C 'è un attore bello come il sole, un predestinato che ha trovato in un regista italiano il suo mentore e tra loro si è creato un legame professionale destinato a proseguire negli anni: si tratta di Timothée Chalamet, 27 anni il 27 dicembre prossimo, e il regista in questione è Luca Guadagnino. Oggi a Roma, in una sala dell'Hotel della Ville, i due hanno incontrato i giornalisti in una tappa del tour promozionale del film 'Bones ad All' che si conclude a Milano domenica sera (a casa di Fabio Fazio a 'Che tempo che fa' su Rai 3).
La pellicola, diretta da Luca Guadagnino, con Taylor Russell e Timothée Chalamet come protagonisti, è l'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo 'Fino all'osso' di Camille DeAngelis. Presentato alla Mostra del cinema di Venezia ottenendo riscontri molto positivi da pubblico e critica (Premio Marcello Mastroianni a Taylor Russell e Leone d'argento alla regia a Luca Guadagnino), il film di Luca Guadagnino è la storia del primo amore tra due cannibali, Maren, una ragazza che sta imparando a sopravvivere ai margini della società, e Lee, un solitario dall'animo combattivo; è il viaggio on the road di due giovani che, alla continua ricerca di identità e bellezza, tentano di trovare il proprio posto in un mondo pieno di pericoli che non riesce a tollerare la loro natura. Sono due ragazzi tormentati e solitari, diversi dagli altri, ma non così insoliti se non fosse che per vivere hanno bisogno di nutrirsi di carne umana.
Nel cast, oltre a Taylor Russell e Timothée Chalamet, ci sono Mark Rylance, Michael Stuhlbarg, Andre' Holland, Chloe Sevigny, David Gordon-Green, Jessica Harper, Jake Horowitz. Il film, prodotto dalla Frenesy Film Company e Per Capita Productions con The Apartment Pictures - società del gruppo Fremantle - Memo Films, 3 Marys Entertainment, Elafilm e Tenderstories, in associazione con Vision Distribution e in collaborazione con Sky, uscirà il 23 novembre in oltre 400 copie con il divieto ai minori di 14 anni.
In tempo di Covid e dopo aver passato due anni convivendo con situazioni in cui siamo stati costretti a chiuderci in casa e isolarci dal mondo, 'Bones and All' diventa addirittura una metafora della pandemia. "Credo che la cosa più importante sia la sensazione di isolamento dei personaggi, qualcosa che tutti abbiamo percepito durante il lockdown - commenta Chalamet - se non hai un profondo senso di religione, fai affidamento solo sulla famiglia o sugli amici e se questi vengono a mancare".
"I due giovani pensano che il mondo potrebbe andare meglio senza di loro - prosegue l'attore - viviamo in un'epoca in cui ci si sente diversi, in particolare tra i giovani. Quello che succede al pianeta, il riscaldamento globale che è una minaccia. Oppure alcuni governi nazionalisti che rappresentano un ritorno al passato, dove l'individualismo viene celebrato invece che essere condannato. I due cannibali vengono visti come minaccia - aggiunge Chalamet - la loro è una storia d'amore che si concentra su una certa parte dell'America durante il periodo di Ronald Reagan che aveva fatto una promessa e non era stata mantenuta".
"Il cannibalismo li separa dalla società - conclude - questa storia d'amore li unisce in modo potente: si innamorano e cercano di essere degni di essere amati. Si sentono pero' sempre piu' isolati dal resto del mondo perché come cannibali sono isolati".
Maglione grigio con grossi cuori neri, pantaloni e stivali di pelle marrone, collana-collare con doppia fila di perle, anelli a profusione, Chalamet è l'icona vivente del nuovo sex symbol: fluido, ambiguo, bellissimo, attento quanto basta ai temi di attualità e moralista al punto giusto (celebre la sua presa di posizione contro Woody Allen, con cui aveva lavorato in 'Un giorno di pioggia a New York', dopo le accuse di molestie - poi cadute perché ritenute non credibili dai giudici - della figlia Dylan e della ex moglie Mia Farrow). Nato a New York 26 anni fa, 'Timmy' come lo chiama Luca Guadagnino, deve tutto al regista palermitano. Con lui debuttò nel ruolo di protagonista - dopo diverse partecipazioni a film importanti in ruoli marginali - di 'Call Mi By Your Name' nel 2017 che gli valse la prima candidatura all'Oscar come miglior attore. Da lì la sua carriera ha preso il via e oggi torna a rappresentare l'attore-feticcio di Guadagnino in questa love story in salsa horror con qualche punta pulp.
"Senza Luca non avrei potuto fare quello che ho fatto - dice Chalamet ai giornalisti - dopo tutte le difficoltà, i provini lui mi ha dato il ruolo di Elio nel film 'Call Me By Yopur Name' e poi quello di Lee in questo film. Per me è stato un mentore - aggiunge - tra di noi c'è una specie di partnership. E' un uomo fantastico e anche un grande amico e una vera roccia pe me; ha un ritmo artistico che ti coinvolge, che ti infetta quasi. Questo - aggiunge - è un film che esiste perché lui gli ha voluto dare vita".
Guadagnino: 'Bones and All' fiaba sulla solitudine
"Credo che 'Bones and All' racconti una fiaba sulla solitudine dell'esistere e, contemporaneamente, del desiderio di spezzare questa solitudine attraverso l'essere guardati da un altro. Forse di tutti i miei lavori questo affronta in maniera più diretta il tema della solitudine, della figura che si staglia nella vastità di un vuoto". Così Luca Guadagnino parla del suo ultimo film che arriva nelle sale italiane il prossimo 23 novembre in oltre 400 copie. "Il mio film ha la vocazione di parlare a un pubblico trasversale ma con una forte spinta verso i ragazzi", aggiunge, per questo la sua aspettativa poi confermata dalla Commissione censura era quella che, malgrado le immagini forti e il tema decisamente 'estremo', avesse il divieto solo per i minori di 14 anni.
"Rispetto al romanzo - racconta il regista - dove la protagonista veniva abbandonata dalla madre e cercava il padre, nel film invece si parla di una ragazza abbandonata dal padre che cerca la madre. Credo che i padri cinici rappresentino una realtà più compatta nel mondo". La scelta di Timothée Chalamet come protagonista di 'Bones and All', spiega ancora, è stata quasi immediata: "Ho letto la sceneggiatura nel settembre 2020. A pagina 47 ho capito che l'unico protagonista possibile era Timothée - dice Guadagnino - era il mio primo ingresso in America per dirigere un film lì ed era possibile solo così. I cannibali - prosegue - sono condannati a un vagabondaggio e ad una solitudine inesorabile. Non ho pensato al fare un film d'orrore ma di personaggi che agiscono con un comportamento che non possono interrompere perché è nella loro natura. Senza compiacimento", conclude.