costata immaginiamo) per vendere del caffè; niente che abbia a che vedere con l’arte.
Lil Jolie feat. Ketama126 – “Panico”
Siamo lieti che la scena hip hop italiana sia decisa a snocciolare talenti rap al femminile, perché è nel rap che possiamo ricercare nuove radici per il nostro cantautorato, stanno lì i più ingegnosi autori della musica italiana contemporanea e fino a pochissimi mesi fa si trattava di una scena dove a dominare erano i testosteroni, anche quando non erano sto granché di testosteroni. Lil Jolie è una ragazza dalle barre efficaci e pungenti, “Panico” un brano d’amore che non scade in facili cliché, tanto che quando entra Ketama126, che invece ha una bella carriera già alle spalle, il brano paradossalmente un po' scende.
Diego Rivera feat. La Municipal – “Santa Maria al bagno”
Diego Rivera è un side project di Carmine Tundo, cantante e fondatore de La Municipal, e “Santa Maria al bagno” è l’ennesima prova di forza di un talento raro. Tundo è un autore eccezionale, i suoi brani non sono solo scritti molto bene, così immediati e poetici, ma è l’idea stessa con la quale vengono confezionati che ci porta dritti dritti dove lui intende portarci. I paesaggi della sua Puglia spesso, ma anche racconti intimi, come questo, che squarciano la parete che divide artista e ascoltatore. Bravissimo.
Andrea Laszlo De Simone – “Dal giorno in cui sei nato tu”
Chi non conosce Andrea Laszlo De Simone è ancora salvo, non è ancora stato risucchiato in un universo a parte, tanto profondo dal punto di vista cantautorale, quanto psichedelico. Questo ragazzo dipinge con parole e musica, in questo caso una dedica paterna ai propri figli che non casca in facili luoghi comuni nostalgici, il mondo non è un luogo oscuro ma un gioco da affrontare con ironia. “Dal giorno in cui sei nato tu” viene da lontano, sembra caduta giù da una vecchia fotografia ingiallita, di quelle che tu guardi e ti domandi: “Dov’è finito quel pianeta?”. Chi non conosce Andrea Laszlo De Simone è ancora salvo, ma non è affatto una fortuna, meglio infettarsi della poesia che è in grado di trasmettere, lasciarsi portare altrove. Artista di un altro livello.
Vale Lambo – “Come il mare”:
Ancora una volta Napoli si prende lo scettro di capitale assoluta del rap, questo anche perché il dialetto partenopeo ne è totalmente la lingua ufficiale. Napoli è il solo luogo che ormai riesce a restituire quelle atmosfere urban che non risultano solo affascinanti ma, soprattutto, più credibili; il rap ha bisogno di Napoli e di autori con un’idea illuminata come quella dei suoi interpreti e Vale Lambo è uno dei principali della scena. Metti play al disco e ascolti semplicemente delle storie, che è qualcosa che, persi in inutili machismi da cortile delle elementari, molti colleghi si sono dimenticati. In “’Nammurat e te” per esempio, firmata in collaborazione con quell’altro geniaccio di Franco Ricciardi, Vale Lambo canta in qualità di donna, una rivoluzione culturale in una fase durante la quale il rap e i suoi interpreti (e parliamo degli interpreti principali) danno libero (e sacrosanto intendiamoci) sfogo della propria pochezza scrivendo delle donne come se fossero trofei di caccia usa e getta.
Lemandorle feat. Dannywhite e Macs – “Boulevard”
È sempre divertente ascoltare un brano de Lemandorle, perché ti ricorda che c’è una direzione precisa che è possibile prendere, un compromesso tra ciò che vogliamo tenerci del passato e ciò che vogliamo tenerci del presente. “Boulevard” è un brano solido, genuino, preciso, moderno, a quanto pare la musica oggi si può fare anche senza stare seduti sulla tazza del water.
Drimer – “ALARM (Autodistruzione)”
Drimer è un rapper classe 1995, il suo rap è acerbo e arrabbiato, pungente, urlato, ma soprattutto innovativo, vagamente elettronico, sicuramente rock come attitudine; arriva nelle orecchie come aria di montagna pesante in quanto buona. “Alarm” fa fare si con la testa.
Manfredi – “Hollywood”
Manfredi è ancora certamente acerbo, la scrittura va raffinata, ciò che scrive, con estrema ingenuità, arriva. Magari arriverà di più ad adolescenti che stanno vivendo quei meravigliosi drammi amorosi liceali, posizionati nel brano in parallelo con la filmografia romantica più pop e commerciale. Tutto resta superficiale, ma galleggia.
Sealow – “Onde”
Debutto interessante quello di Sealow, buona l’idea di provare a mettere insieme reggaeton e cantautorato. Certo serve qualcosa di più forte per far digerire forse la roba più irritante prodotta dalla moda musicale, eppure le schitarrate distribuite per gli undici brani dell’album non dispiacciono. Notevole la title track.
Leonardo Zaccaria – “Louvre”
Che pezzo piacevole e divertente, da infilare dentro tutte le playlist per farsi i ganzi con gli amici al bar per averlo scoperto. Prego.
ACARO – “Hikikomori”
Le nuove declinazioni del pop portano esattamente qui, poi la vita è anche questione di tempistica, bisogna trovarsi nel posto giusto nel momento giusto, noi tifiamo per ACARO perché questa impronunciabile “Hikikomori” è molto interessante e meriterebbe la giusta attenzione.
Kento – “Cinque anarchici”
Il rap che diventa narrazione, in questo caso quasi informazione, perché la strage degli “anarchici della Baracca” non è tra quelle più evidenziate nei libri per quanto riguarda gli anni di piombo. In pratica successe che il 26 settembre 1970, esattamente 50 anni fa, nei pressi di Ferentino, cinque giovani anarchici provenienti da Reggio Calabria e diretti a Roma per rendere pubbliche le prove dei legami tra terrorismo neofascista e ‘ndrangheta, che avevano portato alla strage del Treno del Sole, poco più di due mesi prima a Gioia Tauro, restano vittime di un incidente dalle dinamiche strane e cui cause ancora restano ignote. Vabbè, niente di nuovo, nuovo è invece il brano che il rapper Kento dedica a quei cinque ragazzi, morti mentre provavano a far emergere una verità pesante. Un brano politico si, che va a mettersi accanto ad altri brani come “I cento passi” dei Modena City Ramblers, ma anche interessante da ascoltare. La musica serve anche a questo.