AGI - "Il boicottaggio della cultura russa è insopportabile per me, perché la cultura russa ha sempre promosso i valori umani e la compassione". Il regista e dissidente russo Kirill Serébrennikov in gara per la Palma d'Oro a Cannes con 'La moglie di Tchaikovsky', ha respinto ogni ipotesi di boicottaggio della cultura russa, anche se ha detto di comprendere coloro che lo invocano, durante il terzo giorno del festival. Lo ha dichiarato in conferenza stampa durante la sua prima volta al festival dopo essere riuscito a lasciare il suo Paese il 28 marzo. "Chi scatena guerre e getta altri in trincea non è interessato alla vita e al dolore, la parola guerra e la parola cultura sono antagoniste e la cultura continuerà a lottare per difendere i valori", ha detto il regista.
È la terza volta che Serébrennikov concorre per la Palma d'Oro: l'anno scorso ha partecipato con "Petrov's Flu" e si è collegato all'evento in videoconferenza, mentre quattro anni fa con "Leto" non ha potuto essere presente in quanto agli arresti domiciliari per un'accusa di frode.
Ma la sua gioia di essere qui, ha sottolineato, non può essere completa: "Senza questa guerra staremmo tutti meglio - ha detto - non posso essere felice sapendo che stanno sganciando bombe sulle città, voglio esprimere la mia compassione, ho amici ucraini e la situazione è tragica".
Uno dei temi più controversi della conferenza stampa è stato il finanziamento dei film di Sergebrennikov. Sia il suo film precedente che "La moglie di Tchaikovsky" sono finanziati da Kinoprime, la fondazione creata dal magnate Roman Abramovich, ex padrone del Chelsea, sanzionato per i suoi legami con il presidente russo Vladimir Putin.
"Abramovich è da anni un mecenate delle arti - ha detto il regista russo - grazie a lui e alla sua fondazione è stato realizzato il miglior cinema russo d'autore degli ultimi anni", ha aggiunto ricordando che lo stesso presidente ucraino, Volodymir Zelenski, ha chiesto al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di non sanzionarlo perché potrebbe essere una figura chiave nel processo di pace.
Alla vigilia dell'apertura del festival di Cannes, il direttore artistico Thierry Frémaux ha giustificato l'inclusione del film di Sergebrennikov nel concorso perché la sua narrazione è in contrasto con quella dello Stato russo e perché è stato girato prima dell'inizio della guerra in Ucraina.