AGI - “È difficile essere figli di una tragedia, un ponte non può cadere, non ha il diritto di cadere, un ponte che cade, cade tante volte”. Parafrasando i figli di un temporale di De Andrè, comincia così, accompagnata dalla musica di Danilo Rea, seduto al suo pianoforte sotto le immagini del crollo, la testimonianza che Renzo Piano, l’archistar demiurgo del nuovo “ponte nave” che oggi attraversa il Polcevera, ha consegnato al docufilm dedicato alla resurrezione del totem dei genovesi. 'Un ponte del nostro tempo’, firmato da Raffaello Fusaro, è un mix di commozione, fierezza collettiva e testimonianza di passione italica per il lavoro, un inno al costruire che si oppone al distruggere.
Il docufilm voluto da Fincantieri sull’esemplare storia collettiva del nuovo Ponte di Genova San Giorgio, costruito in tempi record, ha debuttato alla Festa del Cinema di Roma e già si parla di un suo approdo su Sky: "Il mondo scommette sull’Italia molto di più di quello che noi siamo portati a credere”, ha sottolineato Giuseppe Bono, ad di Fincantieri spa, sul palco della sala Petrassi dell’Auditorium prima della proiezione con il presidente di Fincantieri Giampiero Massolo e Marcello Sorrentino ad di Fincantieri Infrastructure spiegando che per realizzare quello che passerà alla storia come “miracolo italiano” in fondo la formula è stata semplice, Fincantieri si è basata sulla sua esperienza nella navalmeccanica: “Per consegnare le navi dobbiamo esser precisi, il rispetto dei tempi di consegna è la nostra cultura, abbiamo avuto alluvioni, piene, il Covid, ma non ci siamo mai fermati, abbiamo lavorato 24 ore al giorno, sentivamo l’urgenza dei genovesi”, ha chiarito rivolgendo il suo pensiero alle 43 vittime di quel tragico 14 agosto 2018.
Il percorso del ponte progettato e costruito da Fincantieri insieme a Salini Impregilo è iniziato con il taglio della prima lamiera l’11 marzo 2019 nello stabilimento Fincantieri di Valeggio sul Mincio e l’innalzamento del primo impalcato, il primo ottobre 2019, fino al varo dell’ultimo, 28 aprile 2020, ha impegnato ingegneri, tecnici e maestranze arrivate da ogni parte d’Italia per sette mesi.
Fin qui i numeri. L’essenza emotiva dell’impresa è invece tutta nel docufilm che rifugge la celebrazione muscolare dell’azienda a favore della testimonianza dell’impegno collettivo, tra filmati di repertorio (i monconi del ponte crollato, le macerie, i soccorsi, gli elicotteri i lumini per le vittime) le interviste ai protagonisti della ricostruzione, le immagini del premier Conte con giubbotto e caschetto, del sindaco Bucci, del governatore ligure Toti, la dedizione degli operai e su tutto la poesia della musica di Rea.
“Se dovessi dire qual è stato l’elemento che ha caratterizzato la costruzione del ponte io userei un solo termine: la passione, questo ponte è stato costruito con la passione di tutti i lavoratori” ha sottolineato sul palco Marcello Sorrentino, amministratore delegato di Fincantieri Infrastructure, presente insieme a Bono con la sua testimonianza anche nel docufilm, insieme alle voci degli operai, in rappresentanza dei mille che si sono rimboccati le maniche, riposando soltanto il giorno di Natale e a quello di Pasqua.
‘Un ponte del nostro tempo’ è un’opera di memoria in cui Fusaro ha unito immagini di repertorio a girato originale, un inno alla bellezza e all'arte dell'ingegno italiano. “Solo in Italia un ponte crolla con 43 vittime e centinaia di sfollati ma solo in Italia un’archistar trasforma gratuitamente il suo ingegno - ha commentato sul palco il regista - Mi sono emozionato a girarlo e credo che il domani sia qualcosa a cui credere”.
All'AGI ha spiegato quindi di aver cercato, in quei toccanti trenta minuti che all'Auditorium hanno strappato l'applauso del pubblico, “di restituire un affresco dei sentimenti che hanno guidato chi ha lavorato al nuovo ponte di Genova”.
Fusaro ha cominciato il suo lavoro, spiega, di pari passo con il cantiere, con una sua troupe personale affiancata da altre di Fincantieri. È sua la voce narrante in testa e in coda al film dedicato a tutti i lavoratori che, “come pietre miliari, hanno sorretto con costanza e tenacia il ponte”.
Prima di mettere al centro del racconto l’archistar Renzo Piano, ripreso con lo sfondo del mare di Genova, il regista ha scelto di aprire il docufilm con le immagini del ponte ancora ignaro della tragedia che stava per abbattersi sulla città e sull’Italia intera, girate da un amatore, affiancate da quelle del crollo, delle macerie, dei soccorsi, del lutto per le vittime di quel 14 agosto 2018, accompagnati dalle note jazz di Danilo Rea, al pianoforte: “Rea ha creduto da subito a questo invito, ha suonato sotto al ponte, in quella che ora di chiama Radura della memoria, dedicata alle vittime e agli sfollati del ponte, e grazie a lui io mi sono abbandonato alla sua musica”, continua.
La musica di Rea accompagna tutta la narrazione della ricostruzione, non cronologica per scelta, con gli operai prima al lavoro come tradizione e poi bardati con le mascherine, ma mai intenzionati a fermarsi: “Mi ha molto colpito, quando sono andato in un stabilimento Fincantieri di Castellammare di Stabia, l’orgoglio di un operaio napoletano”.
Le testimonianze degli operai, nel docufilm vanno di pari passo con quella di Piano e dei vertici di Fincantieri, con l’ad di Fincantieri Infrastructure Sorrentino che racconta di quando era a Genova solo in albergo durante il Covid sottolineando la paura degli operai sovrastata dalla “voglia rabbiosa di andare avanti” e l’ad Bono che racconta come il modello Fincantieri sia stato declinato in “modello Genova”.
Non mancano ovviamente le riprese nei vari stabilimenti, la spiegazione sui diversi cantieri aperti, per gli scavi e per le fondazioni, le scocche spedite sui camion, mixate ai ricordi pervasi di dolore e orgoglio, e alla poetica narrazione del “ponte che attraversa la valle chiedendo permesso”.
Fusaro ha girato tanto dovendo poi procedere, racconta, a un lavoro di sottrazione. Difficile isolare il momento più toccante, chiarisce, non nascondendo però di essere stato conquistato da Piano e dal suo mondo di raccontare: “Si è seduto fuori del suo studio che si affaccia sul Ponte e si è messo a raccontare con semplicità e limpidezza” L’architetto che ha firmato il ponte regala al docufilm citazioni del conterraneo Fabrizio De Andrè, spiegazioni tecniche e anche assunti semplici ma non banali, considerando la tragedia di due anni fa: come “un ponte deve essere forte e semplice”, affiancato alla convinzione lirica che “L’arte di saper costruire e la poesia sono connessi da un filo che si aggroviglia”.