AGI - L'emozione è difficile da descrivere e non ti abbandona per giorni. Saturno e il nitido contorno dei suoi anelli si stagliano brillanti sullo sfondo di un cielo sgombro da nuvole. La tentazione di indugiare è forte ma la fila è lunga. Studenti, famiglie con bambini, cronisti e curiosi, tutti in fila per osservare il cielo con i potenti e modernissimi supertelescopi dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, che, in occasione della Quarta Giornata Nazionale dello Spazio, ha aperto al pubblico i cancelli dell'Osservatorio Astronomico di Monte Mario.
Tra i ricercatori che ci fanno da guida si avverte un grande sollievo. Le previsioni meteorologiche promettevano infatti malissimo. Invece il cielo è terso, sta sorgendo una luna impressionante e lo spettacolo delle luci dell'Urbe da quella che è la sua terrazza più alta toglie il fiato. Non che, nel caso, il resto del programma non sarebbe valso la visita, che inizia dal Museo Copernicano ospitato nella quattrocentesca Villa Mellini, tra i rari esempi superstiti di stile rinascimentale romano. Il museo fu istituito nel 1873, per celebrare i 400 anni dalla nascita dell'uomo che rivoluzionò il nostro modo di concepire il sistema planetario.
Di fronte a noi si dipana la storia dell'osservazione spaziale. Astrolabi e sestanti, telescopi e cannocchiali, globi terrestri e globi celesti formano una straordinaria collezione che acquisti e donazioni hanno ampliato rispetto al nucleo originario raccolto dallo storico Arturo Waljnski. E vengono esplorati anche altri lati di quello che fu un genio eclettico, a partire dall'interesse per la moneta e la teoria economica. Proprio qui, in una biblioteca piena di antichi tesori, è conservata la prima edizione del "De revolutionibus orbium coelestium" di Copernico.
Poi la visita all'imponente Torre Solare, uno dei simboli dell'astronomia italiana, una struttura sorta negli anni '50 che all'epoca fu di assoluta avanguardia. Con i suoi 34 metri (altri 18 sono scavati in profondità per ospitare lo spettrografo), quella di Monte Mario è la più alta Torre Solare d'Europa. E, a 150 metri di altitudine sul livello del mare, è il punto più alto di Roma. Il programma di osservazione, focalizzato sulla misura dei campi magnetici della nostra stella, si svolse dal 1960 al 1980. Nel 2009, al termine di un lungo e complesso restauro, la Torre è poi tornata operativa come apparato didattico. Sull'ingresso una targa dedicata a padre Angelo Secchi, ritenuto insieme a Lorenzo Respighi il pioniere dell'astrofisica italiana.
Ci si sposta quindi nell'auditorium, dove l'astrofisico Giuseppe Piccioni racconta ai presenti il viaggio di Juice, la sonda lanciata lo scorso anno verso Giove per scoprire i segreti delle sue lune ghiacciate. A bordo il più potente carico di telerilevamento, geofisico e in situ mai volato verso il sistema solare esterno, con dieci strumenti all’avanguardia, quattro dei quali italiani. Due di essi sono di competenza dell'Inaf. Il primo è la camera Janus, dotata di una risoluzione tale da consentire di osservare una pallina da tennis a un chilometro di distanza, il secondo è Majis, una sorta di laboratorio volante per analisi chimico-fisiche delle dimensioni di un comodino.
Si tratta di una piattaforma tecnologica ancora più avanzata di quella di Juno, la navicella della Nasa entrata nell’orbita di Giove nel 2016. Bisognerà attendere il 2031 perché la sonda dell'Agenzia Spaziale Europea raggiunga la sua destinazione: Ganimede, Europa e Callisto, le lune di Giove che nascondono un oceano sotto la spessa calotta di ghiaccio che le ammanta. Juice cercherà di comprendere come si sia sviluppato il complesso ambiente del colossale pianeta e se ci siano mai state condizioni adatte a ospitare la vita su un sistema che continua a porre infiniti interrogativi alla comunità scientifica. Alla fine dell'esposizione, la maggior parte delle mani alzate per le domande appartiene ai bambini.
Una volta usciti, la fila intorno ai telescopi è ancora più nutrita.