d i Andrea Cauti
Roma - Il nome di David Irving è legato al movimento definito del 'negazionismo', la cui caratteristica peculiare è quella di ribaltare la storia dell'Olocausto facendo presa sulle classi sociali più ignoranti, xenofobe e di estrema destra. Nato a Hutton nel 1938, Irving è autore di una trentina di libri nei quali rilegge la storia negando lo sterminio degli ebrei, esaltando le qualità intellettuali e umane di Hitler "amico degli ebrei", negando che ad Auschwitz ci fossero mai state le camere a gas. La sua fama iniziò nel 1977 quando pubblicò 'Hitler's War' (tradotto in italiano nel 2001), un libro sulla Seconda guerra mondiale in cui cita documenti fino a quel momento sconosciuti, quali memoriali o epistolari privati e dove la figura di Hitler viene esaltata: il Fuhrer di Irving è un personaggio molto intelligente, versatile, razionale, preoccupato solo di aumentare la prosperità e l'influenza della Germania in Europa e nel mondo. Responsabili della guerra erano, a suo giudizio, i leader alleati, in particolare il premier inglese Winston Churchill.
Negli anni '90, basandosi sull'evidenza che non si trovava un ordine scritto di suo pugno da Hitler, sviluppò la teoria che questi non sapeva nulla della deportazione degli ebrei e che 'Olocausto stesso non aveva avuto luogo. Perciò nell'edizione di 'Hitler's War' del 1991 eliminò ogni passaggio che si riferisse ai campi di sterminio tedeschi. Nelle conferenze successive all'uscita della nuova edizione del libro, Irving si scagliò contro la "menzogna dell'Olocausto", accusando gli ebrei di aver inventato tutto per dei vantaggi economici, usando spesso espressioni antisemite. Quando la storica americana Deborah Lipstadt pubblicò il suo libro 'History on Trial: My Day in Court with a Holocaust Denier' in cui lo accusava di aver falsificato le fonti o di averle deliberatamente ignorate se non erano in accordo con le sue tesi negazioniste, Irving le fece causa per diffamazione. E il processo, raccontato in un film di Mick Jackson presentato alla Festa del Cinema di Roma, 'Denial', in sala dal 17 novembre, rappresentò un vero e proprio disastro per lo scrittore britannico: fu riconosciuta la fondatezza delle espressioni utilizzate dalla Lipstadt ("negazionista" e "falsificatore") e il fatto che Irving fosse razzista, antisemita e promuovesse il neonazismo. Quest'ultimo perse il processo e, a causa delle somme ingenti spese per impostare il procedimento, dovette dichiarare bancarotta nel 2002.
In seguito ebbe anche l'onta del carcere quando, nel 2006, fu riconosciuto colpevole da un tribunale austriaco di "aver glorificato ed essersi identificato con il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi" e condannato a tre anni di reclusione. Rimase in prigione 400 giorni e fu scarcerato in seguito alla sentenza della Corte d'Appello. (AGI)