M aggio porta con sé una serie di nuove uscite interessanti, da Willie Peyote con l’incursione di Shaggy al felice debutto del duo Diamine; il pop alla buona di Ermal Meta e Nek, il ritorno di Pupo, la promessa Lamine e un sorprendente Young Signorino.
Pupo – “Il rischio enorme di perdersi”: Si ok, è Pupo, e questa fedeltà a se stesso, che è pur sempre un signore di una certa età, con un determinato vissuto e una conseguenziale e determinata linea artistica, non può non incidere nell’ascolto del brano, specie ad oggi che lo conosciamo forse più come personaggio televisivo che come cantautore. Ma possiamo dire che invasi di trap, indie stonato, musica sempre un po' approssimativa, dove il fascino del brano lo vogliamo trovare, spesso a tutti i costi, proprio nella mancanza di una struttura professionale, questa risulta essere una buona canzone? Totalmente fuori dal tempo, va bene, ma perlomeno chi l’ha composta parrebbe sapere con un certo agio quello che sta facendo. Di questi tempi è tanta roba.
Ermal Meta – “Finirà bene”: Brano elementare per un pubblico, quello di Ermal Meta, che nella stragrande maggioranza dei casi dalle elementari è uscito da un quarto d’ora. Quindi, tutto sommato, ci sta. Annunciando l’uscita del brano il cantautore di origini albanesi spera che “dia speranza” a chi lo ascolta; e naturalmente lo speriamo anche noi, perché la speranza non si nega a nessuno, è un diritto di tutti, anche di chi ascolta musica sempliciotta, anche di chi per credere che finirà bene gli basta sentirsi dire che “finirà bene”, senza nessun salto mortale di pensiero, senza che vengano evocate immagini complesse. Tutto sta lì, servito, è quello, non ci si può sbagliare, punto. Ottimo per chi si accontenta.
Nek – “Amarsi piano”: La forza del pop, i limiti del pop.
Willie Peyote feat. Shaggy – “Algoritmo”: Willie Peyote è un cultore della parola, uno di quegli artisti capaci di prendere il rap e avvicinarlo alla nostra tradizione cantautorale, cui caratteristica, fondamentalmente, è proprio dire qualcosa. In questo senso Willie Peyote non è solo uno dei nostri migliori rapper in assoluto della scena italiana, ma è anche un vero e proprio militante, uno che non apre mai bocca a vanvera. “Algoritmo” è una dichiarazione d’amore 2.0, divertente, la storia di una relazione in cui ci si incastra come se a fare da collante fosse, appunto, un infallibile algoritmo. La partecipazione di Shaggy non è che aggiunga questo granché al brano, che tra l’altro vanta la collaborazione di un altro fuoriclasse come Don Joe, ma mr. Boombastic, non c’è niente da fare, comunque aggiunge sempre una nota di colore a tutto ciò che fa, un colore che si intona benissimo con il sound del collega italiano.
Young Signorino – “Anima”: “Dai a Cesare quel che è di Cesare”, me lo ripeto come un mantra mentre concludo l’ascolto del nuovo singolo di Young Signorino, spesso raccontato come l’emblema del decadentismo musicale internettiano che tiene per i sacrosanti la discografia del mondo intero. Me lo ripeto perché all’improvviso quello stesso ragazzo dalla biografia ambigua che aveva raccolto millimilamilioni di views con inarrivabili porcherie come “La danza dell’ambulanza”, tira fuori all’improvviso un brano molto molto interessante. Si intitola “Anima” e suona come una meravigliosa colonna sonora: è atmosferico, ipnotico, spirituale, ti guida in un buco profondo. Sorprendente. Bravissimo.
Federica Carta – “Easy”: prendi una qualsiasi conversazione di WhatsApp tra due adolescenti, tra l’altro nemmeno evidentemente i più appassionati di letteratura della classe, mettici sotto una basetta di queste moderne, dai un po' di effetto alla voce e ti viene fuori “Easy”.
Diamine – “che diamine”: L’album di debutto dei Diamine, duo appartenente alla scuderia dell’illuminata etichetta Maciste Dischi, potrebbe rappresentare il primo solco di una strada ancora poco battuta dalla discografia italiana. Gli artisti romani propongono un intrigante esperimento di cantautorato electro-pop che non è esattamente riconducibile a nessuno prima di loro. Nel disco non ci troviamo quell’imprecisione così tanto in voga, quella sciatteria a tutti i costi, quella semplicità che rasenta l’assenza, no, niente di tutto ciò. “che diamine” risulta potente senza urlare, alternativo senza schitarrate o eccessi fini a se stessi, atmosferico senza annoiare mai un secondo, poetico senza facili ermetismi radical-chic, sperimentale senza drogata necessità di protagonismo. È semplicemente musica, fatta in un modo nuovo e accattivante, i brani sono dieci e si bevono tutti d’un fiato, funzionano tutti perfettamente. Particolarmente suggerito l’ascolto di “Da qualche parte” e “Niente di personale”, che dimostrano come non c’è bisogno di un pianoforte, un lamento sulla rotta del pianto, per fare musica meravigliosamente straziante; e poi, forse anche un gradino sopra le altre “Così via” e “Diamine”, ma è solo questione di gusti. Al momento uno dei migliori e meglio strutturati dischi del 2020.
Dani Faiv – “Scusate”: Non è che l’album di Dani Faiv sia brutto, figuriamoci, chi possiede un talento cristallino come il suo non è fisicamente capace di produrre brutta musica. È solo che manca quella cazzimma, quella rabbia veicolata in rima, quell’indicazione per dare il via libera al folle sfogo di chi ascolta. È tutto un po' macchinoso, ma si distinguono “Io no” e “Polvere e detriti” in feat con Jack La Furia.
Lamine – “Non è tardi”: Una delle più promettenti artiste del panorama musicale italiano al femminile, quest’anno debuttante anche nel cast del Concertone del Primo Maggio, sforna un pezzo di una potenza e sensualità impressionanti. La migliore Paola Turci declinata al futuro, girl power garbato, ipnotico, superbo. Inutile consigliare di tenerla d’occhio perché sarà difficile per il vostro occhio, e soprattutto per le vostre orecchie, in futuro evitarla.