AGI - Nei Campi Flegrei “per almeno diecimila anni, aree di roccia fusa sono state immagazzinate a circa 10 chilometri sotto la superficie. Ogni tanto, parte di questa roccia migra verso l’alto. Non ci sono prove che questo stia accadendo in questo momento. Tuttavia, se in futuro del magma si muoverà verso l’alto, la presenza di una nuova rottura potrebbe renderlo in grado di raggiungere la superficie più facilmente di prima”.
Così all’AGI il professor Christopher Kilburn, docente di Vulcanologia dell’University College London (UCL) ha commentato la pubblicazione di un recente studio a sua firma e a firma di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), pubblicato su ‘Communications Earth and Environment’ di Nature, secondo il quale susseguirsi degli episodi di sollevamento degli ultimi decenni ha causato un progressivo indebolimento nella crosta della caldera dei Campi Flegrei, rendendone maggiormente possibile la rottura nei prossimi anni.
“Rottura non significa eruzione – ci tiene a precisare Kilburn – è un processo naturale e si verificherà se la crosta è sufficientemente tesa. Il nostro studio indica che, se la crosta dei Campi Flegrei continua a distendersi (cosa che si verifica quando il terreno viene spinto anche verso l’alto), allora la rottura sarà più probabile di quanto non fosse da quando il vulcano divenne irrequieto per la prima volta settant’anni fa.” Il rischio di eruzione spiega lo studio diverrebbe concreto solamente se la causa dell’attuale sollevamento fosse dovuta a un contributo magmatico, cosa che gli autori dello studio al momento si sentono di escludere, ritenendo l’eventuale presenza di magma marginale.
Detto questo il loro lavoro serve a mantenere alta l’attenzione sui Campi Flegrei e a sviluppare il dibattito scientifico: “Le autorità hanno in atto un buon piano (grazie all’esperienza dell’evacuazione di Pozzuoli 40 anni fa). Il nostro studio aiuterà gli scienziati dell’INGV-Osservatorio Vesuviano ad affinare le valutazioni sullo stato del vulcano. Le autorità sono pronte a rispondere ai pareri scientifici” conclude Kilburn.