P roprio mentre Alessandro Cattelan gli consegnava il premio di vincitore della dodicesima edizione di X Factor su Sky Uno, su Spotify iniziava una nuova sfida per Anastasio, il rapper di Sorrento che ha sbaragliato gli avversari del talent fino ad aggiudicarselo così come era prevedibile fin dalla prima apparizione in sede di Audition. Prevedibilità che diventa certezza quando la sua “Fine del mondo” viene riarrangiata e riproposta al pubblico ai Live, come suo inedito, raccogliendo, ben prima della proclamazione di ieri, più di sei milioni di ascolti. E si intitola così l’EP di Anastasio: “La fine del mondo”, visione apocalittica di una realtà immobile che non gli permette di “muoversi”, scatenando una rabbia che vorrebbe vedere tutto raso al suolo, in maniere netta, decisiva, finale ma, soprattutto, spettacolare.
Contiene sei brani ma i telespettatori di X Factor ne conoscono solo un altro, a parte “ La fine del mondo”, ed è la sua versione di “Generale”, andata benissimo su YouTube. Un azzardo, senza dubbio, che ha decretato una svolta per Anastasio nel cammino all’interno del format, la sua capacità di prendere il capolavoro di De Gregori e cambiargli i connotati ha catturato immediatamente pubblico, giudici e critica.
Durante tutta l’edizione il rapper partenopeo ha sfornato talmente tante rime che non ci sorprende affatto che già oggi, all’indomani della sua vittoria, il disco non solo sia pronto ma sia così accuratamente costruito. “Ho lasciato le chiavi”, “Un adolescente”, “Costellazioni di Kebab” (soprattutto), sono pezzi maturi di un artista già fatto ma in pieno fermento artistico ed emotivo.
Anastasio ha tante cose da dire, talmente tante che, quando canta, da quasi l’impressione che le vomiti, che brucino lo stomaco a tenerle dentro in quel giovane corpo. Nei suoi testi non ci troviamo alcun argomentazione teen, nessuna strizzata d’occhio al pubblico che, in effetti, comunque, è quello che gli ha messo in mano, di fatto, il trofeo di X Factor (nonché il conseguente contratto con la Sony); non c’è droga, non ci sono i social, non c’è una città, Roma, Riccione, Milano e nemmeno la sua Napoli; e non c’è nemmeno troppo amore, che forse per un’opera prima è quasi un record, ma c’è tanto della sua visione del mondo, quella si, che non è un posto pieno di stelle attraverso il caleidoscopio del suo rappare, anzi, le stelle ci sono ma le vomita in “Costellazioni di Kebab”, e ricoprono lo zerbino e non il cielo.
E per finire non si può non dedicare una citazione a parte ad “Autunno”, il pezzo che confeziona insieme ai compagni di avventura Bowland. La band persiana, altra realtà “pronta” al mercato discografico, accompagna con il loro sound esotico e caldo il rap di Anastasio, che si trascina come una filastrocca lagnosa, ipnotizzante proprio come la pioggia autunnale guardata da dietro una finestra. La speranza è che l’EP sia solo un antipasto per scoprire tutte le sfaccettature possibili di Anastasio, per essere incantati ancora dalle sue parole; a bilanciare c’è invece la certezza, discretamente vivace, che lui non cadrà nel dimenticatoio come gli altri 150 concorrenti prima di lui, quelli bollati “talent” che il mercato rifiuta e del quale il pubblico si stufa dopo un quarto d’ora.