C olapesce e Dimartino non rappresentano soltanto l’ala siciliana dell’indie, questo fenomeno culturale dalle dimensioni stratosferiche che ha in qualche modo rivoluzionato il modo di fare e promuovere il cantautorato italiano; ma di questo cantautorato italiano ne segneranno i passi anche in futuro. Non lo possiamo dire con certezza di tutti i protagonisti del panorama indipendente, anzi la maggior parte possono essere considerati surfisti di quest’onda tanto alta e spaventosa quanto veloce a schiantarsi sulla spiaggia. Le caratteristiche di questo nuovo modo di fare musica, che prevede tanta sincerità, si, ma anche tanta imprecisione, tanta approssimazione, tanta semplicità nello spiattellare concetti serviti al pubblico sconditi spesso di qualsiasi forma artistica, non permettono una data di scadenza che vada troppo in là nel tempo e quella spiaggia sembra sempre più vicina. Sentiamo però di poter dire che Colapesce e Dimartino appartengono a tutt’altra scuola. Le loro carriere singole ce lo dicono già da molti anni e anche negli ambienti del pop sono due nomi che circolano in maniera costante, magari proprio nascondendo le proprie parole dietro i volti di tanti artisti più conosciuti, oggi è innegabile ascoltando “I mortali”, l’album con il quale i due artisti non solo raccontano la loro terra in maniera così poetica e schietta, viscerale e romantica, ma festeggiano anche i loro primi e fortunati dieci anni di carriera.
Com’è nata l’idea del disco?
Colapesce: “Era nell’aria da un po' di anni l’idea di fare qualcosa assieme, io e Antonio ci conosciamo ormai da più di dieci anni, abbiamo lavorato tanto insieme come autori, quindi quest’idea di fare un disco c’era già”
Dimartino: “L’idea è maturata nel corso degli ultimi anni, ad un certo punto era quasi sottinteso che avremmo fatto un disco assieme”
Vi siete imposti di raccontare qualcosa in particolare? C’era qualcosa che avevate l’urgenza di comunicare al vostro pubblico?
Colapesce: “Abbiamo deciso di fare un disco soprattutto perché è quello che ci piace fare. Scrivere canzoni, a parte essere un lavoro, è un piacere, e con Antonio nello specifico abbiamo il piacere di scrivere. Come quelli che hanno la passione per scalare le montagne, noi abbiamo la passione di scrivere canzoni e farlo insieme è sempre un piacere. Poi non c’è sforzo fisico quindi è perfetto (e ride). Ci piaceva l’idea di fare un disco moderno, una sorta di pop del futuro, pop d’autore”
Dimartino: “Un obiettivo che c’eravamo fissati era quello di sancire i dieci anni di carriera di entrambi, un disco che potesse mettere le cose in chiaro: noi scriviamo le canzoni così, da dieci anni, non abbiamo mai cambiato, non siamo mai caduti nei compromessi”
Questo pop d’autore è l’aspirazione dell’indie? È lì che va a morire?
Colapesce: “No, non credo. La parola indie per me è come un contenitore, è stato travisato dal gergo giornalistico come ‘musica italiana con testi scemi’, ma secondo me l’indie rappresenta un modo di fare musica e uno stile di vita quasi, un atto politico, l’idea di essere completamente indipendente da qualsiasi logica di mercato e seguire la vocazione. Io l’ho sempre inteso così, quindi per me non è morto, per me è un modo di fare le cose, hanno svuotato di significato un termine che per me ha una valenza quasi politica. Il pop solitamente affronta temi più accomodanti, noi abbiamo scritto un disco che si chiama “I mortali”, non so se il futuro sarà il pop d’autore, me lo auguro, ma non ci sono tantissimi autori che vanno in questa direzione”
Gli artisti che provengono da terre così caratterizzanti come la Sicilia è inevitabile che poi finiscano per metterle dentro le proprie opere, ne “I mortali”vi siete imposti di raccontare la vostra terra in un certo modo? Ma soprattutto, vi siete imposti di non raccontarla in un certo modo?
