AGI - A 50 anni esatti dalla sua esplosione, negli Usa il Watergate continua a essere argomento di dibattito, di scontro tra opposte interpretazioni ma soprattutto fonte di ispirazione per scrittori, artisti e cineasti.
La vicenda che portò il presidente reubblicano Richard Nixon a dimettersi dopo che fu provato un suo coinvolgimento nel sabotaggio della campagna elettorale degli avversari politici democratici, è stata al centro di innumerevoli lavori letterari e cinematografici (il più famoso è sicuramente “Tutti gli uomini del presidente”, con Dustin Hoffman e Robert Redford) ma anche quest'anno, dopo mezzo secolo, il Watergate è presente alla notte dell'Oscar con un documentario dal titolo “The Martha Mitchell Effect”, che racconta la storia da un punto di vista per molti americani inedito o semplicemente dimenticato.
È la storia di Martha Mitchell, all'epoca dei fatti moglie del ministro della Giustizia John Mitchell e principale collaboratore di Nixon. Una figura anticonvenzionale per l'epoca: repubblicana, conservatrice, ma non incline a rimanere confinata in un ruolo da “cabinet lady” silenziosa e ornamentale, tanto da anticipare con una serie di interviste le malversazioni di cui poi sarebbero stati accusati il suo consorte e il presidente.
Quando fu avviata l'inchiesta che portò alle dimissioni di Nixon, Martha Mitchell la accolse positivamente come un modo per moralizzare il “Grand Old Party” ma alla casa Bianca la cosa non fu vista bene, al punto che fu fatta circolare la notizia che fosse malata di esaurimento nervoso, e il presidente chiese al suo ministro di dimettersi adducendo come motivazioni le precarie condizioni psichiche della moglie, nel frattempo fatta trasferire in una clinica.
Quando poi il Watergate esplose, Martha Mitchell fu riabilitata dall'opinione pubblica, tanto che il suo nome è entrato nel gergo degli psichiatri d'oltreoceano: il “Martha Mitchell effect” si ha quando le affermazioni di una persona vengono ritenuti improbabili o frutto di mitomania, salvo poi rivelarsi veritieri.
A Debra McClutchy, co-regista del documentario che contenderà per la prestigiosa statuetta, abbiamo chiesto perché il Watergate suscita ancora così tanto interesse.
“Fu uno scandalo politico che scosse allora la coscienza del pubblico americano e la sua fede nel potere della presidenza. Le audizioni si svolgevano anche in televisione e quasi tutte le famiglie americane erano incollate allo schermo”.
Quanto alle figura di Martha Mitchell, ciò che la investì, secondo la regista, fu dovuto al sessismo che all'epoca imperava nella politica a stelle e strisce: “Per fortuna, molte più donne sono state elette a cariche politiche, quindi c'è una migliore rappresentanza. Ma il sessismo in politica esiste assolutamente ancora oggi e le donne devono lottare più duramente per ottenere e mantenere il potere. Lo vediamo in mostra ogni giorno nel modo in cui le donne vengono trattate al Congresso”.
Un problema bipartisan, che riguarda donne progressiste e conservatrici: “Abbiamo visto potenti donne repubblicane come Liz Cheney – osserva la regista - parlare e andare contro quelli del suo partito. Ma Liz Cheney è un funzionario eletto, quindi in questo senso è diversa da Martha Mitchell. È incredibilmente coraggioso e insolito per un gabinetto e una moglie della campagna parlare come ha fatto Martha, ma si è sentita in dovere di mettere in guardia gli altri sulla corruzione nell'amministrazione Nixon. Una delle nostre speranze con il film è di celebrare il coraggio di Martha nel denunciare l'abuso di potere, e forse ispirare altri in qualche modo a fare lo stesso”.