AGI - "Calibro 9 "è un film che traccia un ponte ideale tra il racconto della malavita di fine anni '70 e il contesto criminale di oggi. Un affresco impietoso sulla 'ndrangheta, una multinazionale del malaffare che non solo ha travalicato i confini calabresi, ma anche quelli nazionali ed europei. Il tutto raccontato attraverso un amore impossibile, ostacolato da legami profondi come il sangue che scorre nelle vene dei protagonisti. Un "Padrino" con picchi di azione alla John Woo, alternati a momenti di struggente sentimento.
Nasce dalla passione comune mia e del produttore Gianluca Curti per il cinema di genere degli anni ‘70 italiano. Curti è proprietario dei diritti di "Milano calibro 9" e abbiamo pensato di farne un sequel.
Avevo già affrontato il genere nel film precedente, "Falchi". L’idea di un gangster movie ricco d’azione era stimolante. È stata un’esperienza bella tosta, è stato il mio primo film veramente grande, sia per il budget a disposizione che per le settimane di lavoro trascorse sul set. Ho potuto mescolare cinema d’intrattenimento e cinema di denuncia, perché sono passati gli anni ma le cose non sono cambiate, al massimo sono diverse le modalità.
Oggi le organizzazioni malavitose hanno il controllo della politica e non fanno più le rapine ma rubano dai conti correnti delle multinazionali con l'ausilio di hacker professionisti. Tuttavia il mondo è ancora sotto il controllo di cartelli criminali che manovrano soldi e potere.