AGI - La morte di Francesco Nuti condanna al lutto non solo l'intero comparto cinematografico, del quale è stato uno dei maggiori interpreti, come attore e, soprattutto, come regista, per una lunga parentesi che va dalla metà degli anni '80 all'inizio dei 2000, ma anche una comunità di affezionati alle sue opere che non lo hanno mai abbandonato, nemmeno negli anni più sfortunati.
Nasce a Firenze nel 1955 ma la sua storia, come spesso accennato nei suoi film, comincia nella piccola Narnali, piccola frazione di Prato, dove la famiglia di trasferisce a causa del lavoro del padre, il mitico Renzo, barbiere del paese. La svolta nel mondo dello spettacolo arriva attraverso il cabaret con il gruppo dei Giancattivi, trio che prevedeva anche Alessandro Benvenuti e Athina Cenci, che si ritaglia qualche spazio televisivo e che poi certifica il proprio repertorio sul grande schermo con il film "Ad ovest di Paperino" (1981).
I primi successi
Nel 1982, abbandona il trio, che di li' a tre anni si scioglierà definitivamente, e inizia una carriera cinematografica "solista", prendendo parte, in veste di sceneggiatore e interprete protagonista, ad alcuni film diretti da Maurizio Ponzi: "Madonna che silenzio c'è stasera" (1982), "Io, Chiara e lo Scuro" (1983) e "Son contento" (1983), che gli conferiscono una certa notorietà, in particolar modo il ruolo di Francesco Piccioli, presente nella seconda delle tre pellicole, con cui si aggiudica il David di Donatello ed il Nastro d'argento come migliore attore protagonista.
Da sceneggiatore a regista il passo è breve, infatti nel 1985 dirige "Casablanca, Casablanca", ideale seguito di "Io, Chiara e lo Scuro", diventato nel frattempo un cult assoluto, grazie al quale vince il premio come miglior regista esordiente al Festival internazionale del cinema di San Sebastiàn e il secondo David di Donatello come miglior attore; e dove inserisce nel cast un altro Nuti, Giovanni, il fratello, che gli sarà accanto in tutte le avventure, cinematografiche e non, da li' alla fine.
I capolavori
È all'apice, arriva la popolarità e il cinema italiano, che sta vivendo la stagione dei grandi comici, è letteralmente ai suoi piedi. Negli anni successivi girerà senza sosta tutta una serie di pellicole che ne decreteranno un posto tra i grandi della commedia italiana di tutti i tempi: "Tutta colpa del paradiso" (Ciak D'Oro come migliore attore); "Stregati", in cui sceglie nuovamente Ornella Muti, con la quale comincerà una storia d'amore che terrà col fiato sospeso tutti gli interessati al gossip dell'epoca; "Caruso Pascoski (di padre polacco)" del 1988, altra perla irrinunciabile della sua filmografia.
Il successo è talmente ampio che quell'anno partecipa anche al Festival di Sanremo con una canzone che si intitola "Sarà per te", forse una delle più belle della storia del Festival e in generale della musica italiana, che purtroppo non viene capita e si classificherà solo dodicesima nell'annata di "Perdere l'amore" di Massimo Ranieri, che non può avere rivali.
L'attività al cinema riprende con "Willy Signori e vengo da lontano", al quale dobbiamo probabilmente la presenza di Alessandro Haber nel nostro cinema (nominato come miglior attore non protagonista ai David di Donatello e, per la stessa categoria, vincitore del Nastro D'Argento) e a seguire con "Donne con le gonne", più di 20 miliardi di lire incassati al botteghino nel Natale del 1991.
OcchioPinocchio e l'inizio della discesa
I problemi per Francesco Nuti cominciano parallelamente alla carriera discendente con il cinema, come viene raccontato in un documentario a lui dedicato e disponibile su Amazon Prime Video dal titolo "Francesco Nuti... e vengo da lontano", il nodo cruciale fu la pellicola "OcchioPinocchio", il suo progetto più ambizioso. Doveva essere pronto per il Natale del 1993 ma a novembre la lavorazione era ancora in alto mare, il budget richiesto era di 13 miliardi di lire, per i tempi un'enormità di denaro, che comunque il gruppo Cecchi Gori gli mise a disposizione.
Ma non bastavano, la pellicola arrivà a costare la cifra del tutto inedita di 25-30 miliardi di lire, rischiando comunque di non uscire dato che la Penta Film (produttrice e distributrice del film, controllata dai Cecchi Gori in società con Silvio Berlusconi) nel maggio del 1994 decise di smantellare il set allestito a Cinecittà. A questo punto la produzione diventa una battaglia, Nuti vuole a tutti i costi concludere un film nel quale crede moltissimo, fa causa per ottenere la ripresa della lavorazione, si arriva a un accordo ma dovrà sborsare due miliardi di tasca sua per realizzare la sua opera.
Un anno e dopo l'inizio delle riprese dunque "OcchioPinocchio" esce nelle sale ma l'accoglienza non è quella sperata dal regista, la critica lo fa a pezzi e il pubblico non affolla le sale: appena 4 miliardi di incassi. Ed è crisi; lì cominciano i problemi di depressione e alcolismo dell'attore e regista fiorentino. "OcchioPinocchio" è come se gettasse una nube su tutti i lavori e la vita di Nuti da quel momento in poi, "Il signor Quindicipalle", che segna il suo ritorno dietro la macchina da presa dopo anni e anche un tentato suicidio, nel 1998, e poi "Io amo Andrea" (2000) e "Caruso, zero in condotta" (2001), non sono forse all'altezza dei classici della sua filmografia, anche perché nel frattempo il cinema italiano, specie per quanto riguarda la commedia, ha cambiato registro e gusti, ma sono comunque ottime opere, ammantate da una sorta di malinconia che non coinvolge più il pubblico.
L'ultima volta che vedremo Francesco Nuti sul grande schermo sarà nel 2005, come attore, il film si intitola "Concorso di colpa", poliziesco diretto da Claudio Fragasso, in cui veste i panni dell'ispettore Francesco De Bernardi, impegnato in un intricato delitto legato al caso Moro. L'anno dopo, il 3 settembre del 2006, la svolta drammatica della sua vita, cade violentemente dalle scale di casa causandosi un ematoma cranico che lo ridurrà in coma dopo un ricovero d'urgenza al Policlinico Umberto I di Roma. Da lì in poi inizia una lenta agonia dal quale mai davvero si riprenderà, rimarrà fino al giorno della sua morte su una sedia a rotelle e quasi muto.