I tentativi di Alphabet, la holding che controlla Google e YouTube, di insidiare il primato di Spotify sul mercato della musica in streaming si sono rivelati, finora, fallimentari. Sia Google Play Music che YouTube Red, che consente agli abbonati di visualizzare video senza interruzioni pubblicitarie, hanno incontrato un successo piuttosto mediocre.
Eppure YouTube rimane il principale canale online attraverso cui si ascolta musica online, spesso contenuti piratati che fioriscono con una tale prepotenza da aver reso impossibile per le case discografiche segnalarli con puntualità.
Secondo una ricerca della International Federation of the Phonographic Industry, l'85% del miliardo e mezzo di utenti mensili della piattaforma, si connette a YouTube per la musica. Come convincerli a sborsare del denaro, placando così l'ira di quel che rimane dell'industria discografica?
Secondo fonti ben informate contattate da Bloomberg, a marzo YouTube lancerà "Remix", un servizio a pagamento che concentrerà quelle che sono le offerte di Google Play Music e YouTube Red. Sia musica in streaming che video senza pubblicità, quindi, il tutto con un solo abbonamento.
Delle tre grandi label superstiti, scrive Bloomberg, Warner ha già sottoscritto un accordo con Alphabet, mentre Universal e Sony sono ancora in trattativa, così come Merlin, un consorzio di etichette indipendenti. Universal ha già su YouTube un canale ufficiale, Vevo, attraverso il quale trasmette materiale video dei propri artisti, ma il contratto è in scadenza e andrà ridiscusso.
I punti deboli del progetto
La mente dietro Remix è Lyor Cohen, un ex manager di Warner che, in virtù dei suoi contatti con il settore, è stato investito del ruolo di guidare i negoziati. Già la scorsa estate Cohen aveva cercato di convincere gli interlocutori che l'ingresso di un nuovo player nel settore non può che favorire la concorrenza (pazienza se Alphabet è un gigante in grado di far impallidire Spotify, figurarsi i suoi concorrenti, come Apple Music, Deezer, Tidal e Napster).
Il problema principale, però, rimane un altro: la maggior parte dei contenuti musicali presenti su YouTube sono streaming pirata di album o canzoni con la copertina del disco sullo sfondo. Se Alphabet non riuscirà a rimuoverli tutti, la corsa di Remix sarà azzoppata in partenza.
Non solo, chi sottoscrive un abbonamento a Spotify, rinunciando alla versione gratis con le interruzioni pubblicitarie e una qualità audio minore, è spesso un appassionato che, comprando sempre meno dischi fisici, vuole contribuire a sostenere il settore. Un "approccio etico" che, di fronte a uno dei giganti di internet, potrebbe cadere o, comunque, lasciar preferire un'azienda dalle dimensioni più modeste, quale è appunto Spotify. Chi, invece, vuole solo sentire a scrocco l'ultimo singolo della popstar di turno, infischiandosene della qualità audio, continuerà a digitare il titolo del brano nella barra di ricerca e cliccherà sul primo risultato, anche se illegale.