A l momento Lucio Battisti su Spotify raccoglie 185.288 ascoltatoti mensili e 138.780 followers, un’enormità di ascolti se si pensa che di Lucio Battisti su quel profilo non v’è traccia; giusto una serie di album di raccolte di suoi successi in versione orrendamente strumentale e una selezione di classici cantati in puro stile pianobar da tale Michele Fenati che, con tutto il rispetto, con Battisti c’entra poco o niente.
Certo, ormai l’attesa non potrà durare tanto dopo le ultime vicende riguardanti i diritti delle canzoni del caro Lucio, con il tribunale che ha imposto la diffusione, anche tramite piattaforme streaming, degli album di quello che è probabilmente il più popolare dei cantanti della storia della musica italiana.
E nei giorni scorsi qualcosa si era mosso in questo senso su Spotify dove un gruppo di simpaticoni era riuscito a pubblicare “Il meglio di Lucio Battisti”, disco rimosso dopo poche ore quando ci si è accorti che le registrazioni erano di una qualità infima, che i titoli delle canzoni riportavano evidenti errori di ortografia, che né la Sony né Mogol né la società Acqua Azzurra (che dei diritti è maggiore proprietaria) ne sapevano nulla ma, soprattutto, che non esiste alcuna Universal Digital Enterprise, l’etichetta inventata da questi buontemponi che ora se la dovranno vedere col colosso Sony che ha già annunciato l’avvio di una rivalsa legale nei loro confronti per punirli dello scherzo.
Perché è così facile pubblicare un album su Spotify?
Ma è così semplice pubblicare la propria musica su Spotify? Secondo il loro sito si. Addirittura facilissimo se si ha alle spalle un’etichetta discografica che smaltisce per te la procedura, sennò la maggior parte degli utenti si affida a servizi come Distrokid, che con una ventina di dollari ti aiuta a caricare su tutte le piattaforme utili alla promozione del tuo lavoro (quindi non solo Spotify ma anche Itunes, Apple Music, Pandora, Amazon, Google Play, Tidal, iHeartRadio, YouTube, Deezer…) tutta la musica che ti pare, lasciando nelle tue mani il 100% dei diritti d’autore. Una volta caricati i tuoi brani a quel punto basta compilare il tuo profilo d’artista per ottenere la spunta blu, necessaria per ufficializzare il materiale postato.
Ecco, la spunta blu già è un ottimo indizio per riconoscere la musica caricata regolarmente da un artista o un’etichetta da quella fake caricata da ignoti che magari, come successo nel caso di Battisti, tentano di lucrare sul lavoro altrui; c’è da dire che il controllo è piuttosto serrato e, un po' come avviene su Facebook, la differenza tra un profilo falso e uno vero diventa palese, specie in una società dove si passa più tempo ad interagire tramite social che dal vivo, ma la spunta blu è un marchio che toglie definitivamente qualsiasi dubbio.
La tua musica è quindi online, il prodotto è accessibile a tutti in tutto il mondo, la tua arte è ufficialmente diventata merce da vendere e Spotify ti permette di controllare, nei minimi dettagli come procede il tuo mercato; quanti ascolti ricevi e dove vieni ascoltato di più, quale pezzo va meglio, ti permette di instaurare un’interazione con chi ti segue e addirittura di vendere i biglietti dei tuoi concerti nonché il merchandising. Spotify, non c’è dubbio, rappresenta presente e futuro della musica, la regolamentazione di un mercato che internet e la pirateria avevano non solo devastato ma anche mortificato, e che rischiava di rompere definitivamente il giocattolo, sia dalla parte degli artisti che da quella degli ascoltatori.