Dimartino: “Con la Sicilia si parla di un continente più che di una regione, perché quest’isola è stata influenzata da diverse culture che continuano ad aggiungersi, a Palermo ci sono i Tamil che venerano Santa Rosalia, c’è un sincretismo culturale sempre abbastanza vivo, per cui è facile cadere negli stereotipi in qualche modo, però con Lorenzo ci stavamo molto attenti a non far diventare queste immagini folklore, quindi abbiamo dato precedenza a delle immagini che venissero direttamente dalle nostre vite, dalla contemporaneità, dal mondo di oggi, quindi la Sicilia c’è ma è sempre vista attraverso un nostro punto di vista molto personale. In “Luna araba” c’è la Scala dei Turchi ma alla Scala dei Turchi ci sono dei bambini ‘che fanno una gara di rutti’. È passato tutto attraverso le nostre visioni psichedeliche”
Colapesce: “Sicuramente volevamo evitare i clichè sulla Sicilia, anche perché secondo me fanno male alla Sicilia stessa, in qualche modo sono stati la causa della morte della cultura siciliana. Ci piaceva l’idea di raccontare la Sicilia ma con riferimenti contemporanei, renderla viva”
Tutto ciò esplode in maniera piuttosto bella ed evidente in “Luna araba”, cantata insieme a Carmen Consoli, avevate già lei in mente quando avete scritto il brano?
Colapesce: “Il pezzo non l’abbiamo scritto per lei ma ci piaceva l’idea di una voce che introducesse il ritornello e quella di Carmen ci siamo resi conto essere la collaborazione ideale. È un’artista che stimiamo.”
Dimartino: “è un’artista importante per la musica italiana, non ci sono tante cantanti italiane con una personalità così spiccata”
Il disco esce alla vigilia di un’estate particolare…
Colapesce: “Eravamo quasi pronti per la produzione di un live, poi i piani sono andati in fumo rispetto alle nostre aspettative, un po' come tutto il mondo. La volontà è di portarlo in scena così come lo avevamo pensato. Intanto ci piaceva l’idea di far uscire il disco e non bloccare la musica, ci sembrava scorretto bloccarlo per logiche commerciali, solo per poterci legare il tour a ridosso”
Che ne pensate delle disposizioni del governo per i live? Molti dicono che li rendano praticamente impossibili…
Colapesce: “Ci sono pareri discordanti, anche all’interno del nostro ambiente. C’è chi dice che sia corretto farli a prescindere, io sono dell’idea di aspettare un po' e capire meglio, queste disposizioni non mi convincono”
Dimartino: “Io sento che in questo momento nessuno ha davvero la capacità di dire se un concerto è fattibile o meno, sicuramente non è fattibile come prima però se è fattibile sulla carta magari poi nella realtà ci sono tanti intoppi. La prima cosa che mi viene in mente è che io e Lorenzo, vivendo in Sicilia dovremmo prendere spesso l’aereo, questo è un limite. Poi riducendo gli spazi, si riducono anche gli spettatori e gli introiti e si rischia di offrire uno spettacolo non al livello che avevamo programmato, sarebbe insostenibile a livello di produzione. Quindi se faremo qualcosa sarà in acustico, ci inventeremo qualcosa di diverso, non possiamo presentare il disco come avevamo pensato”
Vi convincono le alternative ai live? Per esempio lo streaming…?
Dimartino: “No, ci possiamo aprire un chiosco di gelati sul mare”
Colapesce: “Io sullo streaming non sono d’accordo. Durante la quarantena abbiamo fatto delle dirette ma mi sembra proprio un’altra cosa, sono due esperienze completamente diverse, il live non è fatto solo di musica, è fatto anche di sudore, di respiri, di ambiente e tutta la questione audio sarebbe un disastro, l’impatto che hai nel live sarebbe impossibile ricrearlo a casa, questo disco è stato pensato per essere suonato dal vivo, lo streaming sarebbe veramente riduttivo”